Mettiamo alla prova il prodiano e la ciellina

I due nuovi ministri all'Istruzione e alla Giustizia provengono da due mondi cattolici molto distanti. Vogliamo dare loro una chance?

Verrà il tempo in cui dichiararsi delusi o avanzare critiche, ma – al momento – noi una chance al prodiano e alla ciellina la vorremmo dare. Stiamo parlando di Patrizio Bianchi, nuovo ministro dell’Istruzione, e di Marta Cartabia, neo guardasigilli.

Sui due, va detto, esiste un pregiudizio, positivo in un caso (Bianchi) e negativo nell’altro (Cartabia), per via della loro appartenenza a due mondi molto differenti del cattolicesimo italiano. Bianchi è presentato come un uomo di sinistra, giro il Mulino, radici a Ferrara, dove è stato rettore dell’Università, “prodiano” nel senso che ha relazioni con quel mondo senza però essere un dossettiano di stretta osservanza. È stato per dieci anni assessore all’Istruzione in Regione dove, si dice, abbia fatto un buon lavoro. È descritto come un gran lavoratore, testa fina, abile mediatore. Enorme e coraggioso fu il suo lavoro per riconsegnare una scuola agli studenti dopo il terremoto del 2012: in poco tempo fu capace di riportare a lezione gli alunni della regione, studiando, di volta in volta, la strategia più efficace per non far perdere loro nemmeno un’ora.

Autonomia e paritarie

Bianchi catturò la nostra attenzione durante il primo lookdown quando fu nominato da Lucia Azzolina a capo di quella task force che avrebbe dovuto fornire un piano per la gestione e la ripresa della scuola. “Avrebbe dovuto” non per colpa sua, ma per colpa del ministro, perché Bianchi il suo piano lo presentò, ma Azzolina lo cestinò senza troppo garbo istituzionale. In verità, in quel documento erano rintracciabili tante buone idee che, allora, ci incuriosirono. In particolare certi riferimenti all’idea di autonomia e uno sguardo positivo sull’indispensabile collaborazione tra scuola statale e scuola paritaria, di cui, sempre in quel piano, si caldeggiava un sostegno:

«Il Comitato suggerisce sia prestata particolare attenzione alla circostanza che ove, per ipotesi, si determinasse la chiusura del 15% delle scuole paritarie no profit (circa l’85% del totale di scuole paritarie), occorrerebbe accogliere nelle scuole statali o paritarie degli enti locali circa 100.000 nuovi studenti. Questo proprio in coincidenza con l’esigenza di distanziamento anche in queste ultime e dunque di reperimento di maggiori spazi».

Soprattutto, in alcune interviste Bianchi si dimostrò molto aperto a intendere la scuola non come un fornitore di meri servizi, ma come un ambito educativo, legato a un territorio e a una comunità, di cui si chiedeva il coinvolgimento. Dunque come un “luogo” che ha sue specifiche caratteristiche e una chiara missione che non può essere abbandonata a cuor leggero, intendendo la dad come una soluzione rapida e indolore. Non ci sembra un caso, insomma, se a noi piacque, mentre ad Azzolina spiacque moltissimo, tanto da cestinare sbrigativamente il suo lavoro.

Quota Quirinale

Cartabia è cattolica, «autentica nostra risorsa» ha detto ieri Giorgio Vittadini a Repubblica, “ciellina” o “vicina agli ambienti di Cl” che dir si voglia. Chiaro che, a differenza di Bianchi, cui nessuno rimprovera le sue amicizie prodiane, per Cartabia la questione sia più complicata. Così, mentre Il Fatto e Il Domani la attaccano a testa bassa, Repubblica e altri giornali d’establishment precisano ogni volta che è «studiosa del pensiero di don Giussani» o, «in gioventù», è stata di Comunione e liberazione. Allo stesso modo, l’altro giorno sul Tempo si riportava sia l’attacco del senatore Tommaso Cerno (perché Cartabia è contraria al «matrimonio omosessuale») sia la difesa del segretario generale dell’Arcigay, Gabriele Piazzoni, che ricordava che quelle erano le sue posizioni del 2014, «prima delle unioni civili, da allora non ha più proferito parola. Sono passati ben sette anni da allora».

Tocca forse ai giornali fare gli esami del sangue a Cartabia per sapere quanti globuli ciellini contengano? Per quanto riguarda Tempi, se avremo qualcosa da dire nel merito del suo agire, lo faremo come abbiamo sempre fatto. Il suo curriculum parla chiaro e la stima di Giorgio Napolitano, prima, e di Sergio Mattarella, poi, hanno fatto il resto (quindi, sia detto tra parentesi, più che “quota Cl” la sua è “quota Quirinale”). In ogni caso, aver mandato a casa Alfonso Bonafede è già una soddisfazione. Anche solo avere un ministro competente e non turbomanettaro e ultraforcaiolo è un notevole passo avanti. Più interessante sarà valutarla nel merito delle scelte che dovrà compiere, essendo la giustizia uno degli ambiti infuocati di questo paese su cui, tutti i politici, prima o poi, hanno finito per scottarsi. Lo vedremo presto: domani si dovrebbero votare due emendamenti al Milleproroghe per abrogare la riforma sulla prescrizione.

La giustizia si occupa di te

A proposito di scottature. Negli ultimi mesi, un principio d’ustione l’ha già avuto la Cartabia stessa, come ricordato domenica sul Corriere da Luigi Ferrarella:

«Siccome i copioni orchestrati dalla realtà sono sempre più spiazzanti delle sceneggiature di Cesare Zavattini e Woody Allen, la medesima amministrazione giudiziaria-penitenziaria che poche settimane fa negò a un detenuto per mafia al 41-bis nel carcere di Viterbo di poter acquistare il libro della costituzionalista Marta Cartabia e del criminologo Adolfo Ceretti sul senso della pena nelle riflessioni anni 80 del cardinale Carlo Maria Martini, con la motivazione che sarebbe stato “un privilegio” in grado di “accrescere il carisma criminale” del detenuto, da ieri al suo vertice ha proprio l’autrice di quel libro».

Si vedrà, dunque, se Cartabia si limiterà a gestire l’esistente senza spiacere a nessuno o se avrà il coraggio di andare a toccare certe tematiche e certi poteri (spazzacorrotti, prescrizione, Anm, Csm, carceri). Se fossimo nei panni del neo guardasigilli ci ricorderemmo sempre che in Italia se non ti occupi di giustizia è la giustizia che, prima o poi, si occupa di te. E lo fa non in base a quello che fai, ma in base a quello che pensa che tu sia.

Foto Ansa

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