A Meloni, La Russa & bros mancava l’accusa di essere poco fascisti

La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni con Ignazio La Russa (foto Ansa)

Sul Sussidiario Giuseppe Galiano scrive: «La nuova divisione delle zone di influenza si svolge così in occasione di questo conflitto: l’intervento militare della Russia è un’opportunità per gli Stati Uniti di cercare di indebolire Mosca con massicce consegne di armi all’Ucraina, attraverso la quale conduce una guerra per procura contro la Russia e allo stesso tempo spinge alla “otanizzazione” dell’Unione Europea, destinata a diventare un’appendice della Nato».

È possibile che il destino dell’Europa di fronte a un compattamento russo-cinese sia necessariamente quello di diventare un’appendice di una Nato guidata saldamente dagli Stati Uniti. Sarebbe però interessante che l’accettazione di un tale “destino” venisse vagliata da una discussione pubblica criticamente consapevole, non solo da una esclusivamente retorica e propagandistica.

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Su Huffington Post Italia Alessandro De Angelis scrive: «Se questi sono fascisti, possiamo stare tranquilli. E chissà che direbbe, se potesse parlare, quel mezzo busto del Duce in casa dell’aspirante presidente del Senato. Quando c’era lui, si marciava sulle Camere, mica si marciva in una trattativa dal sapore del crepuscolo democristiano, senza la professionalità dei democristiani che queste cose le sapevano fare».

Nell’organizzare l’opposizione al futuro governo Meloni ogni mezzo è lecito, persino l’accusa a Fratelli d’Italia di essere poco fascisti. In realtà oltre al propagandismo de’ sinistra a cui corrisponde la tradizionalmente scarsa capacità di manovra della stampa di destra, sarebbe bello che esistesse in Italia anche un’area di media che analizzassero la situazione non solo in termini di schieramento. Questo servirebbe anche a contenere certe richieste nel centrodestra oggi possibili perché tutto quello che aiuta a colpire Giorgia Meloni è benedetto.

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Su Open si scrive: «Il presidente della Francia Emmanuel Macron vuole proporre a Mario Draghi il posto di segretario generale della Nato. Anche se il premier italiano non pare interessato ad avere altri incarichi dopo Palazzo Chigi. Oggi alle 19 è in programma all’Eliseo una cena tra i due».

Mentre la magistratura gli mette sotto accusa il primo ministro, quello della Giustizia e il segretario generale dell’Eliseo, mentre inizia con gli operai delle raffinerie una serie di scioperi, mentre gli Stati Uniti gli vendono al gas a quattro volte tanto il prezzo di costo e lui cerca una rivalsa aiutando Riyad a resistere a Washington, al fantasioso presidente francese viene in mente di trattare l’Italia come una colonia, infischiandosene del voto del 25 settembre e intervenendo sulla politica del nostro paese prima che si sia formato un governo scelto dagli elettori.

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Su Dagospia si riprende dall’Ansa Nicola Zingaretti che dice: «L’iniziativa di Conte per rafforzare i 5 stelle è assolutamente legittima in una democrazia. C’è una trasformazione di questo movimento guidato da questa leadership. Non dobbiamo demonizzare i tentativi di costruire un rapporto con il paese che rafforzi l’opposizione. Noi come Pd dobbiamo aprire in fretta una fase di nuovo radicamento sociale, politico e culturale raccogliendo il segnale delle elezioni».

Il Pd dei cacicchi (presidenti di Regione, sindaci e quant’altro) sceglie bettinianamente “l’uovo oggi”, cioè un fronte democratici-5 stelle competitivo nelle elezioni amministrative, piuttosto che pensare alla “gallina di domani”, cioè a una sinistra non condizionata da un rapporto stretto con Pechino.

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