Hong Kong. Il regime attacca il cardinale Zen per cancellare la libertà religiosa

Il prelato novantenne è stato incriminato ieri per un capo d'imputazione minore. Ma la Chiesa cattolica di Hong Kong capisce l'antifona e cancella le Messe di commemorazione della strage di Piazza Tienanmen

Il cardinale Joseph Zen all’arrivo in tribunale ieri a Hong Kong dopo l’arresto e il rilascio su cauzione dell’11 maggio

Proprio mentre si celebrava la Giornata mondiale di preghiera per la Cina, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun a Hong Kong è stato incriminato in tribunale insieme agli altri soci del “612 Humanitarian Relief Fund”. Il capo di imputazione, per il momento, non è quello di aver «collaborato con forze straniere per danneggiare la sicurezza nazionale», che potrebbe costare al cardinale novantenne l’ergastolo. Il tribunale gli ha piuttosto imputato di non aver registrato correttamente il fondo presso la polizia come «società». Il cardinale, insieme agli altri imputati, si è dichiarato non colpevole. Se condannato, dovrà pagare una sanzione pecuniaria di circa 1.200 euro.

Il cardinale Zen incriminato a Hong Kong

L’ex arcivescovo di Hong Kong era stato arrestato l’11 maggio e rilasciato su cauzione nella notte insieme agli altri quattro soci del fondo, che ha aiutato dal punto di vista legale, psicologico e medico migliaia di attivisti durante le manifestazioni del 2019, raccogliendo donazioni e distribuendo oltre 31 milioni di dollari in aiuti. La polizia sospetta tutti e cinque di aver violato la legge sulla sicurezza nazionale, che è entrata in vigore due anni fa per volere di Pechino e che ha di fatto cancellato l’autonomia della città, azzerando le libertà civili e politiche della popolazione.

Il cardinale Zen è inviso al regime comunista cinese per aver combattuto a lungo per i diritti umani della popolazione di Hong Kong e della Cina. Tra gennaio e febbraio il cardinale era stato attaccato duramente con quattro articoli dal Ta Kung Pao, quotidiano legato al Partito comunista cinese.

La Chiesa cattolica è in pericolo

Ad assistere all’udienza di ieri, oltre a numerosi diplomatici europei, c’era anche Joseph Chan, vicario generale della diocesi, il quale, mantenendo il basso profilo come richiesto dalla Chiesa cattolica di Hong Kong, ha dichiarato di «essere qui a titolo personale e non in rappresentanza della diocesi. Zen è stato il mio maestro e quindi sono venuto».

In una lettera inviato all’attuale vescovo, monsignor Stephen Chow, il cardinale Zen ha dichiarato di sentirsi «in pace» e ha chiesto di pregare per lui, anche non pubblicamente, per non peggiorare la situazione della libertà religiosa nell’ex colonia.

Niente più Messe per le vittime di Tienanmen

Al di là delle sue conseguenze giudiziarie, l’arresto e l’incriminazione del cardinale Zen hanno ottenuto l’effetto sperato da parte del regime cinese. Il gruppo cattolico Hong Kong Catholic Social Communications Office ha infatti annunciato che quest’anno non terrà per la prima volta le consuete Messe per commemorare le vittime del massacro di Piazza Tienanmen, temendo che il governo di Hong Kong possa ritenerle una violazione della legge sulla sicurezza nazionale.

Come dichiarato dal gruppo a Hkfp, «la fede cattolica prevede molti modi per commemorare coloro che sono morti. Celebrare delle Messe è di sicuro uno di questi, ma anche pregare in privato o in piccoli gruppi assume lo stesso significato».

L’oblio cala anche su Hong Kong

Se la diocesi di Hong Kong manterrà questa decisione, l’oblio sul massacro dei giovani studenti di Pechino ordinato dal Partito comunista cinese il 4 giugno del 1989 stenderà la sua ombra definitivamente su tutto il mondo cinese. Hong Kong era infatti l’unica città dove ancora era possibile piangere le vittime. Ma ancora prima dell’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale, la tradizionale veglia di commemorazione di Victoria Park era stata cancellata con la scusa del Covid-19.

In seguito, i principali membri dell’Alleanza di Hong Kong, l’organizzazione che fin dal 1990 si è occupata di organizzare la veglia, sono stati arrestati e rinchiusi in carcere. L’anno scorso, proprio il cardinale Zen era finito sotto attacco per aver celebrato una Messa per ricordare le vittime del 4 giugno. Fuori dalla chiesa dove celebrava furono appesi cartelloni con il suo volto e le scritte: «Il settarismo invade la fede» e «il falso profeta».

Colpire Zen per cancellare la libertà religiosa

L’arresto del cardinale Zen verrà ricordato come l’inizio della persecuzione dei cristiani a Hong Kong e preludio all’eliminazione della libertà religiosa nell’ex colonia, così come già avviene nella Cina continentale. Libertà religiosa, infatti, non è soltanto andare in chiesa per partecipare alla Messa (attività ormai vietata in Cina agli under 18) o pregare in privato a casa (altra attività vietata in Cina se non espressamente autorizzata dalle sezioni locali del Partito comunista), ma anche vivere pubblicamente la fede nella società. Come diceva Giovanni Paolo II, «la libertà religiosa è la cartina tornasole del rispetto dei diritti in una società». E i diritti, a Hong Kong, non esistono più.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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