Elezioni. Lupi (Noi Moderati): «Serve una vera libertà di educazione»

«Famiglia, scuola e lavoro sono i tre punti principali del nostro programma, ecco cosa vogliamo fare. E la giustizia, che è diventata una macchina di cui il cittadino ha paura»

Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati (Ansa)

Tempi ha individuato, in occasione della competizione elettorale, tre temi fondamentali sui quali il prossimo parlamento dovrebbe impegnarsi dandovi la necessaria priorità: famiglia, educazione e lavoro. Ne abbiamo discusso con Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati e candidato alla Camera per il centrodestra nel collegio uninominale di Lecco.

Concorda con questo impianto generale?

Famiglia, scuola e lavoro sono i tre punti principali del nostro programma. La famiglia perché è la struttura base della nostra società, e purtroppo la più bistrattata. La scuola perché l’educazione è il pilastro di ogni serio investimento sul futuro del Paese, il lavoro perché è la modalità con cui ognuno di noi partecipa al cambiamento e al miglioramento del mondo, nel lavoro l’uomo trova la sua dignità e la sua utilità e il sostentamento per la famiglia. Per questo va remunerato con giustizia.

Cosa proporranno i moderati per prima cosa all’eventuale futuro governo di centrodestra?

Un serio investimento nella scuola, che vuol dire: adeguare lo stipendio dei nostri insegnanti alla media degli altri Paesi europei, attuare una vera parità scolastica anche economicamente, potenziare l’autonomia delle scuole, creare un rapporto più stretto tra mondo della scuola e mondo del lavoro, ad esempio aumentando gli iscritti agli Istituti Tecnici superiori (in Italia sono 18.000, in Germania 1 milione, in Italia la disoccupazione giovanile è al 30 per cento in Germania al 6,6) che garantiscono occupazione al 90% dei diplomati.

I famosi “principi non negoziabili” di ratzingeriana memoria stentano ad entrare nel vivo del dibattito, per mille ragioni, tra le quali la paura del contraccolpo mediatico dei “progressisti” oltre a una sorta di incertezza culturale anche nel centrodestra. Che tipo di impegno sente di poter prendere dinanzi all’elettorato a tal riguardo?

Le rispondo con una frase di Ratzinger: «Al matrimonio omosessuale non possiamo rispondere con piccoli moralismi». Sulla vita, sulla famiglia, sulla natalità, sul gender la battaglia più che strettamente politica è culturale e l’arma con cui combatterla – cito ancora Ratzinger – è innanzitutto la testimonianza. «In questa situazione – ha scritto – la Chiesa dovrebbe essere in primo luogo e una buona volta finalmente sé stessa e non solo strumento moralizzatore della società come vuole lo Stato liberale, né pensare che il suo specifico sia l’azione sociale. Non con strumenti di potere o l’efficacia delle sue strutture istituzionali, ma attraverso la testimonianza, il suo stesso vivere e soffrire». Alla politica spetta porre limiti al principio oggi in voga per cui tutto ciò che è tecnicamente fattibile è anche lecito farlo, in questo senso mi sento di dire ad esempio che l’utero in affitto, per quanto è nelle mie possibilità, non sarà mai una pratica lecita. Ma oltre a questo la politica deve creare spazi di libertà in cui esperienze positive di famiglia, di accoglienza della vita, di solidarietà, di libertà religiosa e di educazione possano esprimersi e possano essere incontrate.

Una forte preoccupazione in alcune aree dell’elettorato di centrodestra è rappresentata dalla tendenza di parte del ceto politico di riferimento a piegarsi a certe suggestioni liberal, a partire dal linguaggio per finire ai programmi scolastici rimpinzati delle “frivolezze borghesi” di cui parlava perfino Karl Marx: a suo giudizio accadrà ancora o è giunto il momento di invertire di 180 gradi la rotta?

Politicamente corretto, cancel culture, insegnamento gender nelle scuole, ambientalismo ideologico al posto dell’amore per la natura sono forme di indottrinamento culturale spacciate come progresso che vanno combattute. L’antidoto? Una vera libertà di educazione.

Quali sono stati i danni maggiori causati dall’ininterrotto governo, peraltro privo di legittimazione, del centrosinistra in Italia?

Io non so se siano tutti causa del centrosinistra, con il quale peraltro ho partecipato a governi di unità nazionale. Ne indico uno solo, macroscopico, che, pur avendo origini a sinistra nell’agitazione ideologica della “questione morale”, ha purtroppo ha responsabilità o connivenze più ampie, ed è la perversione della giustizia piegata a finalità politiche o di potere. A farne le spese, oltre al Paese intero, sono soprattutto i cittadini: vite rovinate da accuse enfatizzate mediaticamente e poi cadute alla prova del processo, tempi interminabili, carcerazioni preventive infondate, sovraffollamento delle carceri. La giustizia è – dovrebbe essere – il fine della politica, è invece diventata una macchina di cui il cittadino ha paura.

Il centrodestra è omogeneo sul terreno del riconoscimento vero della parità scolastica?

Ci sono sacche residue di statalismo, che – va detto – è una tentazione di chiunque vada al potere (è stato così purtroppo anche con la Democrazia cristiana), ma sempre più minoritarie. Quando, durante il Covid, abbiamo lavorato per l’aumento dei fondi per le scuole paritarie, abbiamo trovato un consenso quasi unanime, i no arrivavano dai 5 stelle e dalla sinistra.

Tra gli innumerevoli “enti inutili” c’è probabilmente l’Unar (Ufficio anti-discriminazioni) divenuto una sorta di club per la diffusione nella società italiana della religione progressista e con evidente potere di interdizione: immagina possibile una sua abolizione o riforma?

Una riforma, perché le discriminazioni, purtroppo, esistono. Bisogna, anche qui, uscire da dinamiche ideologiche, avere a cuore la soluzione del problema e non l’affermazione di un pensiero di parte.

Il prossimo Parlamento, priorità economiche ed energetiche a parte, cosa dovrà affrontare per offrire agli italiani un segnale minimo di cambiamento?

Della scuola le ho già detto. L’altra priorità è sostenere chi crea lavoro, cioè le imprese. Innanzitutto con una grande semplificazione burocratica. La burocrazia costa alle imprese 47 miliardi di euro l’anno e 312 ore per gli adempimenti amministrativi, e provoca una mancata crescita di 70 miliardi. Sono 127 miliardi di risorse da utilizzare per lo sviluppo e l’occupazione, se li confronta con i 220 del Pnrr vede l’entità di questa riforma. In secondo luogo bisogna defiscalizzare totalmente gli aumenti retributivi sino ai 200 euro al mese per chi guadagna sino a 35.000 euro. Oggi questo aumento costa all’impresa più di 450 euro, deve costare zero. In terzo luogo bisogna riformare il reddito di cittadinanza. Va lasciato solo a chi è inabile al lavoro e quindi va aiutato. Oggi costa 8 miliardi l’anno, 3 siano utilizzati per chi non può lavorare, gli altri 5 vengano dati alle imprese che assumono chi oggi riceve il reddito di cittadinanza.

La formula per la ripresa della natalità, vero punto dolente del nostro sistema, secondo lei in cosa dovrebbe consistere?

Oltre a quello che le ho detto prima tra le politiche per la famiglia Noi Moderati proponiamo l’aumento del congedo per maternità dal 30 al 67 per cento dello stipendio (come avviene in Germania), l’aumento dei fondi per l’assegno unico universale e la totale detraibilità delle spese per l’istruzione dei figli.

Si fida di Giorgia Meloni?

Ci sto in coalizione insieme.

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