Il libro dell’Esodo (33, 11) dice di Mosè che Dio parlava con lui «faccia a faccia, come un amico parla con un amico». Anche a noi si può applicare questo “parlare come un amico parla con un amico” che apre le porte perché Dio possa farsi presente, operare e trasformare tutto. La santità è questo contatto profondo con Dio, il farsi amico di Dio: è lasciare operare l’Altro, l’Unico che può realmente far sì che il mondo sia buono e felice.
Se il cristiano vive di fede può operare un collegamento tra la fedeltà alla tradizione della Chiesa e l’apertura alle sfide di questo mondo nell’ambito del lavoro, dell’economia, della cultura, della famiglia e della scuola. Chi ha questo legame con Dio, chi ha questo colloquio ininterrotto può osare rispondere a queste sfide, e non ha più paura; perché chi sta nelle mani di Dio cade sempre nelle mani di Dio.
È così che nasce il coraggio di rispondere al mondo di oggi. Il santo può essere molto debole, ma vive l’esperienza di lasciare operare Dio. Con questo spirito devo combattere le battaglie di civiltà che richiedono il mio impegno, senza “se” e senza “ma”.
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