Un po’ di panico tra i manettari è giustificato: qualcosa è cambiato nella magistratura

Foto Ansa

Su Dagospia si scrive: «Oggi il membro del board della Bce, Panetta, invita la presidente della Bce a comunicare “al meglio” le sue decisioni, chiarendo che “a marzo dovremo rivalutare la situazione”».

Uno dei più qualificati economisti figli della scuola di Banca d’Italia, Fabio Panetta, membro dell’esecutivo della Bce, richiama Christine Lagarde al massimo di prudenza anche nell’annunciare, non solo nel determinare, le scelte che si fanno e si faranno a Francoforte. Grazie anche a un governo pienamente autonomo a Roma, l’Italia non è più nelle condizioni in cui si trovò nel 2011.

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Su L’Occidentale Nicola Sellitti scrive: «Regole, trasparenza, potenziali riforme: un’analisi della vita dei partiti, per dare concreta applicazione all’articolo 49 della Costituzione. Con questo obiettivo la Fondazione Magna Carta ha organizzato il 31 gennaio alle 14.00, presso la Biblioteca della Camera dei deputati, il seminario “Partiti politici. Regole, garanzie, trasparenza. Il passo avanti necessario”. Il seminario è diviso in due parti: nella prima, presenta la sua relazione il presidente di Magna Carta, Gaetano Quagliariello. Poi interviene il vicepresidente della Corte costituzionale, Nicolò Zanon. A seguire, il capo del servizio commissioni della Camera dei deputati, Raffaele Perna, il presidente della commissione di Garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, Amedeo Federici. Nella seconda parte dell’evento prenderanno la parola alcuni rappresentanti del Parlamento. Tra i protagonisti, i presidenti delle commissioni Affari costituzionali, l’onorevole Nazario Pagano, e il senatore Alberto Balboni. Il focus del confronto sarà la possibile riforma della regolamentazione dei partiti. Organismi previsti nell’articolo 49 della Costituzione dalle sue origini, ma ancora privi di una disciplina organica. I senatori Dario Parrini, Loredana De Petris e l’onorevole Pino Bicchielli poi presenteranno le loro proposte sulla disciplina dei partiti. Un tema affrontato più volte nella XVIII e nell’attuale legislatura».

La Prima Repubblica (con anche un richiamo a questa realtà nella Costituzione stessa) era innanzi tutto fondata sui partiti che in qualche modo arrivavano non di rado quasi a sostituire le istituzioni nel rapporto con i cittadini. La crisi della Costituzione determinata dalla fine del contesto storico che ne giustificava in larga misura la parte ordinamentale, ha provocato uno sbandamento devastante nei partiti, per un periodo parzialmente attenuato da un pur rozzo bipolarismo, poi destrutturato dall’idea di Giorgio Napolitano di commissariare la democrazia italiana: provocando così la nascita di un movimento di protesta senza proposta che ha ulteriormente disgregato la vita politica italiana. Ora, grazie alla formazione di una tendenza neoconservatrice che ha ridato un qualche senso alla partecipazione politica a destra, si è tornati a un governo legittimato dagli elettori. Il caos però è ancora esteso e su tutto lo schieramento politico, con punte allarmanti a sinistra: personalismi, subalternità influenze straniere, cacicchismi locali hanno un peso notevole. È interessante dunque lo sforzo della Fondazione Magna Carta di intervenire sulla questione “partiti” che naturalmente non può essere affrontata se non con una visione sistemica, cioè “costituente”.

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Su Startmag Francesco Damato scrive: «Significativa politicamente e istituzionalmente è l’elezione dell’avvocato Pinelli, e la bocciatura del candidato del Pd Romboli, alla luce delle polemiche provocate dal proposito enunciato in Parlamento dal ministro della Giustizia Carlo Nordio di cambiare registro. E, fra l’altro, di togliere dalla testa dei pubblici ministeri, ch’egli conosce benissimo per averne fatto parte nella carriera giudiziaria, di sottomettere il Parlamento, e non solo i loro imputati. Come è avvenuto di recente a Milano in un processo nel quale la pubblica accusa, che ne dovrà ora rispondere, ha evitato di rispettare l’obbligo di portare anche le prove a discarico appunto dell’imputato. Che era l’Eni, assolto».

C’è qualche elemento di panico nelle ampie file del giustizialismo nazionale, soprattutto di quello mediatico, che grazie alla complicità con la magistratura militante ha a lungo ricevuto materiale per tentare di frenare le perdite di copie e audience. Credo che i giustizialisti abbiano ragione a essere preoccupati perché il voto a Fabio Pinelli testimonia come anche una parte della magistratura sia ultrastufa della politicizzazione che le si è voluto imporre, e inoltre che la convergenza tra laici di centro e centrodestra apra nuove prospettive. Anche perché, tra l’altro, pure a sinistra in tanti sono stanchi di essere rappresentati come esponenti del partito delle manette e dei pettegolezzi scandalistici organizzati per via giudiziaria.

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Su Affaritaliani si scrive: «Per questo si sta alzando un coro di proteste in Italia per l’intervento previsto di Zelensky al Festival di Sanremo. Il collegamento del presidente ucraino sul più nazionalpopolare dei palchi – si legge su Repubblica – non è gradito da Matteo Salvini».

Pur comprendendo il fastidio per la politicizzazione del Festival di Sanremo, mi pare che l’intervento di Salvini su una rapida testimonianza del presidente dell’Ucraina nell’evento citato, sia rozza e sbagliata. Proprio chi pensa che trovare una via di uscita pacifica a un conflitto che coinvolge tutta l’Europa sia urgente, deve capire che non si deve far finta di niente. Agli italiani va costantemente e in tutti i modi ricordato che c’è un conflitto aperto alle porte di casa, che questo nasce dall’aggressione russa e che nessuna soluzione potrà essere trovata chiudendo gli occhi sulla realtà.

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