Molte scuse a Scruton per il licenziamento. Basteranno?

Prima il giornale che ha distorto le sue parole, poi il ministro che lo ha licenziato, ora Theresa May in persona. Il filosofo davanti alla «crisi morale» dei conservatori britannici

Chissà se Sir Roger Scruton accetterà le scuse del ministro dell’Edilizia abitativa James Brokenshire e del governo di Londra. Non è una domanda di gossip politico, perché l’episodio che ha messo i due uno contro l’altro non è una banale lite personale. Scruton è il massimo punto di riferimento del pensiero conservatore nel Regno Unito, e del Regno Unito Brokenshire è un ministro espressione dei tories, ossia del Partito conservatore. Anche solo per questo, il caso si è caricato di enormi significati simbolici. Ovvio che la domanda interroghi tanti osservatori.

Come abbiamo scritto a metà aprile, Scruton è stato brutalmente licenziato dall’incarico di presidente della commissione “Building Better, Building Beautiful”. A levargli l’incarico, per altro svolto gratuitamente, è stato proprio il ministro Brokenshire, dal quale dipende la commissione, deputata a offrire al governo di Londra consigli per lo sviluppo armonico e il miglioramento architettonico dei centri urbani del paese. L’aspetto che ha reso esplosiva la vicenda è la motivazione della cacciata di Scruton: perché il ministro ha deciso che il filosofo non era più degno del compito sulla base di alcune affermazioni attribuite a quest’ultimo da un giornale, segnatamente il New Statesman, una rivista che – per farla breve – non ha alcuna simpatia verso i conservatori.

UN’OPERAZIONE PERFETTAMENTE RIUSCITA

Essendo stato egli stesso in passato firma del New Statesman, Scruton aveva deciso di fidarsi, accettando di toccare, nell’intervista propostagli da George Eaton, anche argomenti molto “sensibili”. Solo per doversene pentire, però. Nella prima versione pubblicata dalla rivista, infatti, la sua intervista conteneva dichiarazioni tagliate (azzoppate) che lo facevano apparire razzista nei confronti di ebrei, musulmani e cinesi. E in quanto tale Scruton è stato denigrato sui social media dall’autore dell’intervista.

Ne è seguita la solita, prevedibile, scandalizzata “tempesta di Twitter”, che ha spinto il ministro Brokenshire a licenziare il filosofo senza neanche preoccuparsi di sentire la sua versione. Peccato che l’intervista fosse, appunto, fortemente manipolata, come è emerso chiaramente quasi subito. Parimenti, fin da subito la cacciata di Scruton ha lasciato di stucco molti commentatori di diversa estrazione, compresi diversi fieri avversari politici dei conservatori come i marxisti libertari di spiked (si veda per esempio il commento di Frank Furedi). Nemmeno in Italia il pasticcio è passato inosservato. Noi abbiamo ripubblicato la preoccupata riflessione di Sergio Belardinelli per Vita e Pensiero.

MARCIA INDIETRO

Nel frattempo, il New Statesman è stato costretto a smontare la sua operazione: ha dovuto, fra le altre cose, pubblicare la trascrizione integrale del colloquio tra Eaton e Scruton (nemmeno questa del tutto precisa, secondo il filosofo); mettere a disposizione la registrazione audio dell’intervista; cancellare dai profili social le foto in cui il giornalista brindava al licenziamento del «razzista e omofobo di destra» Scruton (per la gioia di tutti quelli che lo disprezzano per la sua pretesa di pensarla liberamente); infine presentare le sue scuse ufficiali.

LA LETTERA DI BROKENSHIRE

La settimana scorsa sono arrivate anche le scuse del ministro Brokenshire, via lettera pubblicata dallo Spectator, il settimanale per cui scrive principalmente Scruton e suo difensore numero uno in questa rissa. Nella lettera, il ministro invita il filosofo anche a tornare a far parte del comitato da cui lo ha espulso:

«Sono lieto anche che il New Statesman abbia pubblicato una rettifica all’intervista originale, che non rappresentava correttamente e interamente le sue idee come avrebbe dovuto. Come sa, mi rincresce che la decisione di rimuoverla dalla presidenza della Commissione sia stata presa nel modo in cui è stata presa. Mi dispiace: soprattutto perché è avvenuta sulla base di un resoconto chiaramente parziale del suo pensiero.

Sto ora valutando la prossima fase del lavoro della Commissione. Se lo desidera, vorrei invitarla a un incontro per discutere di tale lavoro e di quale ruolo lei sarebbe disposto a svolgere nel portare avanti l’importante agenda che interessa tanto a entrambi».

L’OFFERTA DEL PREMIER

A quanto pare, oggi la stessa premier dimissionaria del governo conservatore, Theresa May in persona, avrebbe offerto di nuovo a Scruton il posto che gli è stato tolto. A oggi, tuttavia, non è dato sapere se lui accetterà. Pare che Scruton e Brokenshire si incontreranno prossimamente, così per lo meno ha detto alla Bbc un portavoce del ministro.

«SONO GRATO AL NEW STATESMAN»

Qualche indizio si può provare a desumere dalla nota diffusa dal filosofo l’8 luglio scorso in seguito al comunicato di scuse del New Statesman. Una giudizio chiarissimo sula «crisi» dei conservatori britannici:

«Questa esperienza è stata molto spiacevole, non da ultimo per i giudizi affrettati di media e politici. Mi ha particolarmente umiliato il comportamento del ministro, che mi ha licenziato in forza dell’articolo del New Statesman senza nemmeno chiedermi se riportasse correttamente quel che avevo detto. Mi hanno stupito anche i commenti di Downing Street e il fatto che il Partito conservatore non abbia fatto alcuno sforzo nel suo insieme per difendermi. Sono grato al New Statesman quanto meno per questo: questi fatti umilianti mi hanno fatto rendere conto della autentica crisi morale del Partito a cui, nonostante tutto, ancora appartengo».

Foto Alexandros Michailidis/Shutterstock

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