L’uomo, la terra e le ragioni di un’amicizia profonda

Contro la piaga delle teorie catastrofiste e il mantra della limitazione dei consumi, occorre recuperare un binomio vitale: responsabilità e sviluppo. Spunti per un dibattito serio

Sono poco significativi, e frutto di una visione del mondo ottusa ed egoista, tutti i discorsi sulle impronte ambientali e le conseguenti considerazioni sulla eccessiva quantità di consumi che il nostro modo di vita determina, principalmente nei settori alimentare ed energetico. Così come è sacrosanto qualunque richiamo ad un uso responsabile delle risorse naturali e a un loro non abuso, nello stesso modo ritengo debba considerarsi frutto di irresponsabilità o di egoismo l’invito alla limitazione dei consumi. Non vale la logora argomentazione, sempre smentita dai fatti fin dal momento della sua prima formulazione, dei “limiti allo sviluppo”; essa si basava sulla erronea presunzione dell’impossibilità di espansione, derivante dalla accertata (dai suoi sostenitori) scarsità di combustibili fossili e nella insufficiente (secondo gli stessi figuri) produzione e distribuzione di risorse alimentari.

Per quanto riguarda la produzione di beni alimentari, le serie storiche evidenziano non solo un continuo sviluppo quantitativo, ma anche una migliore distribuzione, se è vero, come è vero, che la percentuale di popolazione con prevedibili difficoltà ad avere un soddisfacente livello alimentare è passata dal 25 per cento della popolazione mondiale nel 1970 all’11 per cento nel 2012 (dati Fao).

Lo stesso vale per le riserve di combustibili fossili, che, per quanto riguarda gli idrocarburi, negli anni Ottanta si stimavano coprire 28 anni di consumi (quindi avrebbero dovuto essere già esaurite), ed oggi sono accertate per i prossimi 41 anni. Nessuna preoccupazione è lecita per la disponibilità di carbone, assicurata per svariate centinaia di anni; e partendo dal carbone è possibile produrre tutti i derivati del petrolio. Nel calcolo delle riserve accertate non sono comprese, poi, le oil sands, gli scisti bituminosi, il nucleare, l’espansione delle rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica. Né, evidentemente, eventuali oggi sconosciute tecnologie per la produzione o l’uso dell’energia, delle quali è ragionevole prevedere la scoperta nei prossimi decenni.

Sulla base di questi dati, chi parla di una prevedibile scarsità di energia o di cibo in un futuro ragionevole è un imbecille o un mascalzone. Le risorse ci sono e ci saranno, a condizione che si vogliano sfruttare, e saranno per tutti, a condizione che le sappiamo dividere equamente. Naturalmente, il petrolio non estratto (vedi Basilicata e Adriatico) non torna a vantaggio di nessuno; gli Ogm non seminati non alimentano nessuno; e così via.

Accertato che i beni essenziali non mancheranno, è però estremamente importante impegnarsi per ottenere una migliore – cioè più giusta – distribuzione dei beni tra tutti gli uomini; e, poiché non si può distribuire quello che non si è prodotto, gli sforzi operativi e di comunicazione orientati ad aumentare il volume complessivo della produzione e a migliorarne la qualità sono altamente meritevoli; anzi, sono addirittura necessari. Come meritevoli, del resto, in barba a qualunque congrega sindacale, sono gli sforzi per migliorare la resa della produzione (rapporto tra materie prime utilizzate e quantità di prodotto ottenuto) e la sua produttività (rapporto tra costo, tempo lavorato e quantità di prodotto).

Tutto questo ragionamento, naturalmente, deve essere attuato senza mai trascurare la necessaria tutela per l’ambiente, per il quale, peraltro, già le tecnologie attuali, se correttamente utilizzate, ci garantiscono che possa essere mantenuto il rispetto necessario: e figuriamoci quello avvenire. E poiché mi trovo in un contesto cattolico, qui vorrei focalizzare il ragionamento sulla visione che sull’argomento ha avuto, ha ed avrà il mondo cattolico.

La Chiesa e il rispetto del mondo

L’amore per il Creato nutrito dai cristiani affonda le proprie radici nella Genesi, dove esplicitamente tutto ciò che il Padre Eterno, uno e trino prima dell’inizio dei tempi, aveva creato dal nulla e giudicato buono viene affidato ad Adamo, che ne diviene consegnatario a nome dell’umanità, perché lo comandi e lo usi nell’interesse suo e della sua discendenza. Per lungo tempo tra uomo e ambiente non ci furono grandi problemi di rapporto, ed essi vissero in perfetto accordo; poi, venendo avanti con i tempi ed aumentando la presenza e l’impatto degli uomini sulla Terra, cominciarono i primi problemi, aggravati dalla visione platonica dell’umanità, i membri della quale sentivano di essere composti da anima e corpo attivi non unitariamente, ma in una dialettica dell’una spirituale con l’altro materiale e quindi più immerso nel mondo circostante e nell’ambiente. In conseguenza a questo atteggiamento, l’uomo non si approcciava in modo unitario agli altri esseri viventi e al Creato. Furono san Francesco d’Assisi e san Tommaso d’Aquino a determinare, con fede e intelletto particolarissimi, anche una migliore determinazione del rapporto tra i figli di Dio e il resto del Creato. Si trattò di un’operazione contemporaneamente mistica e filosofica, nella quale i due santi si impegnarono pressoché nello stesso tempo anche se da versanti diversi: tra lo spirito più mistico ed il pensatore più potente che il mondo abbia visto nella sua storia si integrò una nuova visione antropologica integrale. I due definirono una visione dell’uomo ed un sistema di vita che, ricomponendo l’uomo nella sua unità, lo mettesse in grado di avere un rapporto sereno, caratterizzato da rispetto ed affetto, con gli altri esseri. Nel corso dei secoli, poi, in molte occasioni la Chiesa parlò di questo rapporto, ponendone i termini in maniera coerente: l’uomo è l’unico essere dotato di anima, intelligenza e libero arbitrio esistente nel Creato, e perciò gli incombe una forte responsabilità verso tutte le altre creature; esse poi non possono essere ritenute titolari di diritti, ma la loro esistenza determina il sorgere di doveri dell’uomo verso di loro: usarne per le proprie necessità, ma non abusarne; garantirne nei limiti del possibile le buone condizioni di vita; impedire che subiscano violenze o dolori evitabili, sono tra i principali.

Nel deposito della fede, tuttavia, non sono state frequenti nel passato pronunzie esplicite e dirette a proposito di ambiente, e ciò ha determinato il fatto che molti bravi cristiani abbiano interpretato la scarsità di materiali aventi ad oggetto specifico il rapporto tra uomo e ambiente segno della poca rilevanza dell’argomento; ed in effetti solo negli ultimi decenni si trovano negli atti del Magistero interventi che tocchino direttamente ed esplicitamente il rapporto tra l’uomo ed il resto del Creato, definendone la visione complessiva e cominciando ad inquadrare sistematicamente la materia. Ricordo in questo senso dichiarazioni e pronunzie dirette dei papi, almeno a partire da S.S. Pio XII, della Pontificia Commissione “Iustitia et Pax”, custode della Dottrina Sociale Cristiana, e della Pontificia Accademia delle Scienze; da questi atti le fondamenta della visione dell’ambiente e della sua tutela da parte della Chiesa emergono chiare e forti. Esse riposano sui principi dell’antropocentrismo, dell’obiettivo primario della salvezza delle anime, del rispetto e dell’amore per il Creato e per tutte le creature del Signore; è chiaro a chiunque abbia anche sommariamente approfondito l’argomento che fondamenta altrettanto forti ne sono la corretta acquisizione dei risultati scientifici raggiunti al momento della pronunzia, e l’assenza di pre-giudizi e posizioni ideologiche di qualunque tipo.

Scienza e fede

Anche dal rapporto tra uomo e ambiente, dunque, scaturisce la conferma del principio già affermato da san Tommaso e ribadito mirabilmente da Benedetto XVI, per il quale scienza e fede, figlie entrambe dello stesso Creatore, non possono in alcun modo trovarsi in contrasto tra di loro. Appare però necessario, mentre si attende l’enciclica sull’ambiente e in un momento nel quale il dibattito sull’argomento sta tornando ad essere vivace, approfondire e dettagliare una posizione dei cattolici sull’argomento. Coinvolgendo le molte menti brillanti che ci sono nel nostro ambiente, e mettendo insieme risorse scientifiche, operative e politiche dotate di competenza e di esperienza, l’impresa può essere avviata con ottime speranze di successo; che, naturalmente, non si misurerà dal numero di pagine che i giornali vorranno dedicare all’iniziativa, ma dalla serietà e dall’impegno che coloro che vi parteciperanno vorranno mettere nell’impresa e di coloro che se ne renderanno partecipi.

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