La Spagna vuole smantellare l’obiezione di coscienza

Dopo la ley trans il ministro Montero punta all'aborto liberissimo: no ai tre giorni di riflessione, no al consenso dei genitori per i minori, no ai camici obiettori, sì alle pene per i gruppi provita. Medici in rivolta

Irene Montero, tra i cinque ministri di Podemos rimasti in carica dopo il rimpasto di Sánchez (foto Ansa)

«La Spagna è pronta a depenalizzare definitivamente l’aborto», «il diritto dei medici all’obiezione di coscienza non può essere superiore al diritto di scelta delle donne». Incassata la vittoria sulla ley trans che consentirà il cambio di sesso all’anagrafe a partire dai 12 anni, Irene Montero punta a smantellare la legge sulla salute sessuale e riproduttiva.

Per il ministro dell’Uguaglianza è inammissibile che un medico si metta di mezzo tra un bambino e il diritto una donna di sopprimerlo in «un ospedale pubblico, vicino a casa, scegliendo il metodo preferito». La riforma, a cui sta lavorando da un anno e presentata l’8 luglio scorso a un convegno organizzato dall’Istituto delle donne, si riassume in quattro obiettivi.

Montero ripensa l’aborto in Spagna

Il primo: eliminare il periodo di tre giorni di riflessione prima di interrompere la gravidanza. Il secondo: inasprire le pene, contemplando anche la detenzione, per i gruppi di aiuto alla vita che si trovano in prossimità di cliniche per offrire informazioni alle madri (c’è una legge ad hoc, presentata dal Psoe: accusati di “molestie” anche solo a mezzo banchetto o distribuzione di volantini gli attivisti possono essere condannati al carcere da 3 mesi a un anno).

Tre: eliminare il consenso dei genitori previsto per i minori che vogliono abortire. E soprattutto: limitare l’obiezione di coscienza del personale sanitario. Il messaggio che Montero entusiasta vuole lanciare alla Spagna è che «le decisioni delle donne non hanno bisogno di alcuna supervisione». Né di inutili momenti di riflessione, come richiesto più volte dall’Associazione delle cliniche autorizzate all’interruzione di gravidanza (Acai) che vorrebbe per la Spagna una legge analoga a quella francese, dove il “reato di intralcio all’aborto” è stato esteso anche a internet. Questo significa che non è possibile fornire informazioni ma nemmeno pubblicare testimonianze di donne che hanno descritto la loro scelta di interrompere la gravidanza come controversa e dolorosa.

Il diritto dimenticato

Non fa i conti, Montero, con i medici. Medici che al pari delle donne godono del diritto considerato “fondamentale” dalla Corte costituzionale all’obiezione di coscienza «quando deriva da un imperativo morale legato alla vita come l’aborto e l’eutanasia». In altre parole, come ha chiarito il presidente del Comitato di Bioetica della Spagna, Federico De Montalvo, lo Stato è obbligato a garantire che qualsiasi donna possa accedere a un Ivg, ma anche che un medico possa opporsi e che non debba essere discriminato per questo.

In Spagna non esiste un registro pubblico degli obiettori di coscienza (solo la comunità di Navarra ne ha uno), ma è tutelato il diritto della gestante a ricevere l’aborto nei centri accreditati qualora il servizio sanitario pubblico non riuscisse a fornire il servizio richiesto nei tempi giusti. Di quanti “servizi” stiamo parlando? Secondo i dati del ministero della Salute, nel corso del 2019 in Spagna sono stati eseguiti 99.149 aborti, 3.232 in più rispetto al 2018.

Medici in rivolta

È una riforma «cattiva, inaccettabile, illegale e ingiusta»: così Il Consiglio generale dell’ordine dei medici si è scagliato contro Montero e la sua stigmatizzazione del “medico obiettore”. Secondo i dottori tocca ai servizi sanitari e sociali svolgere bene il proprio lavoro, organizzando e gestendo il personale per garantire il supporto alle donne che intendono abortire, ed è di misure per garantire che le cose funzionino con le risorse adeguate che dovrebbe occuparsi la politica. Non di coscienza.

«L’obiezione di coscienza del personale sanitario è un diritto individuale di cui può avvalersi chiunque ritenga che una pratica o una procedura vada contro le proprie convinzioni» mentre «la garanzia che un’offerta del sistema sanitario nazionale sia disponibile e accessibile, trascende la sfera individuale, si articola attraverso le reti sanitarie e ha come protagonisti i dirigenti, anziché i medici».

«Non siamo un capro espiatorio»

Regolamentare, come dice Montero, ovvero «rendere difficile l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza mettendo regole e paletti è inopportuno, ma è anche particolarmente ingiusto»: colpevolizza il medico, lo rende il capro espiatorio di una gestione inappropriata delle risorse del servizio sanitario, fa della coscienza individuale motivo di biasimo pubblico, non solo dei pazienti ma di interi settori della società.

Ancora più ingiusto «in un momento in cui, in una situazione di crisi e pandemia, i poteri pubblici hanno accumulato un enorme debito morale nei confronti della professione medica e con le altre professioni sanitarie. E il modo più sbagliato per onorare questo debito è sobillare conflitti sopiti o usare un gruppo molto danneggiato e maltrattato come alibi per dar vita a politiche che non sono state progettate con la competenza tecnica, o con le risorse materiali necessarie».

Dalla ley Celaá alla ley trans

Ma Montero ragiona per slogan. Dopo aver affossato le scuole paritarie e la libertà di educazione con la ley Celaá (da Isabel Celaá, ministro alla Pubblica Istruzione secondo la quale «i bambini non appartengono ai loro genitori»), trasformato la Spagna nella mecca di eutanasia e suicidio assistito con la legge firmata dal ministro Salvador Illa («Non potevano rimanere impassibile davanti a una sofferenza insopportabile»), spianato la strada all’autodeterminazione di genere assumendo l’agenda Lgbt quale agenda di Stato grazie alla ley trans voluta da Montero stessa, Sanchez è passato al rimpasto di governo, salvando solo i ministri nominati da Podemos.

Spagna e autodeterminazione

Tra i sette ministri uscenti anche la vicepresidente Carmen Calvo, madrina della legge sulla Memoria democratica e acerrima nemica della radicale Montero, portavoce del femminismo tradizionale che si era sollevato contro la legge trans. A “liberare le donne” e “consolidare i diritti femminili” travolgendo quelli dei medici e quelli delle madri ad essere informate resta Montero. La paladina della moltiplicazione dei diritti e delle categorie protette da difendere.

E c’è da chiedersi che conseguenze potrebbe avere limitare a mezzo legge l’obiezione di coscienza e le attività dei gruppi provita, in un paese che celebra le transizioni di genere e dove è consentita non solo l’eutanasia ma anche il suicidio assistito. Il diritto dei medici all’obiezione «che non può essere superiore al diritto di scelta delle donne» lo sarà rispetto al diritto all’autodeterminazione, quello invocato per ricevere trattamenti ormonali finalizzati alla gender transition o ancora farmaci letali per porre fine alla propria vita?

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