«L’Occidente spinga l’Ucraina a scendere a patti con la Russia»

Per l'ex segretario di Stato americano Kissinger, capo dei realisti, è ora di puntare tutto sui negoziati. Anche perché l'Occidente rischia di disunirsi e la guerra nel Donbass si fa sempre più critica per Kiev

La Russia non va spinta tra le braccia della Cina perché «per 400 anni è stata parte essenziale dell’Europa e garante dell’equilibrio del potere europeo in momenti critici». Lo ha ribadito al World Economic Forum Henry Kissinger, che parlando con il Financial Times aveva già raccomandato agli Stati Uniti di non trasformare il conflitto in Ucraina in una guerra contro la Russia dalle conseguenze catastrofiche.

«L’Ucraina scenda a patti con la Russia»

A Davos, l’ex segretario di Stato americano dei tempi di Richard Nixon, caposcuola dei “realisti” in materia di politica estera, ha aggiunto che l’Occidente dovrebbe ora convincere l’Ucraina a scendere a patti con Mosca, per quanto questo possa risultare doloroso.

«I negoziati», ha detto, «devono iniziare nei prossimi due mesi prima che il conflitto crei sconvolgimenti e tensioni che saranno difficilmente superabili. Idealmente, bisognerebbe tornare allo status quo [ante 23 febbraio]. Spingere la guerra oltre quella linea non sarebbe più combattere per la libertà dell’Ucraina, ma contro la Russia stessa».

L’Occidente rischia di disunirsi

Kissinger ha aggiunto che Kiev deve ora dimostrare un grado di «saggezza» simile all’«eroismo» dei primi mesi di guerra. E vanno parzialmente in questa direzione le parole di Volodymyr Zelensky secondo cui «le prossime settimane di guerra saranno difficili». Il presidente ucraino ha anche riconosciuto che la Crimea va considerata persa, dal momento che riconquistarla «ci costerebbe centinaia di migliaia di morti».

C’è un altro elemento che andrebbe considerato nel valutare gli obiettivi da inseguire nel conflitto ucraino. Fino ad oggi, l’Occidente si è schierato unito nei confronti di Kiev e contro la scellerata guerra di Vladimir Putin. Ma lo stallo che si registra in Unione Europea intorno al sesto pacchetto di sanzioni sul petrolio, bloccato dall’Ungheria, e le conseguenze del conflitto in termini di costi energetici e sicurezza alimentare, potrebbero presto spaccare il fronte. «Non sono sicuro che l’unità durerà», ha dichiarato al Telegraph Eric Cantor, politico americano che ha avuto un ruolo importante nel decidere le sanzioni da comminare all’Iran.

L’embargo Ue sul petrolio è ancora fermo

Il ministro tedesco dell’Economia, Robert Habeck, ha recentemente dichiarato che a breve potrebbero esserci novità sul fronte sanzioni e che «entro pochi giorni potremmo raggiungere la svolta: è a portata di mano». Ma i paesi riluttanti, capeggiati dall’Ungheria, non mollano la presa e continuano a chiedere indennizzi importanti per dare il via libera al pacchetto.

Ieri Judit Varga, ministro della Giustizia ungherese, ha reiterato la posizione di Budapest: siamo aperti alle sanzioni, ma prima vogliamo vedere «le soluzioni proposte dalla Commissione». Il premier Viktor Orban, come spiega il Financial Times, chiede che Bruxelles seppellisca l’ascia di guerra sulla procedura d’infrazione aperta per violazione dello stato di diritto, sblocchi i fondi del Pnrr al paese e indennizzi in modo sostanzioso la spesa che l’Ungheria dovrà affrontare per rinunciare al petrolio russo (si parla di 15-18 miliardi in ammodernamento delle infrastrutture).

La guerra va male nel Donbass

Infine, come riporta Repubblica, fonti di intelligence occidentali confermano che «è molto probabile che le forze ucraine possano essere circondate in alcune zone del Donbass, come a Severodonetsk. Nel Donbass la Russia continua ad avanzare, seppur più lentamente di quanto avesse pianificato. I russi, in numero sempre superiore, stanno guadagnando terreno costantemente e potrebbero presto circondare e tagliare i collegamenti dei militari ucraini intorno a Severodonetsk».

Il realismo politico di Kissinger è sicuramente duro da digerire, soprattutto quando afferma che l’Occidente deve convincere l’Ucraina che il suo ruolo «appropriato» è quello di essere uno Stato neutrale e non la frontiera dell’Europa. Dichiarare, come fatto ieri dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che «l’Ucraina deve vincere» è certamente più semplice. Ma senza un piano credibile per raggiungere l’obiettivo, parole simili se le porta via il vento.

Se infatti l’Unione Europea non ha alcuna intenzione di fare entrare Kiev nel club, come apparso chiaro dalle dichiarazioni di alcuni tra i più importanti leader europei, dovrebbe iniziare almeno a lavorare per un vero negoziato. Non solo con l’Ucraina, ma anche con la Russia, che finora si è sottratta a ogni negoziato credibile.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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