La nuova strategia di Erdogan per “conquistare” gli armeni

Dopo aver determinato la vittoria dell'Azerbaigian sugli armeni nel Nagorno-Karabakh, ora la Turchia vuole "prendersi" l'Armenia economicamente

La cattedrale degli armeni di Shushi, danneggiata e vandalizzata dall’Azerbaigian durante la guerra, in una foto dell’ottobre 2020

A un anno dalla terza guerra del Nagorno-Karabakh e dal sanguinoso armistizio firmato dagli armeni il 9 novembre, l’Armenia non è mai stata così debole. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan lo sa e per questo ora tende la mano a Erevan proponendo di ristabilire le relazioni diplomatiche interrotte negli anni Novanta. La proposta fa gola al premier armeno Nikol Pashinyan, che appare isolato, ma l’offerta della Turchia potrebbe essere un’arma a doppio taglio.

Le chiese rase al suolo nel Nagorno-Karabakh

Senza l’appoggio dei turchi, che hanno inviato a combattere sul campo anche centinaia di mercenari islamisti siriani, gli azeri non avrebbero mai vinto la guerra dell’anno scorso. Baku deve proprio a Erdogan, alle sue armi e ai suoi droni la conquista in poco più di un mese dei tre quarti del Nagorno-Karabakh, strappati alla Repubblica dell’Artsakh, mai riconosciuta a livello internazionale.

Dopo aver cacciato più di 35 mila armeni dalle loro case, ora l’Azerbaigian si appresta a ricostruire strade e città, per modernizzare il territorio e cancellare ogni traccia della cultura e della tradizione armene allo stesso tempo. Simbolo di questa strategia è l’autostrada che collega l’Azerbaigian con la città di Shushi, dove si trova la cattedrale di Cristo San Salvatore danneggiata dai bombardamenti azeri e vandalizzata dopo la fine delle ostilità. Nella stessa città è stata distrutta la Green Church, mentre un’altra è stata rasa al suolo su un’altura della città di Jabrayil.

Erdogan corteggia gli armeni

All’autostrada lavorano giorno e notte due compagnie turche. Ma Ankara non si accontenta di trarre profitto a livello economico dall’alleanza con l’Azerbaigian, ora vuole ristabilire definitivamente la propria influenza nel Caucaso influenzando anche l’Armenia. Nonostante la Turchia abbia compiuto il genocidio degli armeni del 1915 e sostenuto l’Azerbaigian nella conquista del Nagorno-Karabakh, il premier armeno Pashinyan ha dichiarato che è pronto a discutere con Erdogan «senza precondizioni».

La riapertura del confine con la Turchia, chiuso dal 1993, farebbe senza dubbio comodo all’Armenia, così come il riallacciamento di fili economici e diplomatici. Ma che cosa vuole Ankara in cambio? Il fatto che Baku non si opponga al riavvicinamento è di per sé sospetto e non è un mistero che il dittatore azero Ilham Aliyev voglia completare l’occupazione del Nagorno-Karabakh.

La nuova politica di conquista

Forse è ancora troppo presto per farlo militarmente, almeno fino a che saranno schierate nel corridoio di Lachin 2.000 forze di pace russe, ma la conquista “economica” è già iniziata. Con l’aiuto della Turchia, l’Azerbaigian mira a ricostruire Shushi e il distretto di Aghdam. «Qui gli armeni vivevano in povertà», dichiara al Financial Times Emin Huseynov, il funzionario azero che sovrintende alla ricostruzione. «Quando questa città risorgerà dalle ceneri, gli armeni la vedranno e busseranno per avere lavoro e diventare nostri amici. Non ci sarà bisogno di combattere: questa è la migliore politica». Una politica di conquista.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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