Hu Yaobang, il «piccolo diavolo rosso» morto 25 anni fa all’origine delle proteste in piazza Tiananmen

Senza di lui non ci sarebbe stata la protesta di piazza Tiananmen. Ed è paradossale perché non stiamo parlando di uno dei leader studenteschi (qui l’intervista di Jiang Qisheng a tempi.it) ma di Hu Yaobang, ex segretario generale del partito comunista cinese, che con la sua morte per attacco di cuore 25 anni fa, nel 1989, ha innescato il famoso moto di protesta represso nel sangue dal potere comunista.

LA LUNGA MARCIA CON MAO. Nato da una famiglia di poveri contadini, Hu ha preso parte alla Lunga marcia al fianco di Mao Zedong ma, al contrario del Grande Timoniere, si è sempre dimostrato tollerante e largo di vedute. Dopo la morte di Mao, bollato per due volte come «nemico del popolo» durante la Rivoluzione culturale e due volte salvato, ha cercato di riabilitare le vittime della persecuzione politica del 1957 (campagna contro la destra) e del decennio 1966-1976 (Rivoluzione culturale).

IDEATORE DELLE RIFORME ECONOMICHE. Fra le persone che hanno beneficiato dei suoi tentativi di riabilitazione c’è anche Deng Xiaoping, l’uomo che de facto ha preso il potere dopo Mao, «l’architetto della nuova Cina» che ha aperto il paese al mondo esterno. Ma l’uomo che ha preparato il terreno per le riforme economiche che avrebbero dovuto trasformare la Cina da uno Stato ad economia stalinista a uno ad economia di mercato è proprio Hu Yaobang.

«INQUINA LE MENTI DEL POPOLO». È a lui che Deng ha consegnato il ruolo di segretario del partito comunista cinese, carica che ha ricoperto dal 1981 al 1987 battendosi per alcune riforme che hanno poi decretato la sua fine politica: distinzione dello Stato dal partito comunista e del partito dall’economia, allentamento della censura sui giornali e addirittura una proposta per restituire al Tibet la sua autonomia.
Per queste misure «azzardate», Hu è stato accusato dai suoi compagni di voler «inquinare le menti del popolo» e nel 1987 è stato esautorato dalla sua posizione mantenendo però un posto nel Politburo, che allora contava solo 17 membri, per quanto ormai avverso alle più alte gerarchie del paese.

PIAZZA TIANANMEN. Quando il «piccolo diavolo rosso» crollò davanti ai compagni del Politburo l’8 aprile 1989 per un attacco di cuore, morendo sette giorni dopo in ospedale, gli studenti scesero in piazza Tiananmen non per chiedere la fine della dittatura del partito unico, ma per domandare una adeguata commemorazione dell’uomo che aveva suscitato «speranze di liberalizzazioni», invitando il partito a «seguire la strada che Hu ha tracciato».
Tutti sanno come reagì il partito, sotto la pressione di Li Peng e Deng Xiaoping: il 3 e 4 giugno 1989 un numero imprecisato tra 300 e tremila cinesi venne massacrato dai carri armati nelle strade adiacenti a piazza Tiananmen. Ci vollero tre giorni per lavare il sangue dalle strade.

L’OBLIO E LA RIABILITAZIONE. Oggi in Cina non è solo vietata la commemorazione dei caduti del 1989 ma anche quella di Hu Yaobang è ancora fortemente osteggiata. Condannato all’oblio fino al 2005, in occasione del 90mo anniversario dalla sua nascita è stato timidamente riabilitato. Il primo articolo ufficiale a favore di Hu, «nonostante alcuni errori commessi», risale al 2010 ed è stato pubblicato sul Quotidiano del Popolo, megafono del partito. Anche l’anno scorso un articolo è stato dedicato al politico comunista dal Liberation Daily di Shanghai: «Ora che abbiamo raggiunto una fase storica della nostra crescita abbiamo bisogno di riforme. Quindi è giusto ricordare oggi Hu Yaobang, che ha avuto determinazione e coraggio per innovare».

IL NEMICO È LA STORIA. Nonostante la parziale riabilitazione, i commenti riguardanti Hu vengono ancora cancellati sul social network cinese e una ricerca su internet con il suo nome dà pochissimi risultati. Negli anni, alcuni attivisti che hanno cercato di commemorare la sua memoria andando sulla sua tomba sono stati arrestati. A conferma che il primo nemico del partito comunista non è la popolazione arrabbiata e delusa dai continui scandali, ma la storia e le verità che porta con sé.

@LeoneGrotti

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