La guerra di Elly Schlein comincia dal “capobastone” sbagliato

Il governatore della Campania Vincenzo De Luca e Dario Franceschini, uno dei principali sponsor dell’ascesa di Elly Schlein nel Pd (foto Ansa)egna

Sul sito di Tgcom 24 si scrive: «“Gli italiani non hanno scelto un governo composto da pericolosi negazionisti climatici”. Lo ha affermato il premier Giorgia Meloni nel corso del question time alla Camera. “Noi riteniamo che nel rispetto degli impegni internazionali assunti sulla riduzione delle emissioni climalteranti si debba mantenere un approccio pragmatico e non ideologico. Due princìpi ci muovono: la sostenibilità ambientale non deve mai essere disgiunta dalla sostenibilità economica e sociale e, una volta definiti i target di riduzione delle emissioni, deve essere assicurata neutralità tecnologica”».

Riuscirà la Meloni a tenere sempre insieme grandi questioni di principio che sono obiettivamente in tensione tra loro come quelle del contrasto all’inquinamento e agli effetti dei mutamenti climatici, e quelle dello sviluppo e della coesione sociale? In un panorama politico nel quale tra spinte ideologiche, demagogie à gogo, grandi tensioni sociali, non sarà facile. Certo, però, che se si paragona la sua politica a quella di Elly Schlein, non si può non dire che almeno il presidente del Consiglio ci prova.

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Su First online si riporta questa frase di Maurizio Landini: «Nell’incontro di ieri a Palazzo Chigi sulla delega fiscale “abbiamo registrato l’ennesimo strappo, nel metodo e nel merito”, prosegue il segretario, aggiungendo che “non siamo d’accordo né sulla riduzione delle aliquote Irpef perché favorisce redditi più alti, né sulla flat tax fuori dalla progressività della Costituzione. Non è prevista la riduzione di 5 punti del cuneo per una vera crescita dei salari, né la restituzione del fiscal drag per la tutela dall’inflazione. Questi interventi prefigurano una riduzione di risorse su scuola e sanità”. Per questo motivo Landini chiama anche “Cisl e Uil a mobilitarci nelle prossime settimane”».

Che la Cgil cerchi di darsi una piattaforma propositiva è un’ottima notizia: in una società liberaldemocratica il ruolo dei sindacati è essenziale. Non apprezzo però che non piccola parte dell’attenzione di un sindacato che un tempo fu guidato da grandi leader come Bruno Buozzi, Giuseppe Di Vittorio, Agostino Novella, Luciano Lama si concentri sulla “forma” (contro il decreto delega) per ritardare i lavori parlamentari, invece che sui contenuti.

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Su Affaritaliani si scrive: «Elly Schlein comincia veramente a lasciare il segno e detta la nuova linea del Pd. Dopo l’attacco verbale fatto ai “cacicchi” e ai “capobastone”, la segretaria dei dem adesso si prepara ad intervenire concretamente. Il piano lo ha svelato la sardina Jasmine Cristallo, new entry in direzione. Intervistata a Un giorno da pecora, Cristallo spiega che uno dei possibili cacicchi ai quali la leader del Pd ha promesso di fare la guerra può essere Vincenzo De Luca. Ed effettivamente – si legge sul Corriere della Sera – all’orizzonte si sta per profilare il primo scontro tra il presidente della Campania e la segretaria. L’oggetto del contendere? Il terzo mandato, che il governatore vorrebbe ottenere e al quale Bonaccini non aveva detto di no».

Mentre senza dubbio il grande sponsor della Schlein, Dario Franceschini, è un capobastone che da leader dei riformisti del Pd si è messo a guidare i radicali del Pd per difendere il proprio potere, De Luca, invece, è un vero capopopolo con cui si può dissentire, ma di cui non si può negare l’enorme energia vitale, quella che manca tanto ai piccoli attivisti “woke” che tanto appassionano il nuovo segretario del Pd.

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Su Huffington Post Italia Pierluigi Battista scrive: «A Napoli incendiano la città, si bastonano tra di loro, assaltano le forze di polizia. E assistiamo a questo scempio come se fosse ineluttabile, inarginabile. E invece no, la soluzione c’è: impedire le trasferte degli ultras e delle curve balorde. Farla finita con il tifo organizzato, quello con i posti allo stadio riservati alle fette più facinorose della tifoseria, con i biglietti pagati dalle società, con le pance piene di birra».

Il povero Matteo Piantedosi aveva tentato di bloccare l’arrivo dei tifosi tedeschi che hanno messo a ferro e fuoco Napoli, ma è stato bloccato dalla solita Unione Europea, che come è evidente è il nostro unico destino possibile in questa fase della storia mondiale, ma che su tutti i fronti (dalla politica finanziaria al contrasto dell’immigrazione, dalle scelte sull’ecologia fino alle partite di calcio) soffre la mancanza di una Costituzione democratica surrogata da una burocrazia spesso di fatto tecnicamente – e non di rado materialmente – irresponsabile.

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