La tendenza esiziale a trattare Di Maio come un protagonista della Storia

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia si riporta questa frase di Luigi Di Maio: «Dovevamo necessariamente scegliere da che parte stare della storia».

Il giornalista collettivo che descrive quella macchietta del nostro ministro degli Esteri come un protagonista della Storia probabilmente non si rende neanche conto dei danni che fa al rapporto tra cittadini e istituzioni.

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Su Dagospia si pubblica un articolo di Charles A. Kupchan per la Repubblica nel quale si scrive: «La prudenza strategica non dev’essere scambiata per appeasement. È nell’interesse dell’Ucraina evitare un conflitto che si trascini per anni e negoziare un cessate il fuoco seguito da un processo finalizzato ad arrivare a un accordo territoriale. Anche gli Stati Uniti, i loro alleati della Nato, la Russia e il resto del mondo hanno interesse che si arrivi a un esito del genere: ed è proprio per questo che è arrivato il momento che Biden metta in piedi un tavolo negoziale».

Persino nei santuari del “giornalismo collettivo” si trovano posizioni ispirate dalla razionalità.

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Su Startmag Francesco Damato scrive: «Dietro le quinte, dove non essendo parlamentare ha seguito le trattative fra i gruppi della maggioranza per la risoluzione conclusiva del dibattito sulle comunicazioni del presidente del Consiglio al Senato in vista del Consiglio europeo di questa settimana, Giuseppe Conte è riuscito ad imporre l’aggettivo “ampio” al coinvolgimento delle Camere accettato dal governo nella gestione della crisi internazionale provocata dalla guerra della Russia all’Ucraina».

Tutto il sarcasmo di un giornalista intelligente come Damato verso Giuseppe Conte è meritato e condivisibile. Preoccupa però che anche osservatori di qualità non si rendano conto di quanto prolungare la vita di questo Parlamento contribuisca a far crescere irresistibilmente la disgregazione italiana.

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «Il Partido popular vince per la prima volta le elezioni regionali nella provincia di Siviglia e Andalusia, vero bastione storico socialista, e nella città di Juan Espadas, sindaco di Siviglia fino a poche settimane fa. La sinistra estrema scompare, o quasi, e scompare invece il movimento di centro Ciudadanos. Questa è stata comunque una vittoria clamorosa del Pp».

La scomparsa dei Ciudadanos, dopo la sconfitta di Emmanuel Macron, è un altro segnale di come la politica europea si stia orientando verso una polarità liberalconservatrice e una ecologistico-socialista, accompagnare questo processo è l’unica via per dare una stabilità democratica agli Stati dell’Unione.

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