L’invasione di campo della Consulta

La Corte costituzionale non si è limitata a vagliare l'articolo 580, ma ha "dettato" la legge al Parlamento

Caro direttore, mi scuso se torno su un tema, sul quale mi pare che ci sia poca attenzione. Si tratta dei poteri della Corte Costituzionale, la cui decisione circa il suicidio assistito è, in questi giorni, al centro del dibattito pubblico. Non entro, in questa lettera, nel merito dell’inquietante comunicato emesso dalla Corte (in attesa di conoscere la sentenza) e che tanti hanno già avuto modo di condannare decisamente, come Tempi ha avuto modo di documentare.

Vorrei tornare su un aspetto istituzionale che tutta questa vicenda ha messo in luce e che riguardano, appunto, i poteri della Consulta, come spesso viene chiamata.

I poteri della Corte Costituzionale sono fissati dall’articolo 134 della Costituzione: essa «giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica ed i Ministri…».

Nel caso in questione, la Corte Costituzionale aveva un solo compito: dichiarare costituzionalmente legittimo oppure no l’articolo 580 del codice penale, intitolato “Istigazione o aiuto al suicidio”. La Corte, invece, non ha fatto niente di tutto ciò.

Nella prima ordinanza di circa dieci masi fa, la Consulta ha concesso termine fino al 24 settembre al Parlamento affinché legiferasse sulla base di una serie di criteri indicati nell’ordinanza stessa. In questa occasione abbiamo assistito allo stato febbrile in cui oggi si trovano le nostre istituzioni. Infatti, il Parlamento si è guardato bene dal legiferare, dimostrando una preoccupante indifferenza verso un tema delicato come quello in questione. Ci sono state alcune iniziative in Senato che, però, non hanno portato ad alcun risultato. Ma, d’altra parte, la Corte Costituzionale ha messo in atto una vera e propria invasione nel potere legislativo che assolutamente non le appartiene. Anche a causa, forse, delle profonde divisioni interne esistenti nella Corte, questa non ha saputo decidere ed ha scritto al potere legislativo le modalità con cui dar vita ad una legge. Il potere legislativo non ha avuto la dignità di rispondere per le rime alla Corte, ma rimane il fatto che questa ha compiuto un atto di cui non ha competenza sulla base del citato articolo 134.

Leggendo il comunicato di questi giorni, mi pare di notare (spero di essere smentito dalla successiva sentenza) che la Corte non solo ha ribadito l’invasione nel campo del potere legislativo, ma, questa volta, ha invaso anche il compito spettante alla magistratura ordinaria. Infatti, nel comunicato, la Corte elenca, in modo molto pignolo, i casi in cui un imputato non sarebbe punibile sulla base dell’artico 580 c.p. e, guarda caso, sono tutti “casi” che combaciano alla perfezione con il caso che deve risolvere la magistratura ordinaria di Milano. In altre parole, la Corte Costituzionale, che dovrebbe fare tutt’altro, ha fornito al giudice milanese i motivi per i quali il radicale Cappato dovrà essere assolto. Anche al di là di ogni intenzione, la Corte Costituzionale, invece di rimanere nel proprio campo che riguarda la decisione circa la legittimità costituzionale di una legge, ha dato indicazioni su come applicare tale legge in un caso specifico. Non poteva farlo.

Desidero comunicarti la mia preoccupazione circa quanto sta accadendo, perché mi pare che queste ordinanze e comunicati in libera uscita finiscano con il delegittimare ancora di più il potere legislativo e la funzione della magistratura, che non hanno certo bisogno di ulteriori azioni di indebolimento (già ci pensano loro in proprio)

Ho visto che in questi giorni qualcuno, a proposito della Corte Costituzionale, ha parlato della “terza camera” (la quarta pare essere “Porta a porta”). Occorre dire alt al solo pensare una cosa del genere. È la Corte stessa che dovrebbe preoccuparsi di operare entro i limiti che la Costituzione le pone. E, se non lo facesse, altri poteri dovrebbero farlo. Invece, sento un chiassoso silenzio, anche da parte di chi ha il compito di vigilare sul democratico funzionamento delle istituzioni.

Peppino Zola

Foto Ansa

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