La Moratti pare troppo pure per questo Pd pronto alla qualunque per il potere

Letizia Moratti, candidata del Terzo Polo alla presidenza della Lombardia, fino a due settimane fa assessore alla Sanità della giunta di centrodestra (foto Ansa)

Su Fanpage Daniele Angrisani scrive: «Stando alle valutazioni della società di analisi dei dati democratica Catalist, anche il 2022 sarà alla fine molto più vicino al 2018 come affluenza che alle elezioni di medio termine degli anni precedenti. Molti analisti ritengono ormai che gli Stati Uniti abbiano raggiunto un nuovo livello di partecipazione alle urne più alto che in passato, alimentato dall’altissima polarizzazione politica e dalla paura degli elettori di ciascun partito nei confronti dell’altra parte. Questo potrebbe spiegare perché i sondaggi non sono riusciti a cogliere la sensazione di malessere diffusa tra i democratici, cresciuta dopo l’annullamento della sentenza Roe v. Wade da parte della Corte suprema e le udienze della Commissione 6 gennaio, per il fatto che i loro diritti democratici fondamentali erano sempre più a rischio percepito».

Ecco una convincente lettura del risultato del voto di midterm americano, concentrata sul fattore della partecipazione straordinaria che ha consentito ai democratici di raggiungere un risultato elettorale superiore alle previsioni e in sé notevole considerando una certa impopolarità di Joe Biden e le condizioni economiche non favorevoli per l’amministrazione presidenziale in carica. Senza dubbio è stata rilevante la mobilitazione democratica sulla questione dell’aborto, però in Florida non è servita a contrastare la clamorosa affermazione di Ron DeSantis. In realtà è stata decisiva la mossa dell’ala trumpiana dei repubblicani d’insistere sul rifiuto della legittimità del voto alle presidenziali del 2020. Questa posizione “negazionistica” ha determinato due risultati: ha diviso il fronte conservatore e unito quello progressista, inoltre ha allarmato la parte centrale dell’elettorato che considera la difesa del “sistema”, la base per poter pesare nelle scelte pubbliche. Mentre nel 2016 Donald Trump aveva vinto contro Hillary Clinton perché questa sembrava, anche a parte dell’elettorato moderato, disprezzare il voto dei cittadini e curare solo i rapporti con l’establishment, nel 2022 quelli che sono apparsi difendere poco i suffragi degli elettori e interessarsi solo della protesta di minoranze radicalizzate sono stati i seguaci del Maga (Make America Great Again).

* * *

Sugli Stati generali Jacopo Tondelli scrive: «Maran, nella hall di un Teatro Parenti in cui erano convocati contemporaneamente giornalisti e cittadini, ha chiuso categoricamente la porta all’idea di un sostegno a Letizia Moratti, candidata del Terzo Polo di Calenda e Renzi. Lo ha fatto con argomenti di puro buon senso che francamente pare assurdo mettere in dubbio. Il primo: “Come si fa a sostenere chi è stata vice di Fontana fino a un mese fa, e fino a quando ha potuto sperare di sostituirlo alla guida della stessa coalizione o di andare a Roma da ministra con la stessa coalizione?”. Il secondo: “Perché chi vota per il Terzo Polo non dovrebbe votare un candidato come me?”, che sono un moderato e sviluppista? Entrambe affermazioni corrette, quasi ovvie. Vero è che molti, anche nel Pd, contestano perfino questa ovvietà e vivono la candidatura Moratti come una tentazione, e quindi diventa necessario ribadirla».

Il ritenere che si debba fare di tutto, ma proprio di tutto, pur di rimanere o di conquistare il governo ora di una Regione ora dell’Italia, è alla base del disastro che sta vivendo il Pd. Prendere il potere a tutti i costi è uno schema che sarebbe andato bene a Niccolò Machiavelli che, pur essendo “repubblicano”, illustrava anche le tattiche necessarie ai principi per raggiungere il potere e poi mantenerlo “spegnendo e vezzeggiando”, ma sono tattiche che non funzionano in un regime democratico dove alla fine si vota. Pur di mantenere un piede nel governo, il Pd ha sostenuto per 16 mesi il disastroso governo Monti; pur di tenere in vita l’asfittico governo Lettino ha combinato un governo di unità nazionale il cui primo gesto è stato avallare l’espulsione di Silvio Berlusconi dal Senato; pur di non correre rischi dopo la sconfitta di Matteo Renzi al referendum sulle sue riforme costituzionali, ha dato vita all’inconcludente governo Gentiloni; pur di mettere un piedino al potere, ha appoggiato Giuseppe Conte che disinvoltamente è passato da Matteo Salvini a Nicola Zingaretti senza fare un plissé; pur di stare al calduccio del potere, ha evitato di candidare Mario Draghi al Quirinale e lo voleva logorare fino al 2023. E ora si trova con un partito che somiglia al Libano dei momenti peggiori, sorpassato nei sondaggi persino da quei disperati dei 5 stelle, spernacchiato da due intriganti di talento come Renzi e Carlo Calenda. E adesso al Pd manca solo sostenere l’arrogante stordimento della “risentita” sciura Letizia Moratti.

* * *

Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «La retorica massmediatica di questi giorni si sforza di presentare una Italia isolata, o sul punto di esserlo, in Europa. E tutto a causa della fermezza dimostrata dal ministro degli Interni che ha ripreso la politica, che fu già di Matteo Salvini, di contrasto delle Ong e del traffico di esseri umani nel Mediterraneo. In verità, le vicende di questi giorni hanno dimostrato che, rispetto a qualche anno fa, il clima generale è del tutto cambiato: non solo l’Italia non è più isolabile, ma chi solo prova a isolarla rischia lui sì di restare da solo e col cerino in mano. Il maldestro tentativo di Emmanuel Macron di bloccare gli impegni di ricollocamento e ridistribuzione dei migranti, solennemente presi ma mai comunque rispettati dagli altri paesi dell’Unione, ha sortito l’effetto di mostrare a tutti come il re fosse nudo. Il nervosismo scomposto e la reazione sproporzionata del presidente francese ha mostrato la debolezza e non la forza di Macron, ha fatto cioè sospettare a tutti che Macron non abbia oggi saldezza di leadership ma sia costretto ad inseguire di volta in volta gli umori di un opinione pubblica che negli ultimi anni si è sempre frammentata e radicalizzata, a sinistra come e più che a destra».

Guidare la politica estera italiana sarà tutto tranne che una passeggiata: il rapporto speciale che Roma sta costruendo con Washington genera preoccupazione e invidia nelle maggiori capitali dell’Unione Europea. La sinistra un po’ spersa in Germania e in Spagna ha enormi difficoltà a criticare l’azione di Ong che, pur assolutamente meritevoli per il loro impegno umanitario, vorrebbero sostituire le soluzioni politiche con i buoni sentimenti, scelta che di solito produce guai. La guerra in Ucraina e il tema dei rapporti con la Cina completano un quadro particolarmente complesso. Ma dentro questo scenario ha ragione Ocone a sottolineare come Emmanuel Macron abbia perso la testa: evidentemente l’inquilino dell’Eliseo pensa che “il partito francese” in Italia possa fargli da sponda anche contro la difesa della democrazia della propria nazione. Al momento sembra una mossa disperata.

* * *

Su Open si scrive: «Nota dolente – secondo Moody’s – per l’esecutivo è il Piano di ripresa e resilienza. L’esecuzione dei piani di investimento procede a rilento, causando ritardi sulla tabella di marcia, e la Nadef approvata dal governo evidenzia che entro la fine del 2022 lo Stato avrà speso per il Pnrr meno dell’1 per cento del Pil, sensibilmente meno dell’obiettivo iniziale dell’1,7 per cento».

Ma Moody’s sostiene che vi sono ritardi nell’esecuzione del Pnrr perché è diventata una quinta colonna di una Giorgia Meloni, spernacchiata solo qualche settimana fa come antidraghista per analoghe osservazioni? Una sola nota aggiuntiva: sarebbe comunque interessante che il ministro delle Infrastrutture oltre che parlare di qualsiasi altra cosa, aggiornasse l’opinione pubblica su come procedono i piani per nuove infrastrutture impostati in questi anni.

Exit mobile version