Le vere priorità dei giovani in Italia, oltre “le tende”

Studenti universitari in protesta con le tende contro il caro affitti davanti alla Regione Piemonte, Torino, 16 maggio 2023 (foto Ansa)

Su Huffignton Post Italia Luca Ricolfi dice: «Il faro è l’articolo della Costituzione secondo cui capaci e meritevoli devono raggiungere il grado massimo degli studi, anche se privi di mezzi. È imbarazzante che l’agenda politica sia dettata dall’emotività mediatica».

Ricolfi ammira la capacità degli studenti “in tenda” di attirare l’attenzione sulle carenze di ospitalità a Milano, ma spiega anche che farsi trascinare dalle invenzioni rese possibili dai nuovi social fa perdere di vista le priorità, tra le quali c’è l’attuazione dell’articolo della Costituzione che chiede di sostenere i “capaci e meritevoli” anche se privi di mezzi.

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Su Affaritaliani si scrive: «Non s’arresta l’emergenza Neet (Not in Education, Employment or Training) in Italia: continua a crescere il numero di giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano. Un fenomeno che colpisce, secondo i dati Istat 2021, ben il 24 per cento dei ragazzi di età compresa tra i 15 anni e i 28 anni, e in netto aumento dal periodo post pandemico in poi. In particolare, secondo l’ultimo report Invalsi, gli studenti che hanno conseguito il diploma ma non hanno raggiunto le competenze necessarie per entrare nel mondo universitario e lavorativo sono passati dal 7,5 per cento nel 2019 al 9,8 per cento nel 2021. In più, dal rapporto di AlmaLaurea 2022, emerge un calo delle immatricolazioni di circa il 3 per cento rispetto all’anno accademico 2020-2021, con un decremento più evidente negli atenei del Sud Italia: in calo del 5 per cento».

Più che gli alloggi degli studenti il problema che ha di fronte l’Italia è che tra “reddito di cittadinanza” e aspirazione a quella “società signorile di massa” che ha descritto Ricolfi, si sta perdendo l’idea del lavoro come un valore fondamentale per la coesione e lo sviluppo, con l’effetto economico di imprese alle quali manca un 50 per cento di tecnici qualificati.

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Su First online si scrive: «A 3 anni dal conseguimento del titolo di studio lavora il 71 per cento dei diplomati e il 68 per cento dei qualificati. Fadda, presidente Inapp: ”Percorsi dell’Iefp rappresentano probabilmente il luogo di incontro più promettente tra mondo della formazione e mondo del lavoro”».

First online pubblica un’interessante indagine nella quale si dimostra che se la sinistra invece di inseguire l’ideale di una società signorile di massa, difendesse il valore del lavoro, la questione dell’occupazione giovanile e dell’estendersi del fenomeno dei Neet si ridurrebbe drasticamente. Lo stordimento di una sinistra che ha oggi il suo cuore nelle “zone a traffico limitato” delle grandi città, invece che nelle periferie e nei comuni popolari, ha fatto sì che si arrivasse ad accusare di classismo chi difendeva l’istruzione professionale e tecnica, perché tutti gli studenti dovrebbero fare il liceo. Insomma una specie di riedizione delle brioche di Maria Antonietta.

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Su Formiche il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, dice: «Tenere insieme territori, cultura e identità è una ricetta vincente. Il settore artigiano è caratterizzato da imprese diffuse sul territorio che sono parte integrante del tessuto economico e ne forgiano l’identità. Non a caso Confartigianato parla di imprese a valore artigiano per esprimere il valore di tutto ciò. Una simbiosi e una sinergia che sui territori le imprese a valore artigiano intrecciano con la cultura e l’identità. Valorizzare il Made in Italy significa sostenere un modello di impresa che rappresenta la seconda economia manifatturiera in Europa ed è apprezzato in tutto il mondo per la qualità e la bellezza dei prodotti, coniugando tradizione e innovazione, creatività e unicità».

C’è chi, anche con buoni argomenti, ha criticato Giorgia Meloni e la sua idea di istituti scolastici mirati a sostenere le eccellenze nazionali concentrate nei settori definiti del Made in Italy. Non è irragionevole chiedere a chi ci governa non solo slogan ma anche progetti articolati che tengano conto pure delle realtà già esistenti. Però, ogni tanto, un po’ di propaganda per definire un orizzonte alle proposte più precise e qualificate non guasta. Naturalmente la propaganda serve se chi poi deve preparare le “proposte precise e qualificate”, si mette a lavorare seriamente. E magari potrebbe essere utile per promuovere movimenti giovanili concentrati sui veri obiettivi necessari per le nuove generazioni, cioè un po’ oltre “le tende”.

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