In America per abortire da oggi basta un click

L'amministrazione Biden abolisce le restrizioni sulla pillola abortiva: niente più visite dal medico, si richiede online, si riceve a casa. E la retorica del “rischio zero"?

Aborto in America, via libera della Fda all’invio delle pillole via posta (foto Ansa)

Da oggi in America per avere un aborto basta un click: «Nel 21esimo secolo si può fare senza mai uscire di casa. Vai online. Hai una consulenza virtuale o una visita elettronica: basta compilare un modulo e chattare con il fornitore. E poi spediscono le pillole abortive a casa tua… Non c’è bisogno di prendersi una pausa dal lavoro», scriveva Rolling Stone illustrando le scappatoie alla legge del Texas (che vieta l’interruzione di gravidanza dopo le prime sei settimane) qualche settimana prima che l’amministrazione Biden decidesse di abolire il requisito fondamentali di sicurezza per l’accesso all’aborto chimico previsto dell’agenzia di farmacovigilanza americana. Ovvero l’obbligo di prescrivere e dispensare il mefipristone di persona, dopo una visita in uno studio, un ospedale, una struttura dedicata.

Lo ha fatto giovedì: per cancellare uno dei requisiti principali dei Rems (Risk Evaluation Mitigation Strategy), il protocollo riservato a farmaci e procedure ad alto rischio, è bastato aggiornare un documento della Food and Drug Administration sul farmaco che usato in abbinata al misoprostolo pone fine anticipatamente a una gravidanza. Restano i requisiti della firma al consenso informato del paziente e la prescrizione da parte di un operatore sanitario certificato: a questo proposito l’agenzia ha annunciato che presto anche le farmacie potranno iniziare l’iter per la distribuzione.

Aborto fai-da-te e l’alleato Covid

La restrizione era già stata temporaneamente revocata durante il primo anno di pandemia: ricordate la crociata intrapresa dal board editoriale del New York Times per promuovere l’aborto fai-da-te tra le americane in quarantena? Se le donne non possono andare ad abortire allora l’aborto deve entrare nelle case delle donne, spronava la Bibbia liberal (lo stesso giornale che per anni aveva lanciato l’allarme sulla Ru486) proponendo: «L’invio di pillole abortive via posta» dopo una videochiamata col medico; l’abolizione, in 18 Stati, della normativa che vieta l’approvazione dell’aborto con la telemedicina; la sospensione del regolamento della Fda sul mifepristone.

In capo a pochi mesi il giudice distrettuale del Maryland Theodore Chuang, nomina di Obama, accoglieva le istanze dell’American College of Obstetricians and Gynecologists e dei gruppi pro-aborto consentendo la prescrizione dei prodotti abortivi “a distanza” e la consegna via posta o corriere. La decisione era stata oggetto di scontro in diversi tribunali prima di approdare alla Corte Suprema (qui la ricostruzione del caso) dove i giudici avevano ripristinato i requisiti della Fda. È stata l’agenzia stessa, dopo aver cambiato idea e averli revocati nell’aprile scorso sempre “a causa” della pandemia, ad abolirli definitivamente.

Dalla Roe v Wade all’aborto su Amazon

La decisione arriva mentre alla Corte Suprema approda il caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, che potrebbe ribaltare il diritto sancito dalla storica sentenza del 1973 Roe v. Wade, e sposta definitivamente il fronte della battaglia dall’aborto “safe, legal, and rare” (sicuro, legale e raro) all’aborto “safe, legal and accessible to every person who chooses it” (accessibile a tutti), cioè su richiesta e senza giustificazione. Più facile di andare dal dentista, facile come bollire un uovo o ordinare qualsiasi cosa su Amazon.

Attualmente la spedizione di pillole abortive è vietata in sei stati, in sette esistono leggi che obbligano alla visita di persona per ottenerne la prescrizione, in quattro è fissato un limite precedente a quello delle 10 settimane di gestazione fissato per l’aborto farmacologico. Chi vuole ordinare un aborto online può farlo, anche dalla macchina, ma solo attraversando il confine. Aggirare i limiti temporali non è difficile grazie a materiali online come il filmato rilanciato da Vice, nato da una collaborazione tra Medici senza frontiere e HowToUseAbortionPill.org per accompagnare passo dopo passo una donna all’aborto in casa (primo di una serie di cinque lezioni per abortire fino alla 22 settimane di gravidanza), così come falsificare gli indirizzi di consegna.

Facile come ingoiare una pillola

Secondo i dati pubblicati il ​​mese scorso dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), il 42 per cento di tutti gli aborti e il 54 per cento degli aborti prima delle 10 settimane del 2019 sono stati aborti farmacologici. Nel 2020 la maggioranza degli aborti di Indiana, Kansas e Minnesota è avvenuta con assunzione di Ru486. Secondo il TelAbortion Project, dei 2.083 aborti previsti dal programma di ricerca autorizzato dalla Fda tra luglio 2016 e ottobre 2021, più di un terzo – 715 – si è verificato durante la pandemia.

Lo abbiamo scritto molte volte: passati dal sostegno della scelta personale al tifare aborto per tutti, è diventato lecito parlare di aborto quale “dramma” solo in riferimento alle sue condizioni di accessibilità. Proprio come consumatori su Amazon: se non è facile, autorizzato, dalle maglie larghe, se esiste l’obiezione di coscienza e se le cliniche fanno meno aborti, allora sì che l’aborto è un dramma. Altrimenti è facile come andare dal dentista, bollire un uovo, cliccare un sito. “Arrivano le pillole abortive via posta”, “Aborto più accessibile a tutti”, titolano i giornali, preoccupandosi solo per gli stati conservatori che ancora non hanno sdoganato la telemedicina abortiva e magnificando l’esempio della California, candidata a tempio dell’aborto americano.

E la retorica del “rischio zero”?

Le regole sui requisiti di distribuzione della pillola abortiva erano state riconfermate nel 2016 dalla stessa Fda alla luce del monitoraggio iniziato nel 2000 e convertito in Rems (piani di valutazione e riduzione del rischio, appunto) nel 2011. Al 31 dicembre 2018 – parole della Fda – si segnalavano 24 decessi di donne associati a Mifeprex e diversi casi di grave infezione sistemica (chiamata anche sepsi), inclusi alcuni fatali. A questi, come ben ricordarono Morresi e Roccella sulle pagine di Avvenire, si aggiungevano 97 procedure iniziate mentre era in corso una gravidanza extrauterina non diagnosticata (condizione che può essere letale e da escludere per prescrivere la Ru486: come è possibile con la telemedicina?) in cui due donne ci lasciarono la pelle, 4.195 effetti avversi come emorragie, forti dolori addominali e infezioni gravi: segnalazioni facoltative in quanto dal 2016 ai produttori di pillola abortiva è richiesto di indicare solo il numero dei decessi, nessuna registrazione di eventi avversi che non siano fatali. «E c’era stato un cluster di morti in California, tutte dovute alla rara infezione da Clostridium Sordellii ma nessuna di queste è stata segnalata dalla farmacovigilanza: sono venute alla luce solamente tramite le denunce dei familiari, che in un caso addirittura hanno richiesto un’autopsia privata». Proprio alle infezioni da Clostridium era stato dedicato nel 2006 un importante workshop dalla stessa Fda, dai Cdc e Nih (National Institutes of Health), «con un’ampia sezione dedicata specificatamente alle morti a seguito di aborto farmacologico».

Curioso uso della retorica del “rischio zero”, nell’America che ha trovato nel terrore di contagio da Covid il migliore alleato per sdoganare l’assunzione senza pensieri del mifepristone. Da oggi negli Stato Uniti basta un clic per ottenere un aborto. Cioè per interrompere una gravidanza e fare fuori un bambino.

 

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