Dopo Mameli e Miss Italia Boldrini ha un nuovo, abominevole nemico. I proverbi

Ennesima lunare crociata della paladina delle donne per «bandire per sempre» qualcosa. Dopo l'odio, le bufale, i fornelli, i principi azzurri, la toponomastica, il cyberbullismo, Eva, la spigolatrice di Sapri, Mattia Feltri, ora tocca ai motti popolari

Laura Boldrini con la maschera di “Lucha y Siesta” alla manifestazione “Non una di meno” contro la violenza sulle donne (foto Ansa)

Laura Boldrini è l’incontrastata gran visir di tutte le spiazzate. Quando pensi che le abbia inventate tutte se ne esce con un nuovo tweet venato dall’imperizia di Pollyanna e la petulanza di zia Polly, un nuovo pensierino da baci perugina, una nuova crociata surreale. Ormai tutta Italia ne parla, la belligerante rompitettidicristallo, dopo aver consacrato la fattispecie dell’“ex colf moldava” ed “ex assistente parlamentare che prenota il parrucchiere alle donne sole”, dopo aver dichiarato guerra alla lingua italiana e ai fornelli, si scaglia oggi contro i proverbi: «Altro che saggezza popolare! Qualcuno potrebbe anche riderci sopra, ma proverbi come questo sono il concentrato del sentire negativo sulle #donne. Di detti analoghi sugli uomini non vi è traccia. Nel mio libro #questononènormale trovate un elenco da bandire per sempre». Per chi non vivesse su Twitter, il proverbio incriminato è “Donna ridarella, o santa o puttanella” e fa niente se sotto i 70 anni nessuno ha mai parlato per proverbi, Boldrini li ha raccolti spietatamente tutti.

«Donna baffuta, sempre piaciuta». Non a Boldrini

Eccone alcuni «da bandire per sempre»: «Donne e buoi dei paesi tuoi»; «Donna che ride ti ha detto di sì»; «Donne e motori, gioie e dolori»; «Chi di una donna brutta s’innamora, lieto con essa invecchia e l’ama ancora»; «Donna pelosa, donna virtuosa»; «Donna baffuta, sempre piaciuta»; «Donna nana, tutta tana»; «Al buio la villana è bella quanto la dama». C’è da chiedersi come sia possibile prendere sul serio la pur molto seria battaglia contro violenza e misoginia quando un ex presidente della Camera finge di lanciarsi senza paracadute sul volgo ignorante per raddrizzare il legno storto dell’umanità seduta in trattoria o a guardare i cantieri.

E se la 27esima ora corre adesso in suo aiuto «perché non dobbiamo abbassare la guardia nemmeno contro questa violenza, fatta di parole, pressioni, umiliazioni e intimidazioni» e stigmatizza attacchi, insulti e ironia sul tema (ode alla risposta di Guido Crosetto: «“Il vino buono sta nelle botti piccole”, “Grand e gross ciula e baloss”. Vado avanti con il body shaming maschile?»), c’è chi, come Next quotidiano, si era dato alla difesa preventiva fin dall’annuncio dell’uscita del libro, screenshottando le risposte dell’«ecosistema social che ha dato via a una shitstorm» (c’è chi «ha la foto profilo con il volto di Padre Pio») «senza mai entrare nel merito e facendo un pot-pourri di eventi, fatti e misfatti che nulla hanno a che vedere con il lancio di un libro».

Le ronde dei buoni

Nessuno mette in dubbio che Boldrini sia l’epigona di Simone De Beauvoir, epperò in quanto a pot-pourri le sue trovate parlano più dei libri. Da Miss Italia al Gay Pride, dallo “squallido bullismo maschile” alla normalità del toy boy, dalla guerra alle bufale a quella alle favole sessiste, dalla toponomastica paritaria fino alla spigolatrice di Sapri, dopo aver preso posizione (comoda) su tutto, e prima di usare i proverbi sessisti per fare del marketing editoriale (in direzione opposta e contraria al suo classicone «l’Italia è tappezzata di manifesti di donne discinte ed ammiccanti, che esibiscono le proprie fattezze per vendere un dentifricio, uno yogurt o un’automobile»), Boldrini è diventata cintura nera di svolte lunari e cose da «bandire per sempre».

Ha proposto «la tripla A sociale» sostenendo che la Ue dovesse «mettere in atto misure concrete capaci di far cambiare opinione ai cittadini» (mancava solo la chiosa alla Focault “sorvegliarli e punirli”). Ha sostenuto lo sconclusionato esperimento sociale contro il cyberbullismo #leparolefannomale lanciato da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti (quello, per intenderci, che pubblica le “Mappe dell’intolleranza”, spulciando per mesi Twitter e derivando automaticamente dai comportamenti virtuali una fotografia del paese reale e delle zone ad alto tasso di “hate speech”) per testare il «livello di reattività alle parole che avvelenano il linguaggio sui social». La campagna ha coinvolto alcuni studenti dell’Università Cattolica che nelle piazze tutt’altro che virtuali di tre città di Italia hanno indossato cappucci e cartelli zeppi di insulti rivolti a donne, migranti, disabili: “Donne siete tutte troie”, “I froci non sono veri uomini”, “Facce da scimmia fuori dall’Italia”, “Sporchi ebrei tornate nel ghetto”. Una vera ronda dei buoni, altro che proverbi: nel Boldrini-pensiero chi non avesse reagito agli insulti per strada e a questa possibilità di non dirsi intollerante sarebbe stato senz’altro complice e colpevole.

La piramide dell’odio e la bulla

Voluta e presieduta da Boldrini la Commissione Jo Cox lavorò 14 mesi per arrivare a sancire l’esistenza di una sorta di relazione scientifica tra uso di un vocabolario stereotipato e l’omicidio contro donne, gay, immigrati e altre religioni: la cosiddetta “piramide dell’odio” che sarebbe stata smantellata da 56 «raccomandazioni» rivolte a governo, Ue, media, giornalisti, associazioni. Tra queste figurava ovviamente l’indicazione di approvare tutte le leggi sullo ius soli e i ddl à la Zan a venire, «rafforzare nelle scuole l’educazione di genere», istituire «un giurì che garantisca la correttezza dell’informazione», «rafforzare il mandato dell’Unar».

Tra le opinioni stigmatizzate dalla Commissione, espresse con linguaggio «ostile e banalizzante», insomma da potenziale omicida, abbiamo trovato cose come: «Il 49,7 per cento degli intervistati ritiene che l’uomo debba provvedere alle necessità economiche della famiglia e che gli uomini siano meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche». Chiosando Boldrini, se c’era già poco di normale nella pretesa che la statura morale di un popolo andasse perennemente giudicata sulla base di un parametro stabilito dalla rete (la reazione) e che opinioni non condivisibili non fossero più legittime, non c’è stato nulla di normale nel vederla montare un castello in aria all’insegna del vittimismo per scaraventarlo poi in testa al prossimo (vedi il bullismo della “vittima” Boldrini nel caso Feltri-HuffPost).

Mameli, la Bibbia e Whatsapp

Sono passati tre anni dalla fine dell’illuminata legislatura, il libro Questo non è normale. Come porre fine al potere maschile sulle donne (Chiarelettere) non l’abbiamo ancora letto ma Francesco Borgonovo per La Verità sì: per Boldrini non è normale che «si continui a raccontare la fiaba della giovane che aspetta solo l’arrivo del principe azzurro da sposare», non è normale che «tutte le volte che su Whatsapp digito “la mia collaboratrice”, la funzione di completamento automatico delle frasi mi suggerisca di aggiungere “domestica”; mentre se digito “il mio collaboratore” il suggerimento è per proseguire con “di”, “del” o “della”. Insomma, la femmina te la completo in automatico come colf, il maschio come braccio destro» (forse andrebbe chiesto che ne pensano di questa ingiustizia la sua ex colf e la sua collaboratrice parlamentare che l’hanno accusata di sfruttamento, ma tant’è). Non è normale cantare l’inno di Mameli che non parla di donne, non è normale il «modello Eva» della Bibbia, «non è normale avere un’ottima legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e non poterne usufruire a causa dell’obiezione di coscienza». Non è normale ma è abbastanza per rimpiangere l’antica banalizzante e retrograda saggezza popolare.

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