Due perseguitati dall’Isis diventano vescovi in Iraq e Siria

Jacques Mourad è il nuovo vescovo di Homs, Younan Hano guiderà i siro-cattolici a Mosul. Il primo, rapito dai jihadisti, fu minacciato così: «Convertiti all'islam o ti tagliamo la testa». Il secondo rinunciò a tutto a Qaraqosh pur di conservare la fede

Il nuovo vescovo di Homs, Siria, monsignor Jacques Mourad, fu rapito dall’Isis nel 2015

Papa Francesco ha dato il suo assenso all’elezione di Yagop Jacques Mourad come nuovo vescovo di Homs in Siria e di Qusay Mubarak Abdullah Younan Hano come nuovo arcivescovo dei siro-cattolici di Mosul in Iraq. I due prelati hanno un elemento in comune: hanno subito nei rispettivi paesi la persecuzione attiva dello Stato islamico.

Monsignor Mourad, rapito dall’Isis nel 2015

Monsignor Mourad è nato ad Aleppo nel 1968, è stato ordinato sacerdote nel 1993 e incardinato nell’Arcieparchia di Homs dei Siri. Dal 2000 al 2015 è stato incaricato del Convento di Mar Elian e della parrocchia di Qaryatayn, città della Siria centrale a un centinaio di chilometri da Palmira. Proprio a Qaryatayn è stato rapito dall’Isis ed è rimasto nelle mani dei jihadisti dal 21 maggio al 10 ottobre del 2015.

Dopo essere stato rapito dal monastero di Mar Elian da uomini incappucciati, è stato portato a Raqqa dove, secondo quanto raccontò dopo la liberazione, «ci tenevano rinchiusi in un piccolo bagno, avevano scelto appositamente quella stanza per umiliarci, ma la nostra missione è quella di essere umili, anche di fronte alla violenza». Durante gli 84 giorni passati in quel piccolo bagno, «i jihadisti ci insultavano spesso, ma il momento più difficile era quando ci intimavano: “O vi convertite all’Islam o vi tagliamo la testa”».

Nei lunghi mesi di prigionia, padre Jacques trovò conforto nella recita del rosario e nella preghiera dell’abbandono di Charles de Foucauld, «una vittima della violenza che ha consacrato la sua vita al dialogo islamo-cristiano». Anche padre Mourad ha fatto del dialogo interreligioso l’anima della sua missione, sostenendo per oltre 15 anni tutte le famiglie di Qaryatayn, senza alcuna distinzione di fede. Il religioso ritenne che l’impegno per il dialogo potesse  aver spinto lo Stato Islamico a rapirlo. «Di certo il bene che ho potuto fare alla popolazione ha avuto un contributo determinante nella mia liberazione. Sono sicuro che sia stata una delle ragioni che ha impedito ad Isis di uccidermi».

Il nuovo vescovo di Mosul, Iraq, monsignor Younan Hano, fu costretto dall’Isis nel 2014 a fuggire dalla sua città

Monsignor Hano, costretto a fuggire da Qaraqosh

Anche monsignor Hano ha sofferto per mano dell’Isis. Nato a Qaraqosh, nella Piana di Ninive, nel 1982, è stato ordinato sacerdote nel 2011 ed è stato vicario della parrocchia Mar Jacob a Qaraqosh. Come gli altri 120 mila cristiani della Piana di Ninive, anche lui è scappato da Qaraqosh nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, quando l’Isis, dopo la conquista di Mosul invase le città cristiane per conquistarle.

Negli anni successivi all’invasione, monsignor Hano visse da esule e profugo con tutti gli altri cristiani nel Kurdistan iracheno, svolgendo il suo ministero sacerdotale a Erbil tra gli sfollati che avevano perso tutto per conservare la fede.

Iraq e Siria, la missione è ricostruire

Come il vescovo di Homs, anche quello di Mosul avrà come compito principale quello di ricostruire la comunità cristiana. A oltre cinque anni dalla liberazione di Mosul, infatti, soltanto 70 famiglie cristiane sono tornate a vivere in città, circa 150 persone. Un esiguo pugno di fedeli rispetto ai 45 mila cristiani che vivevano nel 2003 nel capoluogo del governatorato di Ninive.

Se l’Isis è stato sconfitto, l’estremismo islamico ancora no. Come dichiarava pochi giorni fa padre Raed Adel, tra i responsabili della comunità siro-cattolica di Mosul, al giornale Al Alam Al Jadeed, «ciò che si dice sulla costruzione di ponti e sulla tolleranza sono solo parole che non riflettono la realtà e che sono a favore dei mezzi di comunicazione. L’ideologia dell’Isis è ancora presente nonostante ci siano musulmani che rispettano i cristiani ed è il motivo principale per cui i cristiani non tornano a Mosul».

@LeoneGrotti

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