Tocca all’Italia sistemare i disastri francesi in Africa?

Rassegna ragionata dal web su: il golpe in Niger e i malumori sempre più diffusi nelle ex colonie di Parigi, il pericolo di una guerra nel continente, il ruolo di pontiere che può avere il nostro paese

Niger, sostenitori dell’esercito maledicono la Francia e la Cedeao (foto Ansa)

Su Linkiesta Carlo Panella scrive: «Evgenij Prigozhin tre, Emmanuel Macron zero. Tre colpi di Stato a favore della Wagner in tre anni hanno espulso la Francia da tre paesi africani chiave: Mali, Burkina Faso e Niger. A questi si aggiungono due golpe antioccidentali di cui ha approfittato fortemente la Wagner in Sudan e in Guinea, e il forte e determinante impianto delle armate di Prigozhin in Libia oltre che nella Repubblica Centrafricana. Di fatto, il radicamento della Wagner nel Sahel e in Africa appare inarrestabile, sia sotto il profilo politico – tutti questi golpe guardano alla Russia come alleata – che militare, in una cintura dei golpe pro russi che va dal Mar Rosso all’Oceano Atlantico. Si vedrà come si evolverà il golpe in Niger, circondato come è dalla fortissima pressione economica e militare a favore di Mohammed Bazoum, il presidente democratico deposto, da parte dei nove paesi confinanti del Cedeao, l’alleanza economico militare dell’Africa occidentale. Paesi che sono peraltro spalleggiati dalla Francia e dalla Unione Europea nella loro azione contro il golpista nigerino, il generale capo della guardia presidenziale Abdourahman Tiani, al quale hanno dato sette giorni per rimettere al potere il presidente deposto sotto minaccia di un loro intervento militare. Futuro incerto quindi: Mali e Burkina Faso hanno replicato che interverranno a favore dei golpisti del Niger se verranno attaccati dalla Cedeao, ma intanto si tratta, con discrezione».

Panella descrive con precisione la débâcle francese in Africa. Dopo che Jacques Chirac ostacolò il tentativo di George Bush di creare nuovi equilibri in Africa e Medio Oriente con la guerra in Iraq, Barack Obama puntò su Nicolas Sarkozy e Recep Erdogan per stabilizzare quella stessa area, partendo dall’intervento in Libia. I risultati dell’iniziativa obamiana sono stati disastrosi, peggiorati oggi dall’arroganza di Emmanuel Macron, che probabilmente pagherà in patria il prezzo dei suoi fallimenti, per esempio grazie a un Vincent Bolloré, che, costretto ad abbandonare le sue intraprese africane, investe sempre più in media tesi a saldare la destra moderata e quella radicale francesi.

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Sulla Nuova Bussola quotidiana Gianandrea Gaiani scrive: «Per il ministro degli Esteri algerino, Ahmed Attaf, “un intervento militare in Niger aggraverebbe la situazione, rendendola più complicata e più pericolosa per il paese e per l’intera regione”. Algeri condanna il colpo di Stato contro il legittimo presidente e ne chiede il ritorno in carica, ma non intende né partecipare né avallare un’azione militare contro Niamey. “Un intervento militare potrebbe incendiare l’intera regione del Sahel e l’Algeria non userà la forza con i suoi vicini”, ha detto il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune».

Non è impossibile che scoppi una guerra interafricana, come annunciano le decisioni – pur ancora prudenti – dell’organizzazione interstatale dell’Africa occidentale (l’Ecowas o Cedeao). Non è facile prevedere quali saranno le conseguenze di un eventuale conflitto sia nelle zone dove è solida l’influenza russo-cinese sia in quelle dove esiste ancora una forte presenza di islamisti radicali. Intanto si incrementano i malumori in tutte le aree tradizionalmente d’influenza francese, dall’Algeria al Senegal.

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Su Startmag Marco Orioles scrive: «Parigi deve fare tuttavia i conti con la posizione della Germania, che ora dichiara di seguire prioritariamente la linea diplomatica. “Sosteniamo l’Ecowas nelle trattative”, ha sottolineato a Berlino il portavoce degli Esteri, per il quale “Ecowas ha più volte detto che considera la violenza militare come ultimo strumento”».

Berlino si mostra molto prudente nell’appoggiare le posizioni francesi.

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Sul Sussidiario Marco Pugliese scrive: «Gli Usa hanno garantito appoggio all’Italia come nuovo partner nella regione. L’Italia infatti non ha uno “status coloniale” dal 1945 e soprattutto in Africa sta tentando di costruire le basi per il “Piano Mattei” che verrà presentato a ottobre. Mosca, che è dietro alle mosse nigerine, preferirebbe riallacciare i rapporti con l’Italia, uno Stato pontiere, e garante degli equilibri nell’area. Una soluzione che a Washington non dispiace (fonti fanno sapere che la Meloni ha parlato con Biden anche di questo scenario)»

Mentre gli americani riscoprono il ruolo italiano, che funzionò in Africa (al di là di diversi contrasti con Washington) già durante la Prima Repubblica, il partito francese in Italia, che si era già messo in movimento per ostacolare le mosse di Giorgia Meloni in Tunisia, pare non aver più quella capacità di manovra che gli consentì di subordinare Roma agli interessi di Parigi innanzi tutto nella partita libica: in questo senso gli amichetti di Macron sentono molto la mancanza di un abile e seduttivo manovratore come Giorgio Napolitano.

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