Ieri sera le acque del Canal Grande si sono tinte di rosso. Venezia è diventata rosso sangue, quello dei cristiani perseguitati in tutto il mondo. Il merito è di Aiuto alla Chiesa che soffre, benemerita Fondazione di diritto pontificio che non vuole arrendersi a dimenticare (come fanno tutti, come facciamo anche noi) chi, ancora oggi, è ucciso e vessato solo a causa della propria fede.
Bisogna essere grati ad Acs che, ormai da diversi anni, organizza questi eventi di grande impatto. La Fontana di Trevi, il Colosseo, il Palazzo di Westminster a Londra, la statua del Cristo Redentore a Rio de Janeiro, la Basilica del Sacro Cuore a Parigi, la Cattedrale di Manila: sono questi i luoghi che Acs ha mostrato rosso sangue. La cosa interessante è che sono luoghi pubblici, su piazza, che tutti possono vedere. Perché è sempre buona cosa scrivere, organizzare incontri e convegni su questa grande tragedia dimenticata che è la persecuzione anticristiana, ma è anche necessario che questa denuncia arrivi a “disturbarci” mentre camminiamo per strada pensando a tutt’altro, magari mentre facciamo shopping.
Insomma, se non ci fosse stata Acs, in questi anni saremmo stati tutti un po’ più distratti. Perché un altro grande merito della Fondazione è quello di seguire da vicino le situazioni dei cristiani nei quattro angoli della terra. Di intervenire (come si può e con quella discrezione e intelligenza che spesso tante Ong non hanno) e di tenerci informati, facendo parlare i protagonisti, riportando i racconti delle persone che vivono sul luogo, spesso così diversi dai reportage dei grandi giornali o dai dispacci governativi.
Tutti ci emozioniamo o ci indigniamo per le ragazze di Chibok, per Asia Bibi, per i cristiani di Mosul. Purtroppo, spesso, questo è un sentimento leggero e passeggero. Acs, invece, non dimentica. Praticamente ogni giorno ci tiene informati su ciò che accade, anche quando i grandi media si sono messi a seguire altre sciagure, altre calamità, hanno puntato i loro riflettori su altre situazioni.
Ben vengano, dunque, queste iniziative pubbliche che attraverso la forza simbolica di un fiume di sangue ci costringono a non dimenticare, a non voltarci dall’altra parte, a non far finta che la fede possa essere qualcosa di scontato. E non invece, come è per tanti e in tutto il mondo, un motivo di persecuzione, sofferenza e martirio.