Abbasso la Meloni, viva la Polonia?

La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni (foto Ansa)

Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «“Insieme per il futuro” avrà sicuramente un futuro: piccolo ma sicuro, sufficiente per portare Di Maio ancora in Parlamento, sistemare qualcuno dei suoi o della sua Pomigliano, giocarsi al meglio la sua posizione “moderata” con la sua capacità manovriera. Si può essere piccoli sì, ma spesso determinanti. Il “soccorso” arrivato a Di Maio da Tabacci, per formare il suo nuovo gruppo, è già tutto un programma e una garanzia».

Poche parole di Ocone spiegano il carattere decisivo dell’operazione Di Maio: non è tanto inconsistente, quanto ridicola.

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Su Huffington Post Italia Filippo Rossi scrive: «Cosa altro è tutto questo se non estremismo di destra? E soprattutto, cosa diavolo c’entra questa retorica guerriera con una sana destra moderata, laica, liberale? E cosa c’entra con un patriottismo capace di uguaglianza, libertà, fratellanza? Niente, assolutamente niente. Destra reazionaria, appunto».

L’idea che si possa far convivere la difesa della libertà dei singoli (proteggendola dalle discriminazioni e sostenendola quando è il caso con interventi da welfare state) e la difesa di una morale cristianamente definita naturale come fondamento dello Stato, non è contemplata da Rossi, che dovrebbe però ragionare sul fatto che il perno del supporto all’Ucraina aggredita dai russi è un governo polacco che sostiene le posizioni dell’odiata (da Rossi) Giorgia Meloni ed è considerato da Washington alleato spesso più affidabile di Francia e Germania. Talvolta essere meno assertivi e considerare le contraddizioni dei processi storici, potrebbe aiutare.

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Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «Le cose veramente non stanno proprio così, come hanno sottolineato tutte le fonti di Mosca alzando in modo drammatico i toni della controversia: pretendendo di decidere quali prodotti possano passare e quali no, il governo di Vilnius vìola clamorosamente un accordo raggiunto tramite una dichiarazione comune Ue-Federazione russa del 2002, cioè nella fase in cui si preparava l’ingresso della Lituania nell’Unione che sarebbe stato concluso due anni dopo. In questo accordo, relativo al transito di persone e merci, si considerava che il transito stesso dovesse essere considerato traffico interno alla Federazione russa. I viaggiatori da e per l’exclave ricevevano uno speciale visto di passaggio, che non poteva essere rifiutato dalle autorità lituane, le quali non potevano sindacare su quali merci trasportassero i convogli. Qualcosa del genere esiste anche altrove. Tra l’Austria e l’Italia, ad esempio: i treni che viaggiano tra il Tirolo orientale e quello occidentale attraversano per diversi chilometri il Sud Tirolo ma restano treni austriaci, che trasportano persone e merci austriache, sulle quali l’Italia non ha giurisdizione».

Perché creare nuova tensione nel Mar Baltico? Era proprio necessario?

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Sul Sussidiario il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore in numerosi teatri di guerra, dalla Somalia al Kosovo all’Afghanistan, dice: «C’è un partito della guerra, non sappiamo se per interessi europei o altrui, che vuole una never ending war, una guerra infinita, a casa nostra, che si potrebbe trasformare in un Afghanistan europeo che duri anni, con una Ucraina spaccata in due parti, una russa e una libera, che continuano a combattersi senza andare mai a una trattativa».

Accanto a Sleepy Joe che ora sente molto le pressioni di Janet Yellen e Jerome Powell, oltre a quelle che derivano dalla clamorosa caduta della sua popolarità, e che fa intravedere qualche possibilità di negoziato con Mosca, c’è anche un articolato partito della guerra nel fronte occidentale che vorrebbe trattare la vicenda ucraina come le tante crisi lasciate aperte dagli Stati Uniti (Siria, Libia, Yemen, Sudan, Corno d’Africa, Congo, Iraq, Afghanistan). In questo partito militano, poi, anche spiriti generosi preoccupati di non cedere alle prepotenze putiniane, ma anche un po’ troppe teste calde, tipo gli inglesi della carica di Balaklava, indifferenti ai rischi per il pianeta di un’escalation ai confini sudorientali dell’Europa.

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