Von der Leyen s’è desta: «Non possiamo dipendere dalla Cina»

Dopo tre anni la presidente della Commissione europea lancia l'allarme: il Green Deal può mettere a rischio la sicurezza dell'Europa. Ma un'analisi tardiva non può bastare: ora servono accorgimenti

Ursula von der Leyen si è svegliata ed è uscita dal paese delle meraviglie dove deve aver vissuto negli ultimi tre anni. La presidente della Commissione europea sembra essersi improvvisamente accorta dei rischi industriali e geopolitici ai quali si espone l’Unione Europea intraprendendo la transizione verde in solitaria e senza giudizio. «Aumenterà in modo massiccio il nostro fabbisogno di materie prime», ha dichiarato intervenendo al Forum di Bled, in Slovenia.

«Non possiamo dipendere dalla Cina»

In particolare, ha aggiunto, «serviranno più litio per le batterie, silicio metallico per i chip, terre rare per produrre magneti per veicoli elettrici e turbine eoliche: la domanda di queste materie prime potrebbe raddoppiare entro il 2030 e la domanda europea di batterie al litio è destinata ad aumentare ad un tasso annuo del 40% tra il 2020 e il 2025».

Non ci sarebbe niente di male se non fosse che, spiega Von der Leyen, «delle 30 materie prime critiche oggi dieci provengono perlopiù dalla Cina: dobbiamo quindi evitare di cadere nella stessa dipendenza del petrolio e del gas, non dobbiamo sostituire le vecchie dipendenze con nuove».

Le terre rare sono in mano al Dragone

Parole sante e sottoscrivibili, se non fosse che l’Unione Europea sta facendo ancora troppo poco per non finire dalla padella russa alla brace cinese. Oggi infatti, come più volte sottolineato da Tempi, «il mercato delle auto elettriche, quello dei pannelli solari e delle batterie indispensabili alla rivoluzione green sono saldamente in mano alla Cina».

Nel 2021 la Cina ha prodotto il 60 per cento dei 17 metalli che ricadono sotto la definizione di terre rare – indispensabili per la produzione di energia eolica, solare ed elettrica – ma il Dragone continua a raffinare il 90 per cento delle terre rare mondiali. Il 90 per cento di quelle che utilizza l’Ue proviene da Pechino.

Batterie, pannelli solari, auto elettriche

Per quanto riguarda la produzione di batterie al litio di ultima generazione, nel 2020 la Cina controllava il 75 per cento. Se Unione Europea e Stati Uniti agiranno in fretta potrebbe recuperare un 9 per cento nel 2030, lasciando comunque in mano a Pechino il 66 per cento.

La produzione globale di auto elettriche, poi, è per il 60 per cento appannaggio della Cina. E per quanto riguarda i pannelli solari, il 95 per cento dei pannelli solari presenti sul mercato è fatto di polisilicio che proviene dal Xinjiang.

Denunciare non basta, bisogna agire

A queste condizioni, è evidente che la dipendenza dell’Ue dalla Cina è già una realtà e che l’analisi della Von der Leyen non può bastare. Se c’è il rischio che l’applicazione rigida del Green Deal consegni industrialmente l’Europa alla Cina, perché Bruxelles ha approvato senza colpo ferire la messa al bando dei motori a scoppio, autorizzando dal 2035 solo la vendita di auto elettriche in tutta Europa? Se le rinnovabili sono al momento un monopolio cinese, perché la Von der Leyen ha citato nel suo intervento tutte le fonti alternative tranne l’energia nucleare?

È apprezzabile che la presidente della Commissione europea si sia resa conto di quanto sia pericolosa la strada che lei stessa ha tracciato per l’Europa. Ma da chi guida l’Unione Europea ci si aspettano soluzioni, marce indietro se necessario, temporeggiamenti giustificati dal realismo, non semplici analisi e belle speranze. A meno che Von der Leyen non pensi che la Cina di Xi Jinping si farebbe meno scrupoli della Russia di Vladimir Putin a ricattare l’Europa. Con una possibile invasione di Taiwan alle porte, sarebbe un errore madornale.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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