Anche nel caso dei referendum sulla giustizia il commento più ridicolo è di Conte

Giuseppe Conte, presidente (sospeso) del M5s (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia scrive Mattia Feltri: «La coincidenza fra il trentennale di Mani pulite e l’ammissione dei referendum sulla giustizia non porta con sé soltanto la suggestione del sincronismo: porta trent’anni di disastrosi guasti irrisolti da una politica imbelle, ma pure da un giornalismo che ancora oggi indugia nell’euforia della rivoluzione dell’onestà – da Di Pietro a Di Battista non è un triplo salto mortale, a pensarci bene – e da un’opinione pubblica attraversata dal brivido del riscatto, e dell’autoassoluzione, soprattutto quando viene a sapere di un politico intrappolato nell’avviso di garanzia; la sentenza, specie se di non colpevolezza, è un accidente futuribile».
Perfetto Mattia. Tra i commenti al trentennale, molto affannati quelli di Gherardo Colombo che spiega come non ci siano prove della volontà politica dei pm milanesi. Mah. Comunque ci sono i fatti della volontà antipolitica del famoso pool (si pensi solo all’impegno dei pm nell’interdizione di tanti guardasigilli di destra, di sinistra e di centro, e a quello particolare di Colombo contro la Bicamerale D’Alema) e i concreti disastrosi risultati raggiunti su questo terreno.

Su Huffington Post Italia Graziano Del Rio dice: «Suicidarsi non è un diritto».
Ogni tanto qualche cattolico adulto si comporta anche da cattolico e non solo da adulto.

Su Leggo si scrive: «“La Corte costituzionale ha fatto quello che il presidente Amato ha detto pochi giorni fa che non andava fatto, cioè cercare il pelo nell’uovo”, il commento di Riccardo Magi, deputato e presidente di Più Europa, davanti alla Consulta».
Essere in contraddizione con una norma costituzionale e violare trattati internazionali sulla lotta agli stupefacenti, più che un pelo è un palo nell’uovo.

Su Atlantico quotidiano Federico Punzi scrive: «Sopravvissuti alla tagliola della Corte cinque referendum sulla giustizia. Temi rilevanti, ma sui quali sarà molto più difficile scaldare i cuori e le menti degli elettori e portarli alle urne. I quesiti ammessi sono abbastanza innocui per i magistrati».
Per amore di polemica non si può sostenere l’insostenibile: la separazione delle carriere è da trenta anni la bandiera di tutti i garantisti.

Su Dagospia si riporta un articolo di Fabio Amendolara in cui si scrive: «L’ex procuratore capo di Milano alza i toni: “Mi hanno tirato in ballo senza che io mi potessi difendere da queste accuse e su questo io non avrò alcuna… sarò molto fermo, perché non e possibile che un magistrato venga messo alla berlina davanti a tutti i consiglieri del Csm, davanti al presidente della commissione Antimafia, davanti al presidente della Cassazione, davanti al procuratore generale della Cassazione in questo modo, per interessi di parte”».
Che il capo della procura di Milano Francesco Greco si lamenti perché è stato messo alla berlina, ha un sapore da contrappasso dantesco.

Sul Blog di Beppe Grillo Danilo Della Valle scrive: «L’Europa ha bisogno di essere politica e indipendente nelle scelte e di non cadere nelle provocazioni di chi vuole usare il nostro continente come esca per perseguire i propri interessi egemonici».
Insomma per Grillo e i suoi amici il problema non è il neo-egemonismo di uno Stato poliziesco come la Cina, ma quello americano. Nella notte della ragione politica in cui sta vivendo l’Italia il ministro degli Esteri è espressione di una forza (più o meno) politica che propone un impegno internazionale come quello qui descritto. Complimenti al presidente della Repubblica che ha promosso l’assetto politico oggi esistente e non sembra sentire l’urgenza di dare una ben altra base di legittimità al governo della nazione.

Su Huffington Post Italia Rosa Fioravante scrive: «Sono rilevanti perché le piattaforme rivendicative delle ragazze e dei ragazzi che in tutta Italia stanno occupando, manifestando, animando assemblee e dibattiti sono lucide come non succedeva da anni nella denuncia del meccanismo attraverso il quale i loro problemi sono semplicemente lo specchio dei problemi di una società intera. Lungi dall’essere movimenti single issue, le proteste non chiedono solo l’abolizione dell’alternanza scuola lavoro o di rivedere le modalità di svolgimento della maturità, ma chiedono che si rimuova la logica neoliberale di redistribuzione verso l’alto della ricchezza e di atomizzazione psicologica e morale dalla scuola per rimuoverla dalla società ed ottenere giustizia climatica, giustizia economica e sociale, giustizia contro ogni discriminazione di genere, orientamento sessuale, nazionalità».
Mah? Più che il ’68 la prosa della Fioravante ricorda Amici miei: blinda la supercazzola prematurata con doppio scappellamento a destra.

Su Affaritaliani si scrive: «Oggi pomeriggio, secondo quanto apprende l’agenzia LaPresse, Giovanni Toti, Gaetano Quagliariello  e altri deputati e senatori si recheranno da un notaio per fondere “Cambiamo”, “Idea” e il gruppo di Clemente Mastella in “Italia al centro”».
Tutti in centro? È tempo di saldi? Si va a far shopping?

Su Linkiesta Francesco Cundari scrive: «Il dibattito pubblico è stato egemonizzato per decenni da un manicheismo isterico e paralizzante».
Carina questa idea di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici della stagione giustizialista.

Su Scenari economici Guido da Landriano scrive: «Poi c’è il divertente atteggiamento del “sedicente” (nel senso che se lo dice da solo) leader del M5s che ha deciso, senza neanche consultare la base, che i referendum sulla giustizia “non migliorerebbero il servizio” (il servizio? Al banco?? Che vuol dire??? La giustizia è un servizio on demand????) per cui “siamo orientati a respingere i referendum”».
Da Landriano nota che come in ogni occasione, anche nel caso dei referendum sulla giustizia, il commento di Giuseppe Conte è sempre il più ridicolo di tutti.

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