Corrado Clini denuncia l’ambasciatore italiano in Cina. «Le sue false accuse contro di me fanno male al paese»

In una intervista a Tempi l'ex ministro si difende da tutte le accuse di corruzione apparse su giornali e tv e annuncia il ricorso alla giustizia contro Bradanini

Corrado Clini querela l’ambasciatore d’Italia in Cina, Alberto Bradanini. Lo annuncia lo stesso ex ministro dell’Ambiente in una lunga intervista concessa al settimanale Tempi, in edicola da oggi, nella quale per la prima volta si difende pubblicamente e dettagliatamente da tutte le accuse di corruzione diffuse dalla stampa negli ultimi mesi.

LA DENUNCIA. Clini, tornato alla direzione generale del ministero dell’Ambiente dopo la parentesi da ministro del governo Monti, è stato arrestato in via cautelare il 26 maggio scorso su richiesta della procura di Ferrara, nell’ambito di un’indagine per una presunta tangente da oltre un milione di euro intascata, secondo i magistrati, su un finanziamento di 54 milioni erogato dallo stesso ministero dell’Ambiente per un progetto in Iraq. A metà novembre la procura di Roma (dove nel frattempo il procedimento è stato trasferito per competenza) ha chiesto e ottenuto nei suoi confronti il giudizio immediato per corruzione. Il processo in tribunale comincerà a marzo 2015, ma già nei mesi scorsi su giornali e tv sono state formulate contro di lui molte altre accuse relative a una miriade di progetti del ministero dell’Ambiente in Cina e Montenegro: tutti «appalti fasulli», come ha scritto il Corriere della Sera, che sarebbero serviti a Clini per incassare denaro pubblico in modo illecito.
E proprio nell’ambasciatore Bradanini Clini ha individuato il vero responsabile di molte «informazioni false finalizzate a screditare la cooperazione ambientale Italia-Cina e a diffamare il mio lavoro». Di qui la decisione di sporgere querela alla procura di Roma. «Io ho deciso di denunciare l’ambasciatore italiano in Cina – spiega Clini nell’intervista a Tempi – perché ha trasmesso notizie false che fanno la parte importante del dossier delle accuse contro di me. Io credo nella giustizia e dunque chiedo alla giustizia di verificare gli atti».

«INFORMAZIONI RACCOLTE DA UN PASSANTE». A esempio delle «informazioni false» diffuse da Bradanini l’ex ministro cita il caso del Sieeb (Sino-Italian Ecological and Energy Efficient Building, foto a sinistra da Wikipedia), «il grande progetto cofinanziato dal ministero dell’Ambiente e realizzato da Impregilo nell’Università Tsinghua di Pechino, la più importante della Cina, quella dove si sono formati tutti i premier, compreso l’ultimo». La costruzione, dice Clini a Tempi, «rappresenta per il paese l’archetipo della nuova edilizia ecoefficiente», eppure «è stato dichiarato dall’ambasciatore Bradanini, sulla base di informazioni raccolte da uno che non si sa bene che ruolo abbia, un palazzo inefficiente, cadente, energivoro, eccetera. Quell’edificio è stato visitato negli anni da ministri italiani non solo dell’Ambiente, è stato preso a modello dal ministro dell’Energia di Obama, il premio Nobel Steven Chu, durante una riunione del G8. Ma come è possibile che un ambasciatore d’Italia di fronte a un’opera italiana riconosciuta da tutti si permetta di dichiarare sulla base di informazioni raccolte da un passante che è un palazzo cadente? Ma chi rappresenta questo signore?».

«AGISCE CONTRO L’ITALIA». L’ex ministro, che aveva già segnalato in passato le strane valutazioni di Bradanini in merito ai progetti del ministero dell’Ambiente italiano in Cina (vedi questo comunicato e questa lettera al premier Renzi), ritiene che «l’ambasciatore, con la sua avventuristica iniziativa, stia agendo contro gli interessi dell’Italia», come conferma il fatto che l’attuale ministro Galletti, nonostante le critiche di Bradanini, «a inizio novembre in visita ufficiale in Cina ha ribadito il valore della cooperazione ambientale tra i nostri paesi».
Clini confessa a Tempi di non sapersi spiegare l’ostilità dell’ambasciatore, «so solo che fino a quando ho fatto il ministro ha mantenuto un atteggiamento prudente e apparentemente collaborativo. Ma il giorno dopo che ho lasciato l’incarico, il 3 maggio 2013, ha mandato una lettera al nuovo ministro Orlando in cui sollevava molte obiezioni sul programma di cooperazione ambientale Italia-Cina, pur avendo avuto tutte le informazioni e la possibilità di verificare di persona presso le autorità competenti. Ha messo a repentaglio i rapporti diplomatici rifiutandosi di incontrare ministri cinesi e addirittura attaccando durante una cena il ministro dell’Ambiente di Pechino. Ha lasciato intendere che ci fosse una specie di cupola che coinvolgeva me e i ministri cinesi. Appalti fasulli? I progetti sono tutti lì. Alcuni hanno incontrato difficoltà perché ci sono stati terremoti e alluvioni, ma è tutto documentato dai verbali delle riunioni congiunte. È tutto pubblico. Mi dà un dolore enorme vedere come il lavoro svolto in anni da centinaia di persone e imprese italiane in Cina venga demolito da questo atteggiamento finalizzato a colpire me».

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