Hong Kong. «Siamo patriottici, ecco perché abbiamo commemorato Tienanmen»

Il discorso davanti al tribunale e alla storia di Albert Ho, attivista democratico a Hong Kong accusato di aver partecipato alla veglia del 4 giugno bandita dal governo. «Siamo testimoni del massacro e abbiamo il dovere di dire la verità al mondo»

Dodici attivisti democratici di Hong Kong si sono dichiarati colpevoli ieri di aver partecipato l’anno scorso alla veglia bandita dal governo per commemorare la strage di Piazza Tienanmen. La veglia si è svolta ogni anno dal 1990 prima di essere vietata dalle autorità con la scusa della prevenzione pandemica. Riportiamo di seguito una nostra traduzione del discorso integrale fatto in tribunale da Albert Ho, vicepresidente dell’Alleanza che organizza la veglia e già in carcere, sulle ragioni che lo hanno spinto a partecipare nonostante il divieto. Ieri, intanto, le autorità hanno smantellato il museo del 4 giugno su Piazza Tienanmen, l’unico luogo in tutta la Cina dove si racconta che cosa avvenne davvero quel tragico 4 giugno 1989. Da sempre il Partito comunista cinese cerca di cancellare la memoria di come massacrò «come minimo diecimila giovani» in una sola notte. Gli attivisti, sapendo che il regime comunista avrebbe chiuso il museo, hanno raccolto fondi per digitalizzare tutti i reperti e ora è possibile visitare il museo online a questo indirizzo.

Sono il secondo imputato in questo processo che riguarda la veglia presso il Victoria Park del 4 giugno 2020. Come vicepresidente dell’Alleanza responsabile per l’organizzazione dell’evento, mi sono dichiarato colpevole delle accuse avanzate contro di me. Penso che sia mio compito fornire una narrazione esaustiva della storia della veglia del 4 giugno negli ultimi 30 anni affinché il giudice disponga del background necessario per prendere la sua decisione.

La storia è iniziata tra maggio e giugno del 1989 durante la nascita del movimento democratico a Pechino. A quel tempo, un enorme movimento sociale nacque dagli studenti, che si riunirono a migliaia in modo pacifico e razionale, organizzando marce e assemblee. L’obiettivo del movimento era protestare contro la corruzione e chiedere più democrazia.

Il massacro di Piazza Tienanmen

Il movimento fu stroncato alla fine dal governo cinese che inviò l’esercito a Pechino la notte del 4 giugno, decisione che portò alla sanguinosa repressione della popolazione che protestava pacificamente per le strade.

Perché Hong Kong, allora colonia britannica situata a migliaia di chilometri di distanza, alla periferia del paese, si implicò così tanto con il movimento democratico del 1989? La risposta è semplice e chiara: la gente di Hong Kong stava per essere riunificata alla madrepatria e sperava di rientrare in una nazione democratica e libera (l’intesa tra Regno Unito e Cina era infatti già stata raggiunta nel 1984, anche se il passaggio avvenne solo l’1 luglio 1997, ndr). La gente era anche profondamente commossa dallo spirito sincero e altruistico degli studenti di Pechino, per questo si mosse spontaneamente per sostenere il movimento democratico. Dal 21 maggio al 4 giugno, molti cittadini di Hong Kong hanno preso parte in almeno tre marce enormi, ognuna partecipata da oltre un milione di persone.

Il dovere morale di Hong Kong

Allo stesso tempo, c’erano centinaia di studenti e cittadini di Hong Kong, insieme ai giornalisti, che andarono in Piazza Tienanmen a Pechino per sostenere gli studenti di Pechino. L’Alleanza di Hong Kong fu formata spontaneamente da diverse organizzazioni locali allo scopo di organizzare e preparare le marce e le assemblee a Hong Kong. In quel periodo, eventi pubblici e attività ebbero luogo praticamente ogni giorno, gli organizzatori e i partecipanti mantenevano comunicazioni costanti e cooperavano con le forze dell’ordine e nessuno aveva paura di possibili violazioni della legge riguardante l’ordine pubblico o la sicurezza.

Perché l’Alleanza continua ancora a commemorare il 4 giugno e chiede che il movimento democratico del 1989 sia vendicato anche dopo la soppressione di quel movimento? In breve, è per l’impegno morale e il dovere di coscienza che il popolo di Hong Kong ha preso sulle sue spalle. Ci sono tre fatti pertinenti e importanti.

Nel 1989, la gente di Hong Kong che scese in strada per sostenere il movimento degli studenti di Pechino era motivata da un semplice e genuino spirito patriottico e di affetto verso i compatrioti cinesi. Ci sentivamo dal punto di vita spirituale ed emotivo legati patriotticamente ai nostri fratelli e sorelle. Quando i cittadini di Hong Kong videro con i loro occhi, attraverso i servizi dei media, la cruenta soppressione del 4 giugno, erano tutti tristi e indignati. Non avrebbero mai dimenticato questo passaggio della storia, ed è per questo che si sentirono obbligati moralmente a trasmettere alle giovani generazioni la memoria, per assicurare che il nostro Popolo non dimenticasse.

«Proteggiamo la verità storica»

La vigilia del 4 giugno, durante la cruenta repressione, molti cittadini e studenti di Hong Kong si trovavano a Pechino insieme ai civili che protestavano pacificamente per le strade. Rimasero scioccati nel vedere le truppe sparare improvvisamente contro civili pacifici e disarmati. Molti furono colpiti e caddero. Ma invece di disperdersi, la gente di Pechino si strinse insieme per formare uno scudo umano e proteggere i cittadini di Hong Kong. In base alle testimonianze rese da molti studenti e giornalisti di Hong Kong presenti quel giorno, i cittadini di Pechino gridavano e piangevano, pregando la gente di Hong Kong di ritornare al sicuro in città per dire al mondo intero la verità su che cosa era accaduto quella notte, e cioè che il governo cinese massacrava il suo stesso popolo. Quelle persone tornarono a Hong Kong in lacrime, portando con sé l’impegno di dire la verità a tutto il mondo. Come potrebbe il nostro popolo rinnegare la sua promessa e dimenticare l’impegno preso?

Durante gli ultimi trent’anni noi, popolo di Hong Kong, abbiamo mantenuto la promessa proteggendo la verità storica del 4 giugno e impedendo che venisse distorta, manipolata o dimenticata. Nella Cina continentale, discutere apertamente in pubblico del 4 giugno è sempre stato vietato. Quindi il dibattito intorno al problema storico riguardo al movimento democratico del 1989, se esso fosse o meno nel giusto, è stato ridotto al silenzio, come se un’intera nazione avesse sofferto di amnesia intorno a quel giorno. D’altro canto, in questa piccola città di Hong Kong, noi parliamo in rappresentanza della coscienza dell’intera nazione, proteggiamo la verità della storia e la dignità di tutto il Popolo cinese.

«Dire la verità in faccia al potere»

Durante gli ultimi 30 anni, l’Alleanza di Hong Kong ha di conseguenza assunto coscienziosamente il ruolo di proteggere la verità del 4 giugno, insieme ai residenti di Hong Kong. Per questo, abbiamo messo in piedi il Museo del 4 giugno, organizzato seminari e diverse forme di attività commemorative, tra le quali la più importante è la veglia del 4 giugno che si è svolta ogni anno con un’enorme affluenza. Secondo i dati, per 30 anni dal 1990 al 2019 la veglia si è svolta il 4 giugno ogni anno al Victoria Park anche sotto la pioggia battente o la tempesta. Il numero di partecipanti ogni anno è variato da diverse decine di migliaia a circa 200 mila. Ogni volta, la veglia è stata condotta in modo pacifico e ordinato, non ha mai causato una minaccia alla sicurezza pubblica e non ha mai causato problemi all’ordine pubblico.

Come notato da alcuni, nella storia dell’umanità mai così tante persone hanno persistito per così tanto tempo a riunirsi in pubblico la stessa sera, ogni anno, nello stesso posto allo scopo di dire la verità in faccia al potere.

La veglia del 4 giugno bandita

Nel 2020 il governo per la prima volta dal 1989 si è opposto alla veglia con la motivazione di prevenire la diffusione dell’infezione da Covid-19. Dopo aver fallito nel suo tentativo di appello avverso alla decisione della polizia, il Comitato esecutivo ha deciso di non organizzare la veglia nel modo in cui l’aveva sempre fatto in passato, semplicemente perché non eravamo in grado di installare il sistema audio e il maxischermo insieme al palco e anche perché non potevamo organizzare un team di volontari di 300-500 persone. Il Comitato esecutivo ha quindi deciso di condurre una semplice attività commemorativa per suo conto quella sera al Victoria Park nel modo più simbolico possibile, connettendoci in diretta con la gente di Hong Kong su internet. Allo stesso tempo, abbiamo anticipato che anche se avevamo deciso di non organizzare l’imponente evento commemorativo nel parco come al solito, probabilmente ci sarebbero state alcune persone che si sarebbero recate al parco a commemorare il 4 giugno di loro iniziativa. Ed è esattamente quello che è successo quella sera.

Poiché non c’era un sistema audio quella sera, il Comitato esecutivo non ha potuto comunicare direttamente o interagire con la maggior parte delle persone sparse per i campi da calcio. Se il nostro presidente Lee Cheuk-yan intonò canti e slogan, lo fece principalmente per unirsi istantaneamente alle persone fuori dal parco e anche fuori da Hong Kong via internet. A voler essere rigorosi, non c’è stata alcuna interazione pianificata tra il Comitato esecutivo e i partecipanti all’interno del parco.

Il vero patriottismo

In conclusione, si assume che le attività commemorative o la riunione che c’è stata il 4 giugno erano contro l’ordine pubblico dal momento che non avevamo ottenuto dalla polizia alcuna informativa di non opposizione al raduno. Questa versione è soggetta in realtà a revisione costituzionale presso la Corte d’Appello ma non voglio sollevare il caso qui adesso. Comunque, siamo stati spinti dalle nostre coscienze e dal nostro impegno morale a fare del nostro meglio per mantenere questa storica tradizione di commemorare il 4 giugno, ricordando la lezione della storia e ribadendo la verità in faccia al potere.

Vostro onore, oltre a esercitare la professione legale come avvocato negli ultimi 40 anni, ho anche dedicato la mia vita alla carriera politica (come parlamentare) e all’attivismo sociale. Promuovere la democrazia e sostenere i diritti umani, insieme allo stato di diritto a Hong Kong, così come nella mia madrepatria, sono sempre stati il mio fermo impegno. Ho vissuto il processo di decolonizzazione, la transizione e il ritorno di Hong Kong alla madrepatria. Prima e dopo la repressione del 4 giugno, come combattente della democrazia insieme a molti altri, ho deciso di non emigrare e ho anche rifiutato di fare richiesta del passaporto britannico che mi era stato offerto.

«Siamo dalla parte giusta della storia»

Vostro onore, il 4 giugno 2020 noi, insieme ad altri imputati che si sono dichiarati colpevoli, abbiamo solo cercato di esercitare il nostro diritto fondamentale a commemorare il 4 giugno, obbligati dalla nostra coscienza e dal nostro coraggio morale. Abbiamo ammesso di non essere riusciti a rispettare alcuni requisiti legali, non avendo ottenuto dalla polizia l’informativa di non opposizione. Nel contesto sociale e storico sopra descritto, abbiamo compiuto un atto di disobbedienza civile e siamo pronti ad accettarne le conseguenze. Nei prossimi anni, anche se l’Alleanza dovesse essere sciolta e la veglia del 4 giugno al Victoria Park proibita, lo spirito commemorativo continuerà a sopravvivere e le candele della veglia risplenderanno nei cuori del Popolo di Hong Kong il 4 giugno di ogni anno.

Restiamo positivi e speranzosi, attendendo un cambiamento negli anni a venire, perché crediamo di essere dalla parte giusta della storia e crediamo che lo sviluppo della storia umana non si fermerà.

Vostro onore, rispettiamo la sua responsabilità legale come giudice di condannare me e gli altri. Non ho parlato per invocare clemenza, ma spero e mi aspetto che la durata della pena sia giusta, equa e proporzionata alla luce del background descritto e alla luce del fatto che l’evento del 4 giugno si è svolto in modo pacifico e ordinato.

Molto obbligato, vostro onore.

Foto Ansa

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