Il Pd non dovrebbe sottovalutare il debole dei 5 stelle per la Cina

Il leader del M5s Giuseppe Conte durante la visita da presidente del Consiglio a Pechino, Cina, 28 aprile 2019 (foto Ansa)

Su Startmag Francesco Damato scrive: «Le spaccature nel centrodestra, e persino forse nella stessa destra presa da sola, ci sono davvero, per carità. Sono spaccati, per esempio, sul problema o urgenza delle autonomie differenziate delle regioni leghisti e forzisti, di cui pure da tempo si parla di un progetto federativo per contenere il primato della Meloni nella coalizione di governo. Ma è vero anche quello che ha fatto notare già nel titolo del suo editoriale sul Messaggero il professore Alessandro Campi scrivendo della “dialettica nel governo che illude l’opposizione”. La cui crisi, in effetti, è evidentissima nei rapporti fra le varie componenti, e all’interno di ciascuna di esse, particolarmente il Pd sulla lunghissima strada del suo congresso».

Le riflessioni di Damato e quelle, dal primo riportate, di Campi sono molto ragionevoli. Però il livello della disgregazione della democrazia italiana è tale che se nel centrodestra non si afferma una solida capacità di trasmettere un senso unitario al proprio lavoro, gli incidenti sono possibili anche perché gli agenti del caos sono numerosi.

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Sul Blog di Beppe Grillo Fabio Pressi scrive: «L’aumento dell’utilizzo di motociclette elettriche è in gran parte dovuto alla politica del governo che ha regolamentato il prezzo delle motociclette elettriche fissando un tetto massimo al costo (1.700 dollari) e ha messo fuori legge l’importazione di motociclette alimentate a benzina, lasciando l’elettrico come unica opzione per i nuovi acquisti. Si stima che il numero totale di motociclette elettriche, i motorinas, sia di circa 300.000. Per fare un confronto, attualmente ci sono circa 500.000 auto immatricolate a Cuba. Quello degli scooter elettrici è un mercato in così grande espansione che sembra stia prendendo forma un progetto made in Cuba, noto come Minerva, per la produzione di scooter elettrici direttamente nell’isola, nei pressi di Villa Clara, convertendo una vecchia fabbrica di biciclette».

La linea alla Beppe Sala dei cubani è in realtà sostenuta industrialmente e finanziariamente dai cinesi. Nelle lunari discussioni del Pd sull’“allearsi o non allearsi” con i 5 stelle manca una chiara valutazione dei legami che Beppe Grillo e Giuseppe Conte, e in seconda linea Massimo D’Alema e certi ambienti cattolici, hanno con Pechino. Non tener conto del fatto che la politica è innanzi tutto politica estera, è un errore fatale.

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Sul Sussidiario il generale Mario Mori dice: «Il sentire mafioso, la cultura mafiosa rimangono in piedi, ma intanto questa esperienza è finita. La cultura mafiosa non la combatte solo ed esclusivamente la polizia o la magistratura, la combattono la politica, l’imprenditoria, l’informazione, la cultura. Si tratta di fare un salto di qualità nel contrasto a ciò che rimane della mafia, cioè la sua cultura, che è fondamentale».

Dopo l’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, è la “sua scuola” quella che ha inferto i colpi più duri a una Cosa nostra ormai sulla difensiva. Uno dei migliori esponenti di questa “scuola”, il generale Mori, ci ricorda come non basta la repressione, è necessario un ritorno della politica per eliminare quella mentalità mafiosa che permane anche quando l’organizzazione criminale in sé è alle corde.

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Sul Post si scrive: «La scorsa settimana Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra francese Rassemblement national (Rn), ha inviato una lettera alla prima ministra francese Élisabeth Borne per chiedere lo scioglimento dei piccoli gruppi estremisti che si rendono da tempo responsabili di “molteplici violenze” nel paese. La lettera è arrivata dopo che il 14 dicembre, la sera della semifinale Francia-Marocco ai Mondiali del Qatar, in diverse città francesi si erano tenute manifestazioni e aggressioni di matrice razzista organizzate da esponenti dell’estrema destra. La mossa di Le Pen è sembrata dunque un suo tentativo di dissociarsi dai movimenti identitari e radicali coinvolti nelle recenti violenze».

Dopo questa presa di posizione di Marine Le Pen ne è arrivata anche una dell’altro leader del Rassemblement national, Jordan Bardella, rispetto ad alcune parole sbalestrate sugli islamici francesi da parte di Michel Houellebecq. Il Rn è impegnato ad assumere sempre più un ruolo di responsabilità nazionale trovando in parte un’interlocuzione pure con i gollisti guidati oggi da un leader molto di destra come Éric Ciotti. Questi movimenti della politica francese avvengono in sintonia con quel che è successo in Italia e in Svezia, con quello che potrebbe succedere in Spagna e con lo spostamento a destra che stanno preparando in Germania i popolari con Manfred Weber (Csu) e con Friedrich Merz (Cdu). Sul Financial Times c’è chi si preoccupa di questa tendenza che potrebbe provocare pericolose chiusure nazionali, e auspica la ripresa di una corsa al centro. A me pare, invece, che la “costituzionalizzazione” delle destre radicali e la loro trasformazione in classici partiti conservatori, possa guidare quel ritorno della politica che le vicende internazionali richiedono, e aprire così la strada anche a una sinistra più legata al mondo del lavoro (vedi lo stesso Joe Biden, ma anche Olaf Scholz, i nuovi leader scandinavi) e quindi più concreta nel gestire nuovi avanzamenti della globalizzazione, peraltro assolutamente indispensabili, contenendo i possibili guasti che il necessario processo di aperture delle economie talvolta produce.

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