In Lombardia è scontro tra politica e antipolitica (quella dei populisti e quella dei “tecnici“)

I tre principali candidati presidente alle prossime elezioni in Lombardia ospiti del “pranzo della Befana” per i senzatetto organizzato a Milano dai City Angels: da sinistra, Pierfrancesco Majorino, Letizia Moratti, Attilio Fontana (foto Ansa)

Su Formiche Gabriele Carrer scrive: «Fu proprio Draghi nel 2021, al G7 di Carbis Bay, a congelare di fatto il memorandum d’intesa con cui il governo gialloverde di Giuseppe Conte fece dell’Italia il primo e unico tra i Sette ad aderire alla Via della Seta. Bastarono poche parole: il progetto espansionistico cinese “non è stato mai menzionato, nessun accenno” durante il summit ma “per quanto riguarda l’atto specifico, lo esamineremo con attenzione”. Draghi incassò il plauso europeo e americano. Con il governo Draghi, l’Italia comprendeva “molto bene come la Repubblica popolare cinese operi nel mondo”, aveva dichiarato Wendy Sherman, vicesegretaria di Stato degli Stati Uniti, rispondendo a una domanda di Formiche.net durante un incontro con la stampa europea a giugno».

Come si sa la politica è innanzi tutto politica estera. Così ci spiega anche questo articolo di Carrer, facendo emergere quanto il punto principale su cui è caduto Giuseppe Conte sia stato quello dei rapporti con i cinesi, rapporti particolarmente importanti non tanto per il ruolo dell’improbabile personaggio che è stato presidente del Consiglio per due volte, quanto per gli ambienti che sostenevano e sostengono l’avvocato di Volturara Appula, cioè, oltre a Beppe Grillo, innanzi tutto Massimo D’Alema e aree significative del mondo cattolico, a partire da Romano Prodi.

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Su Affaritaliani Marco Scotti scrive di Lukoil che «ha deciso di cedere lo stabilimento Isab di Priolo alla Goi Energy, ramo del settore energetico di Argus, un fondo di private equity e asset management leader a Cipro. Il valore dell’accordo non è stato reso noto, ma dovrebbe aggirarsi intorno a 1,5 miliardi di euro. L’operazione, si legge in una nota, è soggetta al verificarsi di alcune condizioni sospensive relative, tra l’altro, all’ottenimento delle autorizzazioni da parte di tutte le autorità competenti, incluso il governo italiano. Il closing dell’operazione è previsto entro la fine di marzo 2023. Isab è un complesso petrolchimico che combina impianti di raffinazione, gassificazione e cogenerazione di energia elettrica ed è costituito da tre siti produttivi interconnessi. Il complesso si trova a Priolo Gargallo, Siracusa, ed è uno dei più grandi siti industriali d’Europa».

Il governo Meloni sta valutando le ricadute sull’occupazione dell’intervento della Goi Energy su Priolo, che se andrà in porto costituirà un altro tassello di una strategia italiana di alleanza con l’asse cipriota, israeliano ed egiziano per approvvigionare noi e l’Europa di gas nel sud Mediterraneo. Una scelta dalle molteplici ricadute geopolitiche.

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Su Huffington Post Italia Alessandro De Angelis scrive: «Mai si era visto, nella storia della sinistra e non solo, un surreale dibattito sulle regole del congresso, a congresso in corso e – udite, udite – anche sulla data, sempre a congresso in corso. Che è un po’ come discutere se usare o no il Var (nel primo caso) o prolungare la partita a cento minuti (nel secondo caso) mentre i giocatori corrono già accaldati sul campo».

Lo sbandamento del Partito democratico ricorda anche negli aspetti farseschi quello recente dei repubblicani americani nella scelta dello speaker della Camera: sono processi che non si possono comprendere se ci si limita a considerare solo la mediocrità dei protagonisti. Negli Stati Uniti assistiamo a una deriva politica che parte dall’impeachment (inevitabile) di Richard Nixon per proseguire con gli impeachment (evitabili e falliti) di Bill Clinton e Donald Trump, con una tendenziale sostituzione della politica con una sorta di puritano richiamo alla giustizia, che per i trumpiani è arrivato tragicamente fino alla non accettazione del voto del novembre 2020. Nel Pd invece si pagano le conseguenze di aver accettato l’idea di Giorgio Napolitano di governare la democrazia italiana dall’alto (Quirinale) e dal fuori (l’asse franco-tedesco).

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Sugli Stati generali Paolo Natale scrive: «Dunque, la griglia di partenza, se i lombardi votassero in questa occasione come nelle recenti politiche, sarebbe la seguente: Fontana al 51 per cento, Majorino al 31 per cento, Moratti al 10 per cento. Affinché Majorino possa vincere, Fontana deve perdere dunque nei suoi confronti almeno il 20 per cento dei voti che avrebbe in dotazione dal voto legislativo. Possibile? Certo, soprattutto per la presenza di Moratti, che rappresenta di fatto una costola del centrodestra da numerosi decenni, sia a livello nazionale (ministro dell’Istruzione) che a livello milanese (sindaca) che a quello lombardo (vicepresidente). Per compiersi il “miracolo” per il centrosinistra, 20 elettori su cento che avevano votato la coalizione di Meloni devono andare su Letizia Moratti. In questo caso, tutti e tre i contendenti sarebbero accreditati di circa il 30 per cento di consensi, con una competizione altamente aperta a qualsiasi risultato. Possibile sì, ma non certo molto probabile, anzi quasi per nulla probabile, a meno di un qualche evento particolare».

Se questo è il quadro teorico, anche quello empirico desunto dai sondaggi più accreditati non si discosta molto da quanto potrebbe accadere: una quota significativa di elettori di centrodestra (diciamo il 7-8 per cento) in appoggio comunque a Moratti e una buona tenuta della coalizione di centrosinistra, rinforzata dagli elettori del Movimento 5 stelle, in appoggio a Majorino. Risultato? Fontana al 43-44 per cento, Majorino al 34-35 per cento, Moratti al 18-19 per cento.

Politica contro antipolitica: questa è, nella sostanza, la base dello scontro elettorale nelle elezioni regionali lombarde. Il governo del centrodestra in questa decisiva area dell’Italia è stato a lungo contrastato con mezzi extrapolitici: la condanna di Roberto Formigoni per concorso in vacanze, il martirio giudiziario del vicepresidente Mario Mantovani poi man mano assolto dalle accuse che avevano portato alle sue dimissioni (con il vigliacco tradimento nei suoi confronti di Maria Stella Gelmini), la rinuncia a correre per una nuova presidenza della Lombardia di Roberto Maroni (con un dolore che poi ha aperto la via al tumore) accusato di tentata fidanzata. E infine la campagna contro Attilio Fontana, prima per il Pio Albergo Trivulzio (caso smontato per opera di Gherardo Colombo), poi per il cosiddetto pigiama-gate, finito nel nulla. Visto che, nonostante tutto, i mezzi extrapolitici non sono serviti a liquidare il centrodestra, adesso si mette in campo contro di lui uno schieramento antipolitico sciattamente e qualunquisticamente tecnocratico con Letizia Moratti, e uno di una sinistra condizionata dal movimentismo antipolitico a cinque stelle. Sono tempi difficili per l’Italia, non mancano le ragioni della protesta e un’alternanza al trentennale governo della Lombardia di centrodestra potrebbe essere astrattamente auspicabile. Ma i cittadini di una Regione così importante per tutto il paese dovrebbero riflettere bene su che cosa significherebbe lasciare briglia sciolta a una ripresa di una doppia antipolitica mediocremente tecnocratica e peronisticamente condizionata.

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