Sudan, due pastori cristiani rischiano la condanna a morte per spionaggio e blasfemia. «Non era mai successo»

Intervista a Mohaned Mustafa, l'avvocato musulmano che difese Meriam: «Di solito queste accuse servono solo a cacciare i missionari dal paese»


Accusati di danneggiare il sistema costituzionale, spionaggio, condurre una guerra contro lo Stato e blasfemia dai servizi di sicurezza sudanesi, i reverendi del Sud Sudan Peter Yen (o Yein) Reith e Yat Michael (foto in alto) rischiano di essere condannati a morte. «Non era mai successo che due missionari rischiassero la vita così», spiega a tempi.it Mohaned Mustafa, il legale musulmano che difese Meriam Yaha Ibrahim, la cristiana fuggita dal Sudan dopo aver scampato la morte per apostasia.

L’ARRESTO. Yat Michael è stato arrestato lo scorso 21 dicembre, dopo essersi recato a tenere un sermone in una chiesa evangelica presbiteriana di Khartoum, spesso in rotta con il governo islamico. Yen Reith (foto in basso a destra), invece, è stato arrestato a gennaio dopo aver protestato contro l’incarcerazione del primo. Attualmente sono detenuti a Khartoum, ma siccome il governo non ha comunicato il loro luogo di detenzione fino ad aprile, anche Amnesty International ha accusato il Sudan di violazione della sua stessa Costituzione.

IL PROCESSO. «La Chiesa ha chiesto aiuto alle organizzazioni umanitarie per fare pressione affinché il governo intervenga», continua Mustafa, ma della situazione dei due pastori e dei fatti legati alle accuse «si sa veramente poco». Intanto si attende l’inizio di settimana prossima per la fase dibattimentale del processo che «si concluderà presumibilmente entro un mese o quaranta giorni al massimo».

INTOLLERANZA. La vicenda non è del tutto chiara perché le accuse di spionaggio e blasfemia, secondo l’avvocato musulmano, «di solito portano al rimpatrio dei missionari e vengono usate come scusa per cacciarli dal paese, dato che le autorità vogliono impedire loro di predicare». Questa volta invece i pastori sono rimasti in carcere, anche se, come riportato da Morning Star News, i servizi di sicurezza avrebbero illegalmente offerto loro la libertà in cambio di 12 mila dollari. In Sudan i cristiani sono perseguitati: convertirsi dall’islam è vietato e anche il proselitismo non è permesso. «La situazione dei cristiani è sempre a rischio e la loro libertà viene limitata per paura che il cristianesimo si diffonda. I casi sono molteplici e se ne sentono ogni giorno di nuovi. Questa è una violenza inaccettabile, perché non si può negare a nessuno il diritto fondamentale di professare il proprio credo».

LIBERTÀ RELIGIOSA. Mustafa è l’avvocato che ha difeso Meriam, per quanto musulmano: «Sono pronto a difendere qualsiasi cristiano perseguitato per la sua fede. Abbiamo sollevato di fronte alla Corte Costituzionale del Sudan il dubbio di costituzionalità della legge che vieta la conversione religiosa dall’islam». E sebbene l’avvocato è convinto che il caso sarà respinto, «potremo però presentarlo alla Corte Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli. Se uno che vuol vivere da musulmano, può farlo, perché un cristiano non deve poter vivere da cristiano?».

@frigeriobenedet

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