Turchia nella Sco con Russia e Cina? Erdogan fa (di nuovo) il doppio gioco

Il presidente turco dichiara di voler aderire all'alleanza anti-occidentale di Mosca e Pechino. Sarebbe la prima volta di un paese Nato. Ma la minaccia serve come arma per ricattare Biden

Tranquilli, anche stavolta Recep Tayyip Erdogan non ha nessuna intenzione di cambiare squadra e passare dalla parte di una coalizione anti-occidentale di stati: la dichiarazione di sabato scorso al termine del summit di Samarcanda con cui annunciava che la Turchia avrebbe chiesto la piena affiliazione alla Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco) è soltanto il solito gioco al rialzo che Ankara attua quando vuole ottenere qualcosa da Washington.

Che cosa vuole Erdogan da Biden

E le cose che Erdogan vuole da Biden sono due: 1) collaborazione nella lotta contro i curdi di Siria (le Ypg che sono la spina dorsale delle Fds, armate, finanziate e addestrate dagli Stati Uniti stessi) e per l’estradizione in Turchia di Fethullah Gülen, il leader islamista rivale riparato negli Usa nel 1999; 2) fare pressione su Svezia e Finlandia perché attuino nel modo più estensivo il memorandum firmato con la Turchia nel giugno scorso in cui promettevano di partecipare alla lotta contro il terrorismo antiturco (che secondo Erdogan è quello dei curdi) come condizione per il via libera della Turchia alla loro ammissione nella Nato.

Poiché Biden non ha accettato di incontrare il capo di Stato turco ai margini della 77ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (che è iniziata il 13 settembre e terminerà il 26 settembre), il presidente turco ha pensato bene di sganciare la sua bomba sabato 17.

«Le nostre relazioni con questi paesi progrediranno a un livello molto diverso grazie a questo passo. Certamente l’appartenenza alla Sco è il nostro obiettivo». Se la domanda venisse accettata (Ankara ha lo status di partner in dialogo con la Sco dal 2013), la Turchia diventerebbe il primo paese membro della Nato che entra a far parte di un’organizzazione che promuove gli interessi della Cina e della Russia.

La Turchia minaccia di entrare nella Sco

Ma il senso della provocazione di Erdogan è apparso chiaro dal discorso tenuto domenica 18 settembre a New York, ospite del Turkish American National Steering Committee (Tasc) che in suo onore ha organizzato una cena al Rockefeller Center: «Ci aspettiamo che i nostri amici americani agiscano in cooperazione con noi nella nostra lotta contro il Pkk, le Ypg e l’organizzazione terroristica di Fethullah Gülen in un modo che si addice allo spirito di alleanza», ha detto il presidente. Che quindi è passato a lisciare il pelo agli Stati Uniti, sottolineando che non c’è problema tra gli Usa e la Turchia che non possa essere risolto nello spirito di partner forti e alleati da 70 anni, entrambi membri della Nato.

A questo proposito Erdogan ha sottolineato: «Sia che si tratti di finanziamenti, sia che si tratti di forze di terra, la Turchia è uno dei primi cinque partner più importanti che forniscono questo supporto. Pertanto, la posizione turca dovrebbe essere ben compresa, ben nota e le decisioni e le misure dovrebbero essere prese di conseguenza». Ha poi proseguito affermando che Turchia e Stati Uniti hanno posizioni simili su molte questioni regionali e globali nonostante le differenze su questioni relative alla sicurezza nazionale di Ankara, aggiungendo che lui e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno deciso di rafforzare l’amicizia e la cooperazione tra le loro nazioni.

In buona sostanza l’evocazione di un’adesione della Turchia alla Sco (della quale è entrato a far parte l’Iran, paese che gli Usa vedono come un pericolo sistemico) è un’altra minaccia che Ankara agita insieme a quella di non ratificare l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, fino a quando gli Usa e i loro alleati non si decideranno ad allinearsi alla posizione turca: estradizione dagli Usa dell’81enne Fethullah Gülen, considerato il responsabile apicale del fallito colpo di Stato del 2016 che causò 252 morti e 2.700 feriti; estradizione da Svezia e Finlandia di 33 “terroristi” curdi; abbandono delle Fds a guida curda siriana al loro destino, che sarebbe quello di essere sgominate militarmente da una spedizione militare turca in territorio siriano, oppure di essere represse dal governo di Damasco, una volta che fossero ristabiliti i rapporti diplomatici fra Siria e Turchia; ripresa della vendita di armi alla Turchia da parte dei paesi europei che l’hanno sospesa.

Erdogan ricatta la Nato

L’ossessione del governo turco per queste tematiche della sicurezza è massima. Recentemente l’homepage dell’agenzia di stampa ufficiale Anadolu ospitava un articolo, senza equivalenti nelle principali testate europee, sulla recessione economica a cui pare destinata la Finlandia, secondo le previsioni del suo stesso ministro delle Finanze. La Turchia non è l’unico paese il cui parlamento non ha ancora ratificato la domanda di ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato: ci sono anche Ungheria e Slovacchia, mentre tutti gli altri 27 l’hanno già approvata. Ma il caso della Turchia è senz’altro il più complicato.

Scrive Atlantic Council, un think tank americano pro-Nato: «Tre considerazioni specifiche per la Turchia influenzeranno i tempi della ratifica dell’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato. La prima riguarderà le azioni intraprese dai due paesi richiedenti per adempiere agli impegni presi in riferimento alla sicurezza turca e alle preoccupazioni riguardo al terrorismo contenuti nel memorandum trilaterale del 28 giugno. I tempi della ratifica saranno legati a un’azione tangibile sulla cooperazione industriale nel settore della difesa (mettere fine agli embarghi sulle armi), alla condanna delle attività di finanziamento e reclutamento legate al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e ad altre organizzazioni terroristiche e all’istituzione di un Meccanismo congiunto permanente per supervisionare la cooperazione in materia di sicurezza più ampiamente».

Una seconda considerazione riguarda «le elezioni presidenziali e legislative del 2023: il presidente Erdogan eviterà di apparire troppo debole o frettoloso riguardo all’adesione di Svezia e Finlandia. Una terza considerazione si riferisce a una possibile operazione militare turca contro il Pkk in Siria. Il fatto che il processo di adesione è in corso ma non ancora completo silenzierebbe le critiche occidentali a una nuova operazione, ma ci sarà un momento in cui il ritardo percepito potrebbe al contrario portare a una crescente frustrazione e pressione occidentale. Tutte insieme queste considerazioni supportano l’idea che Ankara sarà uno degli ultimi, se non l’ultimo membro della Nato ad approvare le adesioni».

Non prima del giugno 2023, data delle elezioni politiche e presidenziali in Turchia. Mentre il prossimo summit della Sco si terrà in India nel settembre 2023.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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