La scuola ricomincia con una certezza: la Dad ha fallito e non si farà più. Bene

Il vademecum del ministero dell'Istruzione per il nuovo anno scolastico parla chiaro: niente più didattica digitale integrata. È la certificazione di un fallimento

«C’è vita oltre la Dad», scrivevamo su Tempi esattamente un anno fa, dedicando la copertina del numero di agosto all’emergenza educativa che i mesi di didattica a distanza avevano scavato tra i nostri ragazzi. Un anno dopo, mentre aspettiamo di capire che autunno sarà per i contagi, e – potenza della campagna elettorale – ogni allarme sembra svanito, la prima bella notizia è che la Dad (o meglio da Ddi, didattica digitale integrata) è stata ufficialmente abolita.

Il fallimento della Dad

È scritto chiaramente a pagina 17 del vademecum inviato dal ministero dell’Istruzione a tutte le scuole italiane, nella sezione Faq: «Gli alunni positivi possono seguire l’attività scolastica nella modalità della didattica digitale integrata?». Risposta: «No. La normativa speciale per il contesto scolastico legata al virus SARS-CoV-2, che consentiva tale modalità, cessa i propri effetti con la conclusione dell’anno scolastico 2021/2022». Abolita la didattica a distanza, mai amata neppure dagli studenti, la scuola è in presenza o non è.

«Solo la relazione in presenza con un adulto che introduca i suoi studenti in un orizzonte di senso consente di “sorprendere” la varietà di colori dell’esistenza. Non cerchiamo alibi per tenere a grigia distanza i nostri ragazzi», scrivevamo ancora. A quasi tre anni di distanza dall’inizio della pandemia i danni della scelta di chiudere le scuole e pensare di insegnare agli studenti via computer sono sotto gli occhi di tutti: abbandono scolastico, test Invalsi insufficienti in particolare nelle regioni che più hanno tenuto i cancelli chiusi, problemi psicologici in aumento tra i ragazzi. Un disastro su tutta la linea, difesa però a lungo da molti in nome del progresso e della modernità che avanza (ve lo ricordate l’elogio di Fiammetta che seguiva le lezioni dal computer in mezzo alle capre?).

Si esce dall’emergenza smettendo di vivere in emergenza

Adottata come misura d’urgenza quando del Covid non si conosceva ancora nulla, la Dad è presto diventata la foglia di fico dietro cui nascondere l’incapacità di trovare soluzioni alternative e meno penalizzanti per una fascia d’età colpita poco duramente dalle conseguenze del virus. Ci è voluto molto, decisamente troppo, perché il governo ne decretasse la fine anche dal punto di vista normativo. «La didattica “di emergenza” si fa se si è costretti, non la si implora, bene sarebbe abolirla», ci diceva lo scorso gennaio Domenico Squillace, preside del liceo milanese Volta, nei giorni in cui si alzava il coro di chi pensava che il virus si sarebbe fermato tenendo a casa gli studenti italiani. E già a settembre di un anno fa il ministro Bianchi aveva sentenziato che «la Dad ha fallito», ma i decreti in vigore fino a poche settimane fa continuavano a prevederla.

Ora il fatto che un documento ministeriale attesti che la Didattica digitale integrata non c’è più, neppure per chi è a casa ammalato (che starà a casa ammalato e poi recupererà, come si è sempre fatto) è un enorme passo verso l’uscita dall’emergenza. Per questo è giusto anche che sia caduto l’obbligo di indossare le mascherine a scuola, con la possibilità per i fragili e chi lo desidera di continuare a farlo. Si esce da un’emergenza anche smettendo di vivere tutto come un’emergenza.

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