Benvenuti in Canada, dove si abortiscono le femmine in nome dei diritti delle donne

Respinta una legge contro l'aborto selettivo di genere. Per i liberal è «inaccettabile» discriminare le donne proteggendole fin dal concepimento

In Canada le bambine possono essere uccise dall’aborto selettivo. Tra gli applausi delle vestali del femminismo e dell’uguaglianza. Lo ha deciso il parlamento stesso votando a maggioranza schiacciante contro una legge che avrebbe reso un crimine «per un medico eseguire un aborto sapendo che l’aborto è ricercato esclusivamente sulla base del sesso genetico del bambino».

Il disprezzo di Trudeau

Per nulla sfiorati dal «cambiamento di linea» dei colleghi della sinistra britannica – nel Regno Unito (al grido ipocrita di «lo scopo dei test è determinare la sindrome di Down») i laburisti si sono fatti promotori di una crociata per arginare l’uso dello screening precoce per scoprire il sesso del nascituro, – i parlamentari canadesi hanno respinto 248 a 81 la proposta della deputata conservatrice Cathay Wagantall. Un disegno di legge, il C-233, che puntava a difendere le bambine in utero votato da due terzi del caucus conservatore.

81 deputati che per Justin Trudeau «è del tutto inaccettabile che non sostengano, proteggano o difendano il diritto di scelta di una donna. Il nostro governo lo ha sempre fatto e lo farà sempre». «Inaccettabile – ha chiosato Maryam Monsef, ministro per le donne e l’uguaglianza di genere – che nel 2021 i conservatori continuino a presentare proposte di legge contro la libertà di scelta», «le donne – e solo le donne – hanno il controllo del proprio corpo».

L’aborto selettivo è discriminazione

Da quando sarebbe una battaglia progressista avallare l’eliminazione delle femmine in nome dei diritti delle donne? Il terrore della sinistra di vedere introdotte «furtivamente» restrizioni all’aborto si avvale dell’allarme discriminazione, e il risultato è un capolavoro di incongruenza.

A definire «discriminazione» la soppressione dei feti femmine sono da dieci anni le maggiori agenzie delle Nazioni Unite, dall’Oms all’Unicef (non la conservatrice Cathay Wagantall), che in un report storico hanno espresso una durissima condanna della selezione di genere: 140 milioni le vittime di questa discriminazione, donne “scomparse” prima di venire alla luce. Un report aggiornato, come ricorda Michael Cook su Bioedge, dal Fondo per la popolazione dell’Onu (Unfpa) che lo scorso anno ha denunciato un aumento della selezione del sesso «allarmante in quanto riflette il persistente basso status di donne e ragazze. Il conseguente squilibrio di genere ha anche un effetto dannoso sulle società. Al fenomeno sono già stati collegati casi di aumento della violenza sessuale e della tratta di esseri umani».

22 milioni di “scomparse” in India

Un fenomeno dal peso e contorni terrificanti in India, dove un recente studio di Lancet ha certificato che in trent’anni l’aborto selettivo ha fatto sparire 22 milioni di bambine. Tempi ve ne aveva parlato qui: un numero esorbitante, «una delle forme più gravi di discriminazione di genere», la definisce lo studio, in aumento del 60 per cento, soprattutto «nelle famiglie più ricche ed educate».

Sono passati oltre dieci anni dalla prima denuncia dell’Economist, quattro dall’editoriale in cui scriveva: «L’esperimento demografico dell’Asia ha avuto conseguenze disastrose. Sicuramente non lo ripeterà». Non è stato così, e lo scorso anno abbiamo dovuto registrare il folle dato di Adf International: «Ogni giorno 7.000 bambine vengono abortite in India solo perché sono femmine e non maschi». Tutti ricordiamo la notizia dei “villaggi senza bambine” e le denunce dei giornali, in primis Repubblica, del fenomeno dei «femminicidi per “aborto preventivo», la prospettiva di un «genocidio di genere» e «record negativi che non riguardano soltanto gli stati più poveri e tradizionalisti».

L’ipocrisia sull’aborto

Ci siamo chiesti allora come potesse convivere la denuncia ad alta voce dell’aborto selettivo con quella delle stesse Nazioni Unite che in seguito all’interruzione dei programmi di pianificazione famigliare dovute al Covid lanciavano l’allarme su “sette milioni di gravidanze indesiderate in tutto il mondo” e la preoccupazione del Nyt per l’accesso alle interruzioni di gravidanza proprio in India.

Ci siamo chiesti se l’eliminazione di un bambino tramutasse in “libera scelta” solo in caso di aborto libero, accessibile e benedetto dalle Nazioni Unite. Ora il Canada, così emancipato dagli orrendi stereotipi, dall’incultura e dalla fragilità economica imputata alla selezione di genere nelle province indiane conferma che non a causa di ignoranza si ammazza una bambina in utero. Si ammazza perché è “libera scelta”.

Foto di Josar, licenza CC BY-NC-ND 2.0

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