Augias “putiniano”? Chi semina conformismo raccoglie stupidità

Il giornalista Corrado Augias (foto Ansa)

Su Formiche Gianfranco D’Anna scrive: «Draghi for president per Palazzo Chigi, con la legittimazione del voto popolare, potrebbe rappresentare, dopo la meteora dei 5 stelle, una ulteriore prova di vitalità democratica e costituzionale per il paese, consentendogli di scegliere fra alternative politiche inedite, chiare e concrete. Utopia o un miracolo possibile di democrazia compiuta?».

La democrazia compiuta deriverebbe da un sistema fondato sull’alto e sul fuori, sulla tecnocrazia invece che sulla politica, sull’intrigo invece che sulle scelte di un elettorato popolare? Ma ci facciano il piacere.

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Sul Sussidiario Marco Zacchera scrive: «Nei giorni scorsi, per esempio, ci sono stati due importanti appuntamenti internazionali: il 14esimo incontro tra i leader della Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che è stato sostanzialmente ignorato dai media italiani, e il vertice europeo. Un vertice che ha detto “no” alla richiesta di Draghi per un ulteriore meeting a breve per fissare il prezzo massimo del gas a livello europeo. Nella stessa occasione, con molta enfasi, si è invece annunciata l’apertura delle trattative per far entrare in Europa Ucraina, Moldavia e – in prospettiva – anche la Georgia. Mentre nessuno sembra essersi reso conto del fondamentale appoggio che la Brics sta offrendo a Putin, ancora una volta viene sottovalutato il concetto che se il prezzo del gas continua a crescere si crea un grande vantaggio economico proprio per la Russia e i paesi produttori (alcuni dei quali europei) a tutto danno della nostra economia. Pochi si sono posti il problema dell’aperta incongruenza tra il considerare Draghi un grande stratega europeo e contemporaneamente come invece la posizione italiana non sia stata presa in considerazione».

Non c’è un’area non occidentale (a parte Giappone e Corea del Sud) che non mantenga rapporti con la Russia. La linea alla Woodrow Wilson scelta dalla Nato (esercito più propaganda) non pare destinata a stabilizzare il mondo. Speriamo che spunti prima o poi un Henry Kissinger che a Washington faccia tornare di moda la diplomazia.

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Su Fanpage Davide Falcioni scrive: «“Non abbiamo amici, solo le montagne”. Recita così un antico proverbio curdo, sintetizzando in poche parole una lunga storia fatta di delusioni, massacri e tradimenti. Come quello di Svezia e Finlandia, paesi finora “amici” dei curdi che due giorni fa hanno firmato un memorandum trilaterale che – in cambio del via libera della Turchia al loro ingresso nella Nato – accetta incondizionatamente le richieste di Erdogan, non propriamente un leader democratico».

Se al pensiero strategico si sostituisce la tattica e la propaganda, questi sono i frutti che raccoglieranno non soli i curdi, ma anche gli armeni, i greci, gli egiziani e così via.

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Su Huffington Post Italia si scrive: «“Cadono le braccia”, ha scritto Augias per replicare. “Non per l’accusa insensata ma per i suoi estensori. Mi chiedo dove prendano le loro informazioni, con quale criterio, quale preparazione, le valutino. Sono andato con la memoria alla ricerca di una possibile fonte. Credo di averla trovata nel fatto che, nel corso del programma Rebus (Raitre), ho detto che bisogna anche tenere presenti le ragioni storiche che possono aver motivato il dittatore russo nella sua aggressione all’Ucraina. Il sottotitolo del programma è il celebre motto virgiliano “Rerum cognoscere causas”, cercare di capire perché le cose avvengono».

Un pilastro del giornalismo collettivo, accusato da Andrea Romano di essere putiniano, forse si rende conto che il proprio lungo impegno a seminare conformismo fa crescere una stupidità incontrollabile.

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