Matteo Renzi e Italia viva. O di come si spreca un talento

Il leader di Italia viva Matteo Renzi ospite di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, Roma, 11 dicembre 2021 (foto Ansa)

Su Formiche Martina Carone scrive: «Il leader leghista non sembra ancora aver trovato gli strumenti per reagire e riprendere in mano il partito, la base elettorale, le sue tematiche. Per trovarli, e per metterli in pratica, serve tempo e costanza, serve trovare il modo di tornare al centro dell’agenda mediatica e politica, serve frenare l’ascesa di Meloni e serve trovare un segnale forte per placare le voci interne in dissenso» . Quando Giorgio Napolitano ha spento la luce alla politica, la parola è passata alla pura “comunicazione”. Per una stagione quel furetto di Matteo Renzi ha tenuto la scena finché, non avendo una vera base né sociale né morale per trovare uno sbocco politico, si è sgonfiato. Poi è venuta la stagione di quel gigante della comunicazione che è Beppe Grillo che però essendo un clown non aveva fondamenta da offrire alla politica e ha prodotto solo pigmei come i Di Maio e i Conte (quest’ultimo per una fase sostenuto da un ottimo comunicatore come Rocco Casalino). In un periodo di lotta politica anomala Matteo Salvini ha trovato il suo asso nella manica in Luca Morisi, ma anche in questo caso alla fine la comunicazione ha esaurito la sua spinta. Rilanciare la politica senza avere spazi innanzi tutto istituzionali per fare politica, non è semplice.

Su Startmag Giulia Alfieri riporta una dichiarazione del direttore generale del ministero della Salute israeliano, Nachman Ash: «Alla luce delle lacune di conoscenza esistenti nel mondo sull’efficacia di una quarta dose, nella situazione attuale, stiamo agendo con cautela e responsabilità», ha spiegato Ash, giustificando la scelta. «Se ci saranno segni che indicano che la malattia grave potrebbe aumentare tra i più anziani, allora prenderemo questa decisione. La sfida è capirlo abbastanza in tempo da poterli vaccinare». Protestare, criticare, volere la verità è sempre salutare in una società aperta, ma se anche in uno Stato così organizzato come Israele, se in un paese perfetto nel contrasto alla pandemia sin dall’inizio si chiede cautela e disponibilità a scelte alternative, questo dovrebbe fare riflettere sulla serietà della situazione e far evitare non le critiche, sempre opportune, ma posizioni assolutamente assertive oggi assai difficili da sostenere.

Su Startmag Federico Damato scrive: «Sarebbe tuttavia opportuno che non si abusasse di questa pazienza per prospettare scenari che non esistono o per negare l’evidenza, come ha fatto il segretario del Pd Enrico Letta, per esempio, dicendo ieri – in una intervista a Repubblica, oggi ancora compiaciuta – che “il 2022 non può essere un anno elettorale”, quale diventerebbe se fosse eletto un presidente della Repubblica non del tutto gradito – immagino – al suo partito». Come al solito Damato è perfetto nell’analisi. E non si può non concordare sul fatto che il nostro Lettino trascuri l’evidenza. Il che peraltro non dovrebbe più sorprendere.

Su First online Fabrizio Galimberti e Luca Paolazzi scrivono: «Ma la Omicron è davvero una disgrazia? La “legge delle conseguenze inattese” potrebbe colpire ancora e ci sono due argomenti – uno in atto e uno in potenza – che suggeriscono come la nuova variante potrebbe essere un blessing in disguise, una benedizione mascherata». Sia quando predicano l’Apocalisse sia quando annunciano la Terra promessa, nelle parole degli economisti si scorge sempre un seme di follia. Diceva Winston Churchill: quando consulto due economisti ricevo sempre due pareri divergenti, a meno che uno dei due economisti non sia John Maynard Keynes, nel qual caso ricevo tre pareri divergenti.

Su Huffington Post Italia Ugo Magri scrive: «Mattarella non ne ha fiancheggiato nessuno. Nessuno, difatti, gli sta proponendo il “bis”». Scrivere di un uomo rigoroso che nella fase drammatica della pandemia ha fatto da sponda a una società angosciata aiutando l’Italia a tenersi in piedi, non è facile: il sentimento di gratitudine non può non prevalere su qualunque analisi articolata. È naturale perciò che Magri sottolinei soprattutto gli aspetti positivi del settennato mattarelliano, che peraltro – prescindendo dal pur mirabile contrasto al Covid-19 – ha continuato a disgregare le istituzioni politiche nazionali sulla scia di Giorgio Napolitano. Però lo sperimentato giornalista della Stampa avrebbe potuto risparmiarsi il “servile omaggio” espresso nella frase che abbiamo citato: se non fosse per l’inflessibile moralità del presidente uscente, che al contrario del suo predecessore non vuole offendere la Costituzione con un secondo mandato sia pure a termine, la stragrande maggioranza di una politica disperata, disgregata e imbalsamata l’avrebbe rieletto di corsa.

Su Huffington Post Italia si riporta questa frase di Massimo D’Alema: «L’idea che il presidente del Consiglio si autoelegga capo dello Stato e nomini un alto funzionario del Tesoro al suo posto mi sembra una prospettiva non adeguata per un grande paese democratico come l’Italia, con rispetto per le persone». Ecco una frase che un passante dai buoni sentimenti, molto digiuno di politica, potrebbe pronunciare al bar senza vergognarsi. Chi ha contribuito, talvolta attivamente per codardia (o fragilità psicologica), a cacciare l’Italia nel pantano in cui si trova, dovrebbe invece (per il suo e il nostro bene) astenersi da simili giudizi.

Sul Tgcom si riporta questa frase di Silvio Berlusconi nel messaggio di auguri per la fine dell’anno: «Se sapremo essere uniti e solidali come abbiamo dimostrato di poter fare in questi mesi, sono convinto che il paese potrà presto riaprire e ripartire». È l’annuncio del ritiro della sua candidatura?

Sugli Stati Generali Paolo Natale scrive: «Al partito di Italia viva va un 4 per la sua incapacità di porsi effettivamente come punto di riferimento di un centro moderato ma affidabile. Discorso a parte merita ovviamente Matteo Renzi, la cui abilità nel restare sempre al centro della ribalta politico-mediatica è giudicabile con un voto pari a 8, che piaccia o non piaccia». Un giudizio schizofrenico sul leader e sulla formazione che guida, e che ha un unico senso: “Ecco come si spreca un talento”.

Su Startmag Giuseppe Gagliano scrive: «Ma i problemi giudiziari del miliardario Bolloré non sono certamente finiti qui». Dureranno almeno fino ad aprile, mese in cui si elegge il nuovo presidente della Repubblica francese?

Su Formiche Michele Masulli scrive: «Si tratta di dati che ci invitano ad accelerare sul necessario e inevitabile percorso di transizione energetica con un approccio di realtà». Realtà. Realtà! Quanti delitti contro il tuo nome.

Su Affari italiani Paolo Alagia scrive: «Non a caso Azione e +Europa hanno dato vita a componenti comuni nel gruppo Misto». Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova si sono messi in movimento? Scosse telluriche si avvertono già persino in Val Padana.

Su Dagospia si riportano queste parole di Enrico Letta sul Pd: «Sono orgoglioso di esserne il segretario pro tempore e di portare avanti questa storia nell’interesse dell’Italia». E l’interesse della Francia, se ne dimentica o lo tiene coperto?

Su Dagospia si riportano queste parole di Matteo Renzi: «A destra ci sono i sovranisti di Salvini e Meloni. A sinistra il Pd insegue la piazza di Landini e il populismo grillino. Ovvio dunque che ci sia uno spazio centrale, distinto e distante da questa destra e da questa sinistra» Basta con l’“o di qui o di là”? Avanti tutta con i quaquaraquà?

Sul Sussidiario Calogero Mannino dice: «Letta si sforza di tenere unito un Pd che scappa da tutte le parti: Franceschini continua a sognare almeno una presidenza, Orlando pensa e spera nella continuità di governo fino al 2023, l’oracolo Bettini, che si trova a grande distanza geografica e non può dare indicazioni più strette, rilascia interviste e poi precisazioni a queste, ma siamo fermi al manifesto ideologico di una nuova sinistra non socialdemocratica, e comunque sempre post-comunista». Non sfugge l’ironia di un grande vecchio (perseguitato) Dc che osserva ex democristiani ingabbiare ex comunisti.

Affari italiani riporta un post su Facebook in cui si scrive: «Quanto accaduto stasera al Tg1, nell’edizione di maggior ascolto, è pazzesco. Si manda in onda un intervista a Romano Prodi nella quale è impossibile capire cosa Prodi stia mai dicendo». Che è successo al vecchio professore emiliano? Parlava in cinese come gli succede sempre più spesso?

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