Cina, Biden stravolge la politica americana su Taiwan

«Gli Stati Uniti proteggeranno Taiwan in caso di attacco da parte della Cina?». In 40 anni, nessun presidente americano ha mai risposto «sì» a questa domanda. Prima di Biden

«Gli Stati Uniti proteggeranno Taiwan in caso di attacco da parte della Cina?». «Sì, ci siamo impegnati a farlo». La risposta secca che il presidente americano Joe Biden ha dato alla Cnn a domanda diretta segna un cambio di rotta netto rispetto all’atteggiamento adottato da repubblicani e democratici negli ultimi 40 anni. Washington infatti non ha mai dichiarato esplicitamente come avrebbe risposto a un’eventuale invasione da parte di Pechino.

L’ambiguità strategica su Taiwan

Per quanto possa apparire controintuitivo, l’ambiguità strategica adottata dagli Usa ha sempre aiutato a mantenere lo status quo. Da un lato, non escludendo l’intervento militare, ha frenato le mire espansionistiche del regime comunista, dall’altro, non garantendo il soccorso, ha evitato che Taiwan si dichiarasse indipendente, mossa che scatenerebbe immediatamente una crisi dalle conseguenze imprevedibili.

Dopo le dichiarazioni di Biden, un funzionario della Casa Bianca si è affrettato a specificare che «il presidente non intendeva annunciare alcun cambiamento nella nostra politica». In effetti, solo pochi giorni fa Nicholas Burns, nominato da Biden ambasciatore in Cina, ha affermato davanti al Senato che gli Stati Uniti continuano a sostenere la politica dell’«unica Cina», considerandola «il modo più efficace per frenare l’aggressività cinese lungo lo Stretto di Taiwan».

La politica dell’«unica Cina»

La politica dell’«unica Cina», apprezzata e condivisa da Pechino, è la quintessenza dell’ambiguità americana, dal momento che sostiene l’esistenza di un solo Stato cinese. Ovviamente, per Pechino l’unico Stato cinese legittimo è la Repubblica popolare, mentre per Taipei è la Repubblica di Cina (nome ufficiale di Taiwan).

Davanti alla rinnovata e sempre crescente minaccia d’invasione da parte della Cina, l’anno scorso Hsiao Bi-khim, a capo dell’ufficio di rappresentanza di Taipei a Washington, che fa le veci di fatto di un’ambasciata, ha chiesto al governo americano di prendere una posizione netta: «Taiwan ha bisogno di un certo grado di chiarezza perché aumenta il rischio di incidenti».

La fretta di Taipei è ancora più comprensibile se si considera che a inizio ottobre ben 150 velivoli da guerra cinesi sono entrati «provocatoriamente» nello spazio aereo di Taiwan.

Nuova politica o gaffe di Biden?

L’anno scorso gli Usa non risposero a Hsiao, anche se il diplomatico americano Richard Haass, presidente dal 2003 del Council on Foreign Relations, insieme a David Sacks, scrisse su Foreign Affairs che «gli Stati Uniti dovrebbero adottare una politica di chiarezza strategica, affermando in modo esplicito che risponderanno a ogni tentativo cinese di usare la forza contro Taiwan». Solo così, secondo i due esperti, «verrà evitato un conflitto nello Stretto di Taiwan».

La risposta di Biden alla Cnn sembra essere coerente con questa posizione, anche se il presidente democratico è famoso per le sue gaffes, che spesso lo rendono simile a un Donald Trump meno impulsivo e più composto. Non si può dunque ancora essere certi del cambio di strategia da parte degli Stati Uniti.

Ma se Biden ribadirà ancora la sua posizione (durante l’intervista con la Cnn lo ha fatto ben due volte), la possibilità di uno scontro frontale tra le due superpotenze mondiali aumenterà. O diminuirà, secondo il pensiero di Haass. Di sicuro, a spirare sono venti di guerra e non di pace.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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