Mattarella non l’ha rieletto “la saggezza del Parlamento”, ma la sua disperazione

Il discorso di Sergio Mattarella al Quirinale appena rieletto presidente della Repubblica, 29 gennaio 2022 (foto Ansa)

Sugli Stati generali Francesco Linari scrive: «Dal caos, vero kingmaker di quest’elezione presidenziale, è emerso il secondo mandato a Sergio Mattarella». Nella “preghiera” di questa mattina esaminiamo essenzialmente le reazioni sui siti internet all’elezione di Sergio Mattarella. È interessante costatare che, nonostante il trionfante conformismo di massa, vi sia ancora spazio per analisi realistiche e non solo per servili omaggi. Così su un sito di sinistra si coglie come la forza che ha deciso la rielezione di Mattarella, non è la “consapevolezza” di un Parlamento apertamente sbandato, ma il caos. Non la razionalità, ma la disperazione.

Sul Sussidiario Antonio Fanna scrive: «Ha iniettato una quantità impressionante di tossine nelle vene del sistema politico, la vicenda Quirinale. Centrodestra sbrindellato, 5 stelle sull’orlo della guerra civile, Pd che non si sente troppo bene, anche se sta (in apparenza almeno) un po’ meglio degli altri. Ci vorrà tempo per smaltire i veleni, ammesso che ciò sia possibile. E il discorso vale anche per Mario Draghi e il suo governo». Questa mi pare un’analisi ugualmente consapevole rispetto alla precedente e dunque preoccupata, che pur intravedendo qualche percorso per esiti non catastrofici, riconosce la quantità di veleni (innanzi tutto, nonostante le apparenze, contro Mario Draghi) in circolazione.

Su Formiche Carlo Fusi scrive: «La conferma di Mattarella è per il premier la condizione migliore. Ma se metti in freezer un cibo che si è guastato non è che quando lo tiri fuori torna per forza commestibile». È convincente anche come Fusi cerchi di smorzare gli insensati entusiasmi per una situazione che resta molto drammatica.

Sulla Zuppa di Porro si scrive: «Scusate commensali in questa settimana abbiamo scherzato. Ma quali grandi princìpi: Mattarella è l’unico modo per portare a casa la pagnotta». Ecco una formula molto rozza che però corrisponde alle decine di interviste a stampa e tv che si sono espresse in questo senso e sono state rilasciate da grandi elettori della presidenza della Repubblica. Insomma l’obiettivo “pagnotta” è stato tutto tranne che nascosto.

Su Formiche Francesco Scisci scrive: «Oggi la nuova candidatura di Sergio Mattarella sempre a presidente della Repubblica invece evidenza che la crisi è istituzionale. Essa è profondissima e va al di là della scelta del presidente e pone il problema della legittimità del Parlamento che non sa più scegliere e sceglie di non scegliere, di allungare l’esistente». La considerazione di fondo di Scisi (l’elezione di Mattarella evidenzia la crisi istituzionale, non la risolve) è il punto centrale anche per capire quel che si potrà fare.

Su Strisciarossa si scrive, citando proprio Sergio Mattarella: «I partiti sono sempre più asfittici e lontani dal loro retroterra sociale. I quadri selezionati risultano spesso mediocri». Un sito di ex comunisti che si sforzano di stare “seriamente” a sinistra (nonostante Enrico Letta) evidenzia un altro fattore essenziale: l’elezione di Matterella non è frutto di partiti in via di risanamento, bensì in via di disgregazione. Questo è un altro elemento per dominare un entusiasmo fasullo che non corrisponde allo stato reale delle cose. La rielezione del presidente uscente è al massimo valutabile come un freno al caos (il che naturalmente in qualche misura è utile), non come una risposta a questo.

Sulla Nuova Bussola quotidiana Stefano Fontana scrive: «Una valutazione semplice ma realistica del significato politico della ri-elezione al Quirinale del presidente Sergio Mattarella può essere la seguente: hanno vinto i fautori dello status quo, hanno perso i sostenitori del cambiamento. Mi riferisco qui agli italiani e non alle forze politiche. La nuova società palliativa, come dice il filosofo germano-coreano Byung-chul Han, rifugge la sofferenza, è priva di eroismo, si accomoda nella tranquillità garantita della sopravvivenza. Gli italiani che sono stanchi dei lunghi e difficili sedici anni dell’era Napolitano-Mattarella e temono il nuovo accentramento di potere hanno avuto la porta in faccia. Coloro che in questi sedici anni si sono accomodati a tavola e sul divano hanno avuto la loro porta aperta per un nuovo periodo». Spesso sulla Nuova Bussola quotidiana si trovano analisi ispirate da visioni molto radicalizzate della realtà, mentre astrattamente si potrebbe auspicare l’uso di maggiori mediazioni nel linguaggio, concretamente invece non si può non essere contenti che vi sia chi, radicalizzando l’analisi, aiuta a perforare il muro di conformismo dominante.

Su Huffington Post Italia Alessandro De Angelis scrive: «Anche Salvini per disperazione apre al bis. Dopo l’ultimo tentativo su Casini, pure Berlusconi dice sì. Si asseconda la saggezza del Parlamento». De Angelis è un commentatore particolarmente intelligente. Questa sua affermazione però al fondo non mi sembra condivisibile: che Salvini e Berlusconi fossero disperati è evidente. Ma che sia saggio un Parlamento nel quale la gran parte dei membri dichiarava di scegliere il presidente per evitare di dover tornare a casa, si può sostenere solo se della saggezza si ha una concezione guicciardiniana, cioè che corrisponda alla difesa del proprio interesse particolare.

Dagospia scrive: «Ancora. Non è vero che tutto, in modalità ‘’Gattopardo’’, rimane come prima. Draghi e il Bis-presidente si sono rassicurati a vicenda: io resto se tu resti. Ma il premier sa benissimo che pagherà la sua improvvida autocandidatura e da domani, quando presiederà il primo Consiglio dei ministri post-Colle, sarà più debole. Ma non finirà prigioniero dei partiti che non lo hanno voluto al Colle: perché da SuperMario passeremo a SuperSergio. Sarà il Siculo a dare forza, protezione e indirizzo all’esecutivo draghiano. È il solo che adesso può intimare “mi avete voluto di nuovo e ora fate quello che vi dico io” a quella banda di scappati di casa che fino a ieri erano tutti d’accordo solo su una cosa: mai un secondo incarico al capo dello Stato uscente. Ora il pugno di Mattarella sarà durissimo e se prima potevano alzare un ditino adesso dovranno solo chinare la testa e assecondare SuperSergio senza proferire verbo. E per la gioia di Draghi, la Mummia Sicula sta a pallettoni e ha già chiarito: “La mia non sarà una presidenza a tempo”». Certi ambienti romani, in una fase in cui si devono decidere centinaia di migliaia di investimenti, brindano alla sconfitta di Draghi. Il loro ragionamento per quanto enfatico ha qualche base solida e spinge ancor più a chiedersi perché mai Matteo Salvini non abbia riflettuto sullo scenario che si determinava non portando Draghi al Quirinale.

Su Formiche Francesco Nicodemo: «La politica, come molte cose della vita, si giudica per il risultato più che per il percorso. E il risultato è la rielezione di Sergio Mattarella, la scelta più razionale». Questo machiavellismo un tanto al chilo (il fine giustifica i mezzi) trascura che in una democrazia solo dall’esame del percorso si può capire la qualità del risultato. Se si cammina indifferentemente sulle macerie della politica per conquistare la stabilità, ci si prepara a tempi catastrofici.

Su Linkiesta Francesco Cundari scrive: «Un altro segno di come i partiti siano ridotti». Cundari esalta Sergio Mattarella e condanna “i partiti”, ma la miseria in cui si sono ridotti i partiti non dipende anche dai sette anni di regia mattarelliana che seguono i nove di regia napolitaniana?

Su Fanpage Francesco Cancellato scrive: «Per una volta, dopo vent’anni di brutale sottomissione al volere dei capi di partito e del governo, il Parlamento si è ripreso la sua centralità e ha “imposto” Mattarella a tutti i litiganti». Il povero Cancellato chissà in che mondo vive. Dal 2011 è la politica che è commissariata dal Quirinale e non viceversa.

Su Affari italiani si pubblica un video con questo titolo: “Emiliano: Mattarella bis fa piacere a tutti gli italiani”. Un quasi politico come Michele Emilano, che per carattere è a metà tra gli intriganti ex comunisti pugliesi di nascita o di insediamento (da Massimo D’Alema a Francesco Boccia) e i grillini, coglie l’elemento populistico dell’elezione di Mattarella, cioè il raccogliere il sentimento antipolitico diffuso nella nostra società e trasformarlo in consenso. L’entusiasmo per Mattarella ha molte analogie con i 5 stelle al 32 per cento nel 2018: è una via che al momento dà grandi soddisfazioni ma può provocare rapide cadute

Su Formiche Roberto Arditti scrive: «E poiché non possiamo trasformare la Repubblica secondo il modello di Comuni e Regioni (ci vuole una enorme modifica della Costituzione che richiede due/tre anni di tempo), l’unica possibilità che abbiamo è “azzerare” il sistema attraverso una legge elettorale di tipo proporzionale, capace di dare a tutti i giocatori la possibilità di fare la propria corsa». Un altro esponente di quell’un po’ misterioso mondo romano a cui accennavamo citando Dagospia e che sfugge completamente al povero Matteo Salvini, spiega quale dovrebbe essere la quadratura del cerchio di tutta la partita giocata sul Quirinale: dare una base istituzionale cioè il ritorno al proporzionale alla corsa dei topini per la conquista di una loro fettina di formaggio a cui abbiamo assistito in tutta la vicenda della rielezione di Mattarella.

Su Affari italiani Giuseppe Conte dice: «L’ho detto prima io». Così risponde a Luigi Di Maio il mitico “Giuseppi” che vuole impegnarsi a imparare la politica. Ci vorrà un po’ di tempo, questa sua dichiarazione dimostra che ha voluto cominciare dall’asilo.

Exit mobile version