Il rapporto sugli abusi sessuali che scuote la Chiesa in Francia va letto bene

La piaga è reale e l'episcopato si è detto «orripilato» dai risultati della commissione indipendente (216 mila minori abusati dal clero tra il 1950 e il 2020). Ma i dati sono frutto di "stime" e la Chiesa da anni si sta muovendo per prevenire gli abusi

«Sono orripilato dal numero di persone che si dichiarano vittime di aggressioni sessuali in seno alla Chiesa. Sono profondamente costernato, umiliato dall’incapacità della Chiesa, delle sue autorità, delle sue comunità di percepire la sofferenza delle vittime e di comprendere la minaccia che questo o quel prete, quel religioso o quella religiosa, rappresentavano». Così monsignor Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims e presidente della Conferenza episcopale francese, ha reagito alla lettura del rapporto definitivo della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (Ciase).

I risultati del rapporto sugli abusi sessuali

Il rapporto è stato richiesto dalla stessa Chiesa cattolica francese, che il 7 novembre 2018 ha incaricato una commissione indipendente di valutare l’entità del fenomeno degli abusi sessuali su minori nella Chiesa francese. La commissione composta da una ventina di esperti in diversi campi, presieduta da Jean-Marc Sauvé, vicepresidente onorario del Consiglio di Stato, ha lavorato per tre anni e ha terminato la sua missione il 5 ottobre consegnando alla Conferenza episcopale un rapporto di 485 pagine, comprensivo di altre 2.000 pagine di allegati e 45 raccomandazioni.

Secondo il rapporto «scioccante», come l’ha definito lo stesso episcopato francese, tra il 1950 e il 2020 almeno 216 mila minori sarebbero stati vittime di abusi sessuali da parte di 2.900-3.200 membri del clero in Francia (cioè il 2,5-2,8 per cento del totale). Se si considerano anche gli abusi commessi dai laici all’interno di istituzioni ecclesiastiche, il dato delle vittime sale a 330 mila. Si tratta del 4 per cento degli abusi sessuali commessi nello stesso periodo in tutto il paese. Per quanto riguarda il tasso di prevalenza, cioè il rischio che un minore resti vittima di atti di pedofilia in una certa istituzione della società, l’indice è pari allo 0,82% nella Chiesa, allo 0,36% nelle colonie, allo 0,34% nelle scuole pubbliche e allo 0,28% nello sport.

«La Chiesa non ha saputo prevenire»

Secondo l’autore del rapporto, Jean-Marc Sauvé,

«c’è una responsabilità di natura sistemica della Chiesa. Chi, infatti, ha reclutato, formato, ordinato e assegnato un ruolo a questi preti e religiosi dando loro il potere considerevole di celebrare i sacramenti, perdonare i peccati e accompagnare spiritualmente uomini, donne e bambini? La Chiesa non ha saputo vedere, non ha saputo ascoltare, non ha saputo gestire, non ha saputo prevenire: ecco in che cosa consiste la sua responsabilità».

Si tratta di stime, non di casi accertati

Se questi sono i numeri più eclatanti contenuti nel rapporto, è importante fare alcune sottolineature per meglio comprendere il contenuto e la portata di «questo importante lavoro di verità», come l’ha definito il presidente della Conferenza episcopale francese. La Commissione parla di 216 mila vittime in base a un sondaggio realizzato online dall’Ifop, e commissionato dall’Istituto nazionale di salute e ricerca medica (Inserm), su un campione rappresentativo di 243.601 persone, delle quali hanno risposto in modo completo 28.010 persone.

L’1,2% delle 28.010 persone che hanno risposto al questionario online ha affermato di aver praticato in gioventù attività legate alla Chiesa cattolica e di aver subito abusi sessuali. Il dato cala allo 0,8% se si escludono gli abusi commessi dai laici. Questo 0,8% è stato poi parametrato alla popolazione nazionale ed è da questo esercizio di approssimazione che esce la «stima» di 216 mila vittime.

Oltre al sondaggio, la Commissione ha lanciato un “appello a testimoniare” ricevendo 3.652 testimonianze telefoniche, 2.459 email e 360 lettere. Queste testimonianze sono state valutate dal gruppo France Victimes senza ovviamente il rigore che può derivare da un’inchiesta giudiziaria. Sono stati presi in considerazione anche gli archivi della Chiesa e i casi usciti pubblicamente nelle cronache francesi.

L’ingiusta gogna contro Barbarin e Pell

Sottolineare che si tratta di “stime” e non di casi accertati non è un modo per sminuire la gravità di quanto contenuto nel rapporto, che nessuno mette in discussione, ma serve a non dare adito a una indiscriminata “caccia al prete pedofilo”. In Francia ad esempio il fondatore della Parola Liberata, associazione delle vittime di padre Preynat a Lione, ha dichiarato riferendosi ai vescovi:

«Voi siete un’onta per l’umanità, avete calpestato il diritto divino naturale, l’obbligo di proteggere la vita e la dignità della persona umana. Avete tradito la fiducia, la morale, l’innocenza, il Vangelo. Siete colpevoli di codardia, debolezza, dissimulazione, strategia, silenzio, ipocrisia, menzogna, sotterfugi e compromessi abietti».

Con la stessa ferocia di questa requisitoria senza appello, la fondazione condusse la campagna mediatica e giudiziaria contro il cardinale Philippe Barbarin, accusato di aver protetto sacerdoti autori di abusi sessuali. La gogna che si scatenò per oltre cinque anni contro l’ex arcivescovo di Lione si interruppe solo dopo la sua assoluzione definitiva per non aver commesso alcun reato né aver coperto abusi. La stessa gogna colpì anche il cardinale George Pell in Australia, assolto il 7 aprile 2020 dall’accusa di aver commesso orribili abusi sessuali dopo aver passato però 405 giorni in carcere da innocente.

Le azioni della Chiesa per prevenire gli abusi sessuali

Tornando al rapporto, alcuni dati testimoniano anche gli importanti passi avanti fatti dalla Chiesa (francese e universale) negli ultimi decenni per contrastare il fenomeno degli abusi. La maggioranza delle aggressioni sessuali stimate (56 per cento) è avvenuta infatti tra il 1950 e il 1970, il dato cala al 22 tra il 1970 e il 1990, mentre un altro 22 per cento ha avuto luogo tra il 1990 e il 2020. Anche il rapporto tra gli abusi commessi in ambienti ecclesiastici rispetto a quelli avvenuti in altri ambiti della società diminuisce nel tempo: si passa dall’8 per cento nel periodo 1950-1970 al 2,5 per cento (1970-1990) fino al 2 (1990-2020).

Per quanto riguarda il tasso di prevalenza degli abusi nella Chiesa, 0,82 per cento tra il 1950 e il 2020, esso scende allo 0,30 dopo gli anni Ottanta. Mentre la percentuale di religiosi colpevoli di abusi, 2,5-2,8 per cento nell’intero periodo studiato, scende allo 0,26 se si considerano solo gli anni che vanno dal 2018 al 2020.

Il tabù dell’omosessualità

Tra i dati che fanno più riflettere, c’è infine quello che riguarda il sesso degli abusati. Se nell’intera società a subire abusi sono nel 75% dei casi femmine e nel 25% maschi, all’interno della Chiesa il dato si ribalta: le vittime sono costituite all’80% da maschi e al 20% da femmine.

Il rapporto non fornisce una spiegazione né azzarda un’interpretazione di questo dato e così sembra soccombere allo spirito del tempo. La Commissione non ha evidentemente voluto affrontare il problema della omosessualità di molti sacerdoti per paura di infrangere un tabù. A porre la domanda in modo schietto al presidente della Commissione, Jean-Marc Sauvé, ci ha pensato però il Figaro: «Tra gli argomenti tabù c’è quello dell’omosessualità, vissuta o no nella castità, di alcuni preti. Non vogliamo confondere questo tema con quello della pedofilia, ma vi occupate di questo punto?». «Il rapporto è prudente sull’interpretazione di questi dati», è la risposta felpata ma indicativa. «Ma ci sono probabilmente altre cause oltre a quella della semplice “opportunità” risultante dal fatto che clero e religiosi erano soprattutto a contatto con i maschi».

Il tema non è nuovo ed era stato affrontato con molto più coraggio da Benedetto XVI. Negli Appunti pubblicati nell’aprile 2019, due mesi dopo l’importante incontro in Vaticano promosso da papa Francesco sull’emergenza pedofilia nella Chiesa, individuava tra le cause del dilagare degli abusi la “liberazione sessuale” del 1968, la «dissoluzione dell’autorità dottrinale della Chiesa in materia morale» e il degrado dei seminari, dove «si formarono club omosessuali che agivano più o meno apertamente».

La richiesta di abolire il segreto confessionale

Nel rapporto si ravvisa anche lo scotto pagato ad alcune ideologie in voga negli ultimi anni scorrendo le 45 raccomandazioni che la Commissione fa alla Conferenza episcopale francese per limitare la piaga degli abusi sessuali. Oltre a raccomandare l’accoglienza e l’ascolto delle vittime, l’ammissione delle proprie responsabilità e il riconoscimento di un indennizzo, una riforma in seno al diritto canonico delle modalità con cui si valutano i casi di abusi, si interviene a fronte di sospetti e si puniscono i responsabili, la Commissione entra a gamba tesa «nel campo della teologia, dell’ecclesiologia e della morale sessuale».

La commissione propone innanzitutto di abolire l’obbligo del segreto confessionale per il sacerdote qualora si trovi davanti all’ammissione di colpe inerenti gli abusi sessuali. Questa misura è stata già proposta, e in alcuni casi anche approvata, in diversi stati dell’Australia. Ma come notato dall’arcivescovo di Perth, Timothy Costelloe, la proposta rischia soltanto di peggiorare le cose visto che da un lato spingerebbe i predatori a non confessare i propri peccati – passo che potrebbe portare anche a un’ammissione di colpa davanti alla giustizia – e dall’altro potrebbe danneggiare le vittime:

«Se si tratta di qualcuno che vuole rivelare di essere stato abusato, confidando sul fatto che il confessionale è un posto sicuro dove parlarne, confidando che quanto detto resterà segreto, anche questi rinuncerà a venire, e forse non riuscirà a fare i conti con quanto è successo. Per questo io temo davvero che il risultato di tale cambiamento potrebbe ben essere per i bambini e per i giovani una sicurezza minore, non maggiore».

«Valutare l’ordinazione di uomini sposati»

Viene consigliato poi alla Chiesa di «valutare l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati» e «identificare le esigenze etiche del celibato», oltre che “desacralizzare” in qualche modo la figura del prete «valutando il rischio di conferirgli una posizione eroica o di dominio». Si propone di valutare anche se «l’eccesso paradossale di fissazione della morale cattolica sulle questioni sessuali non abbia un effetto controproducente» e di favorire «la riflessione dottrinale sulla sessualità affinché non sia separata dalle esigenze dell’uguale dignità di ogni persona umana». Si chiede inoltre di non considerare i casi di abusi sessuali come riguardanti il sesto comandamento («Non commettere atti impuri»), ma il quinto («Non uccidere»). Infine, si suggerisce di «rafforzare la presenza di laici e donne nelle sfere decisionali della Chiesa cattolica».

Mentre è facile ravvisare come questi cambiamenti dottrinali possano danneggiare la Chiesa, non è chiaro come possano aiutarla a prevenire gli abusi sessuali e a denunciarli prontamente quando essi avvengono.

Benedetto XVI e la crisi della fede

Di sicuro, in materia teologica e dottrinale, la Chiesa francese farebbe bene ad ascoltare prima di tutto Benedetto XVI, che nei già citati Appunti legava la crisi degli abusi alla crisi della fede:

«[Un mondo senza Dio] in qualche modo ci sarebbe e basta, e sarebbe privo di qualsiasi fine e di qualsiasi senso. Non vi sarebbero più criteri del bene e del male. Dunque avrebbe valore unicamente ciò che è più forte. Il potere diviene allora l’unico principio. La verità non conta, anzi in realtà non esiste. Solo se le cose hanno un fondamento spirituale, so­lo se sono volute e pensate – solo se c’è un Dio creatore che è buono e vuole il bene – anche la vita dell’uomo può avere un senso. […] Quando in una società Dio muore, essa diviene libera, ci è stato assicurato. In verità, la morte di Dio in una società significa anche la fine della sua libertà, perché muore il senso che offre orientamento. E perché viene meno il criterio che ci indica la direzione insegnandoci a distinguere il bene dal male. La società occidentale è una società nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più nulla da dire. E per questo è una società nella quale si perde sempre più il criterio e la misura dell’umano. In alcuni punti, allora, a volte diviene improvvisamente percepibile che è divenuto addirittura ovvio quel che è male e che distrugge l’uomo. È il caso della pedofilia».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Exit mobile version