«L’Europa non deve seguire la Francia nella sua crociata antiamericana»

«Il patto militare tra Usa, Regno Unito e Australia non danneggia la Nato. La protesta di Parigi è esagerata. L'Europa deve risolvere la sua ambiguità con la Cina». Intervista a Pialuisa Bianco, fondatore e direttore di Longitude

Il patto militare tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito (Aukus) ha fatto perdere alla Francia una commessa importante da 34 miliardi. Nonostante questo, la protesta di Parigi «dal punto di vista politico e strategico è esagerata», dichiara a Tempi Pialuisa Bianco, fondatore e direttore di Longitude. Consigliere strategico di cinque diversi ministri degli Esteri e fondatore nel 2008 del Forum strategico del ministero degli Esteri, Bianco spiega che «Parigi cerca di trascinare sulla sua linea tutta l’Unione Europea, che però farebbe meglio a risolvere i suoi problemi».

La mossa del presidente americano Joe Biden porterà a un ridimensionamento della Nato?
Assolutamente no. È vero che l’amministrazione Biden è ondivaga dal punto di vista diplomatico e colleziona gaffe, ma l’Aukus non danneggerà la Nato, la quale ha già deciso di spostare verso il Pacifico il proprio baricentro strategico. La Francia ha interessi non solo economici nell’area – la Polinesia francese, la Nuova caledonia e migliaia di soldati dislocati – e quindi sarebbe stato logico che l’amministrazione Biden interloquisse con la Francia, ma la Francia non è la Nato.

Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha dichiarato però che la decisione Usa «peserà sul futuro della Nato» e che l’America ha dato una «pugnalata» a Parigi.
La Francia, ribadisco, non è la Nato, sebbene si atteggi a sua “coscienza critica”. Già nel 2019 Emmanuel Macron disse all’Economist che «la Nato è in uno stato di morte cerebrale». E guardando indietro si possono inanellare numerose frizioni tra Francia e Nato. Sicuramente, come tutte le istituzioni internazionali nate nel secondo Dopoguerra, anche la Nato avrebbe bisogno di un riaggiustamento storico, ma immaginarne il declino a seguito del caso Aukus è fuori posto. Il vero problema, però, è il rapporto tra Europa e Stati Uniti.

Molti osservatori ritenevano che con Biden il rapporto sarebbe migliorato, dopo le frizioni durante la presidenza di Donald Trump. Sembra invece che gli americani non ritengono più l’Europa un alleato affidabile.
Il criticismo americano verso gli alleati europei nella Nato è iniziato con Barack Obama, quando la sua amministrazione, giustamente, sollecitò gli alleati europei a fare la loro parte mantenendo il contributo Nato al 2% del Pil. In quel momento, paradossalmente, l’unico paese a contribuire nella misura indicata era la Grecia. Questo sotterraneo contenzioso è cominciato 13 anni fa ed è stato portato avanti da tutte le amministrazioni Usa, perché rappresenta un problema oggettivo. Gli Stati Uniti, in sostanza, chiedono agli alleati europei dopo 70 anni di protezione di strutturarsi e contribuire almeno economicamente, perché non è pensabile nel contesto attuale che la difesa dell’Europa sia interamente a carico dell’America.

Durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha rilanciato il tema dell’esercito comune europeo. È un obiettivo realizzabile?
È da tempo che l’Europa dice di voler diventare autonoma dal punto di vista strategico e militare. Ma ci sono diversi problemi. Il primo è politico: è difficile che i 27 paesi membri, così diversi tra loro, trovino un accordo su un tema che presenta difficoltà gigantesche, dall’organizzazione dei vertici militari all’unificazione delle forze armate. Vanno in ordine sparso sul tema dei migranti, figuriamoci sulle questioni strategiche. L’Europa dovrebbe poi cambiare rotta.

In che senso?
Oggi l’Ue partecipa a missioni di pace e umanitarie, ma non ha una sua strategia militare. Non essendo dotata di unità politica, e questo è il vero vulnus strutturale dell’Unione, non ha neanche una strategia estera coerente, ognuno va per conto suo. Ecco perché non riesce a dotarsi di una difesa comune, che infatti non esiste. In una simile situazione, disimpegnarsi dalla Nato sarebbe folle ma non mi sembra che altri paesi europei abbiano seguito la Francia nella sua crociata antiamericana.

All’assemblea Onu Biden ha adottato un tono conciliante nei confronti della Cina. La convince?
Il presidente democratico ha detto che gli Usa abbandoneranno l’interventismo a favore della diplomazia, ma la diplomazia non è una strategia di per sé, è un mezzo della strategia. Nel suo discorso il presidente ha ventilato una “Great Strategy” basata sul cambiamento climatico e sulla pandemia. Ma è insufficiente, perché ci sono problemi urenti nell’equilibrio del mondo e bisogna avere posizioni chiare.

E Bruxelles le ha?
No, l’Europa è ambigua sui grandi fronti strategici, a cominciare da quello della Cina. A fine dicembre ha annunciato la chiusura delle trattative per un grande accordo commerciale (Cai), poi lo ha rivisto, successivamente ha dichiarato che Pechino è un rivale sistemico, fermo restando che bisogna dialogare sui temi economici. Prima o poi però questa strategia ondivaga dovrà essere chiarita, perché la Nato ha senso in quanto frutto di un Occidente unito. In questo momento, la Cina appare ammaccata, basta vedere il caso Evergrande, ma come gli Stati Uniti è una potenza strutturata, con un chiaro interesse nazionale e i mezzi per perseguirlo. L’Europa in questo scenario rischia purtroppo di essere il vaso di coccio tra vasi di ferro.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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