Se ci fosse un sindacato dei topini nel formaggio, Renzi sarebbe il segretario

Matteo Renzi in Senato con Pier Ferdinando Casini e Andrea Marcucci (foto Ansa)

Sul Sussidiario Antonio Fanna scrive: «Ma Letta ha trasformato l’attuale presidente in una ri-candidatura di parte e farlo votare da gruppetti disparati non cambia la vernice dell’operazione, che rimane giallorossa». Tra le altre incognite della travagliata vicenda quirinalizia in corso c’è la specifica inettitudine di Lettino, capace solo di frasi retoriche e mai di una qualche seria iniziativa politica.

Su Huffington Post Italia Franco De Benedetti scrive: «La richiesta che Draghi continui a presiedere questo governo, fatta evidentemente per eliminare un concorrente molto temibile per il Quirinale, ha la conseguenza non intenzionale di diventare una mozione di fiducia senza se e senza ma. C’è da chiedersi se quelli che la propongono sappiano quello che fanno». Lo sforzo di Franco De Benedetti di razionalizzare il caos espresso da questo Parlamento sostenendo che alla fine rafforza Mario Draghi, è ammirevole nelle intenzioni e ridicolo nelle conclusioni.

Su Huffington Post Italia Gianfranco Rotondi scrive: «Quale che sia l’esito della giornata e della settimana quirinalizia, un risultato già si staglia visibile e poderoso agli occhi degli appassionati di politica: la terza vita di Matteo Renzi da “motore immobile” della politica italiana». Se dopo le vicende quirinalizie a cui abbiamo assistito, si costituirà un sindacato dei topini nel formaggio che con calore e intelligenza difendono il loro diritto a una “fettina”, Renzi ne sarà senza dubbio il segretario e Rotondi il vice (con Pier Ferdinando Casini presidente onorario).

Su Formiche Corrado Ocone scrive: «La particolarità di questa elezione del presidente della Repubblica è che le alleanze, e a volte persino le forze politiche che le compongono, non sono salde e coese al loro interno come una volta. Accade nel Pd, ove il fronte anti-Draghi è più ampio di quanto si pensi (ed è un fronte ostile al segretario); accade nel Movimento 5 stelle, ove la rivalità fra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte è abbastanza evidente; e accade nel centrodestra tutto insieme considerato. Non si tratta, in verità, in quest’ultimo caso, solo della rivalità, che pure c’è, fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni per la leadership». Se tagli la linfa (cioè la base elettorale delle scelte) dell’albero della politica come ha fatto Giorgio Napolitano dopo il 2011, i frutti non possono che diventare marci.

Su Startmag Francesco Damato scrive: «L’indebolimento di Draghi, rappresentato a destra e a sinistra, dal Giornale della famiglia Berlusconi a quello di Marco Travaglio, come un uomo dalle sfrenate ambizioni personali, o come un presidente del Consiglio che vorrebbe “fuggire” al Quirinale per avere sbagliato tutto a Palazzo Chigi, si è tradotto in quello del governo. Che nessuno tuttavia sa come sostituire, tanto che gli stessi critici di una candidatura del presidente del Consiglio al Colle vorrebbero inchiodarlo dov’è. È una fiera di incongruenze da tragicommedia». Il problema della politica italiana (ma anche dell’opinionismo più qualificato) è che non affronta apertamente le questioni che ha di fronte a sé e che non sono solo l’emergenza pandemica e la necessità di attuare gli investimenti previsti dal Pnrr, ma anche quello di rilegittimare le istituzioni e rilanciare la politica chiedendo un mandato alla sola fonte che lo può dare, il voto popolare. Matteo Salvini nascondendo questo problema (anche per paura dei desperados del Parlamento) ha indebolito la sua iniziativa e non ha messo così alla testa delle sue scelte l’opzione principale: un Mario Draghi al Quirinale che portasse al voto il più presto possibile. C’è tempo per rimediare? Non so, certo che va esclusa la scelta di un ripescaggio di Sergio Mattarella, magari applaudita sul momento, ma che nel medio periodo aprirebbe una crisi della politica ancor più grave di quella provocata dal “rieletto” Giorgio Napolitano.

Su Atlantico quotidiano Federico Punzi scrive: «Se ci mettiamo in fila per entrare in un negozio o al supermercato, possiamo metterci in fila anche per votare. La democrazia non è meno importante dello shopping». Perfetto. Al voto! Al voto! Questo Parlamento alla sbando non può durare, è urgente rilegittimare le istituzioni fondamentali della Repubblica.

Su Fanpage Maurizio De Santis scrive: «Il ritorno di Mario Balotelli in Nazionale è una piccola rivincita verso quel calcio che non ha creduto più in lui». Si tratta di un messaggio subliminale di sostegno alla candidatura di Pier Ferdinando Casini?

Su Dagospia Elio Vito dice: «La scriteriata decisione dei leader del centrodestra di non partecipare alla votazione ha dimostrato solo che il centrosinistra, con 538 votanti, è autosufficiente per eleggere il presidente della Repubblica». Che esista una maggioranza parlamentare che va dal trio Calenda/Renzi/Bonino alla banda Conte & soci passando per le tribù Pd ed ex Pci, si sapeva. Ma è una maggioranza numerica, non politica, e che uccide il governo di unità nazionale. Vito è uno dei tanti desperados di Forza Italia che direbbero la qualunque per 5 secondi di esposizione mediatica.

Su Formiche si riporta questa frase di Matteo Renzi: «La prossima volta spero che il presidente sia eletto dai cittadini». Come ha già fatto sull’abolizione del Senato, quell’avventuriero che è il furetto di Rignano tratta delicate questioni di riforma costituzionale come merce per acquisire spazio (ormai spazietto) di visibilità personale. Le persone serie dovrebbero porre la questione di una nuova costituente: la Carta fondamentale dello Stato deve avere una logica unitaria come ce l’ha quella del 1947, ha bisogno di pesi e contrappesi, non va cambiata a forza di slogan.

Su Leggo si scrive: «Il giornalista approfitta poi della vicinanza con Giuseppe Conte per tirargli i capelli: “Dimostrami che sono veri e che non ti sei fatto il trapianto”. Per poi confermare: “Sono i suoi!”. Come si dice? A mali estremi, estremi rimedi». Ecco una notizia clamorosa: in Giuseppe Conte alla fine c’è qualcosa di vero.

Sul Blog di Beppe Grillo si scrive: «Aerei che decollano senza nessun passeggero a bordo. Sono i “voli fantasma” del trasposto aereo: si alzano nel cielo, vuoti o semivuoti, a volte solo intorno ad un aeroporto, semplicemente perché le compagnie aeree possano mantenere i diritti di tratta, ovvero gli slot di decollo e atterraggio». Il senso di questa sparata? Ma perché mai prendere l’aereo quando ci sono navi da crociera così comode.

Su Strisciarossa Federico Micari scrive: «L’astensione è un dato preoccupante e deve allarmare anche chi esce vittorioso dalle recenti competizioni elettorali. Ma il punto centrale nell’interpretazione del non voto resta uno: per invertire la protesta contro la politica, serve la politica». Nelle recenti elezioni suppletive per il collegio romano Lazio 1 – 01 ha votato solo l’11 per cento degli aventi diritto. A Milano molti sono preoccupati che per scegliere il sindaco, un tempo la figura più legata ai cittadini, abbia votato meno del 50 per cento dei potenziali elettori. Da soglie fisiologiche di astensionismo si stanno raggiungendo livelli patologici. E ha ragione Micari: il vuoto della politica si riempie solo con la politica.

Sul Post si scrive: «L’esercito del Burkina Faso, paese dell’Africa occidentale con circa 21 milioni di abitanti, ha dichiarato di aver destituito il presidente Roch Kaboré, di aver sospeso la Costituzione, sciolto governo e Assemblea nazionale e chiuso i confini». Dal Mali all’Algeria, dalla Libia al Burkina Faso, la politica francese per l’Africa sta subendo sconfitte pericolose per tutto l’Occidente. Qualcuno dovrebbe chiedersi se le presidenze Jupiter e le centralità delle tecnocrazie, invece di una vera politica (che non può non essere di destra o di sinistra), siano sul serio il rimedio per le nostre democrazie.

Su Atlantico quotidiano Michele Marsonet scrive della rivolta contro J. R. R. Tolkien: «Gli orchi, orrende creature al servizio delle forze del Male, anzi vere e proprie truppe d’assalto da esse utilizzate in ogni battaglia, secondo i wokisti sarebbero vittime di una rappresentazione razzista (sic)». Il mondo immaginato in 1984 da George Orwell con le sue neolingue (il wokismo) e la riscrittura della storia (la cancel culture) è ancora assai attuale.

Su Startmag Giuseppe Gagliano scrive: «Ma c’è infine un altro elemento che si tende a dimenticare: l’economia green si fonda proprio sullo sfruttamento delle terre rare, cioè si fonda sulla necessità di costruire enormi infrastrutture minerarie con un rilevante impatto ambientale. L’energia nucleare è pericolosa in relazione soprattutto alle scorie e al loro smaltimento; il petrolio è l’incarnazione stessa del demonio; le infrastrutture minerarie hanno un impatto ambientale inaccettabile ed enorme. Quindi, concretamente, in quale modo le civiltà cosiddette industrializzate in Europa – e non – dovrebbero alimentarsi? Con il discorso degli intellettuali?». Come separare la lotta per migliorare l’ambiente dal diffondersi di un pensiero magico, è una delle questioni fondamentali della nostra epoca.

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