A sinistra c’è chi spera ancora che ci pensi Mattarella a infilzare la Meloni

Giorgia Meloni al Quirinale con Sergio Mattarella nel giorno del giuramento del nuovo governo, 22 ottobre 2022 (foto Ansa)

Su Dagospia si riprende un articolo di Carlo Bettini per La Stampa dove si scrive: «Ma il partito è lacerato. Ci sono quelli della “Moratti giammai”, capofila Provenzano, che a nome della sinistra dice “chiudiamola qui”. E ci sono quelli del “non chiudiamo la porta”, come Michele Emiliano; e come altri big, che non escono allo scoperto, come Lorenzo Guerini o Dario Franceschini: malgrado rigettino i diktat di Calenda, hanno fatto tastare il terreno ai loro ambasciatori. Per capire se si potesse coinvolgere donna Letizia in un percorso di coalizione. Trovandosi di fronte al muro del Pd lombardo e non solo».

Prosegue lo sbandamento del Pd. Gli ex comunisti sono in uno stato di evidente confusione mentale: dal 1992 in poi l’incapacità di fare i conti con la propria storia e l’aver puntato sui pm per conquistarsi spazi di potere, hanno prodotto un ceto politico disgregato. Quando emerge qualche voce meno scombinata, tipo Stefano Bonaccini, viene contrastata immediatamente anche da quelli più affini a lui tipo Dario Nardella o Vincenzo De Luca, perché tutti sono dominati da una logica secondo la quale conta solo il proprio potere personale. Alla fine è probabile che facciano una fine melenchonista al seguito di Giuseppe Conte e Maurizio Landini (con vari annessi grilli parlanti tipo Massimo D’Alema e Goffredo Bettini). Gli ex dc del Pd, dalla loro, non hanno capito ancora che è finita la Dc e si combattono, pur stando a sinistra, tra dorotei, morotei, fanfaniani, basisti, cossighiani, andreottiani, come se ci fosse ancora un partito-Stato in grado ricomporre qualsiasi rottura. Cercheranno qualche malinconica collocazione quando le loro rendite di posizione si saranno esaurite.

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Su Huffington Post Italia Ugo Magri scrive: «Qualche scienziato dell’opposizione rischia di scambiare Mattarella per Zorro. Di credere cioè che il presidente della Repubblica possa vestire i panni del vendicatore e infilzare con la spada Giorgia Meloni; dunque provando un pizzico di delusione per le prime mosse del Quirinale che sono state di tutt’altro segno. Nessuno apertamente s’è spinto a criticare il Colle, ci mancherebbe altro».

Quando l’elettorato dà una precisa indicazione della sua volontà, si restringono gli spazi di azione del Quirinale, tanto più se il presidente della Repubblica è un galantuomo ed è nelle condizioni di contenere le manovre del suo segretario generale Ugo Zampetti. Nella legislatura 2001-2005 la destabilizzazione del governo Berlusconi 2 partì solo quando Pier Ferdinando Casini iniziò a disgregare la maggioranza. Così nel 2009 con Gianfranco Fini e il Berlusconi 3. Inoltre in questo momento gli Stati Uniti hanno un particolare bisogno di Roma, e il papato tiene con intelligenza conto dei sentimenti che crescono nell’Europa più cattolica, dalla Polonia all’Austria, dall’Italia alla Spagna e tendenzialmente in Francia. Infine sia Parigi sia Berlino hanno le loro belle difficoltà a definire il loro ruolo internazionale e non possono esercitare l’influenza pesante che ebbero sull’Italia nel decenni precedenti. Resta Pechino (Mosca conta poco) che si dà da fare con Giuseppe Conte (e con Massimo D’Alema e Romano Prodi). Ma non basta a destabilizzare un governo scelto dagli elettori.

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Su Formiche Riccardo Cristiano scrive: «La scommessa anche in Cina può essere quella di attestare che l’appartenenza alla Chiesa non rappresenta un ostacolo a essere un buon cittadino cinese».

Il Pontefice svolge una funzione insostituibile nel richiamare il mondo alla ricerca della pace. Vi sono però iniziative più politiche, promosse da settori del mondo cattolico, a favore anche di un avventuriero come Giuseppe Conte, che vanno oltre l’indispensabile funzione di testimonianza. E vi sono, poi, anche proposte di compromesso con la Cina popolare che paiono assai poco convincenti.

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Su Fanpage Ida Artiaco scrive: «I colloqui tra le due parti sulla stabilità strategica sono congelati dall’inizio della guerra, anche se il nuovo Trattato di riduzione e limitazione delle armi strategiche (Start) sulla riduzione delle armi nucleari rimane in vigore. “Kommersant ha appreso che la Russia e gli Stati Uniti stanno discutendo la possibilità di tenere una riunione di una commissione consultiva bilaterale sul Trattato sulle armi strategiche offensive nelle prossime settimane”, scrive il giornale. “Per la prima volta, le parti considerano la regione del Medio Oriente come sede dei colloqui”, aggiungendo che “Mosca non vede più la Svizzera, sede tradizionale, come sufficientemente neutrale dopo aver imposto sanzioni alla Russia sull’Ucraina”».

Mentre l’Occidente mantiene tutto il suo sacrosanto appoggio all’Ucraina aggredita dai russi, il fatto che Washington e Mosca abbiano riaperto canali di dialogo è una notizia positiva. Come si sa, le guerre talvolta è facile iniziarle, ma nessuno, poi, sa prima come saranno chiuse. E in tempi di bombe nucleari, non saper come chiudere una guerra è un lusso che il Pianeta non si può permettere.

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