Ancora non si vedono i 50 milioni del Sostegni bis per le paritarie «e mancano i 10 milioni per l’infanzia»

Servivano a riprendere la scuola in sicurezza, eppure, spiega Virginia Kaladich (Fidae) «l'iter per destinare le risorse alle nostre scuole non è partito e non sono state attribuite quelle per la fascia 0-6 anni». Già disponili i 350 milioni destinati alle statali

Ritorno in aula, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi visita una scuola elementare a Bologna (Ansa)

Ministro Bianchi, e le paritarie? Non si erano trovate le risorse per garantire alla scuola di ricominciare in presenza e sicurezza? Che fine hanno fatto i 60 milioni del Sostegni bis per le misure di contenimento del rischio epidemiologico destinati a scuole dell’infanzia, primarie e secondarie paritarie, facenti parte del sistema nazionale di istruzione? Perché, ministro, ha firmato il decreto di riparto dei 350 milioni per le scuole statali, mentre per le paritarie l’iter non è ancora partito?

Venerdì mattina Virginia Kaladich, presidente nazionale scuole Fidae, era al ministero: «Succede che di questi 60 milioni previsti dal decreto ne mancano dieci: ci sono i 50 milioni per la scuola primaria e secondaria, non ci sono i 10 per l’infanzia – ha spiegato a Tempi –. Ci hanno assicurato che il Mef procederà all’attribuzione ma al 17 settembre, con le scuole aperte e le lezioni iniziate da giorni in tutta Italia, mancano all’appello le risorse per un servizio essenziale e che garantisce complessivamente circa il 40 per cento dell’offerta educativa. Ed è una vergogna contando che abbiamo rispettato tutte le condizioni e i tempi stringatissimi richiesti dallo stesso decreto per “meritarci” tali risorse».

Sessanta milioni dal Sostegni bis

Risorse più che sudate: ricordate cosa era successo? Mesi di continue battaglie per ogni singolo contributo, per ricordare che i bambini e i ragazzi che non frequentano le statali non sono figli di un dio minore, poi il governo Draghi aveva inserito nel decreto Sostegni bis, articolo 58, accanto ai 350 milioni destinati alle scuole statali, 50 milioni di euro per le scuole paritarie, primarie e secondarie.

Cosa buona e giusta, ma perché escludere l’infanzia? L’Agorà della Parità (AGeSC, CdO Opere Educative, Cnos Scuola, Ciofs Scuola, Faes, Fidae, Fism e Fondazione Gesuiti educazione) tornò allora a farsi sentire, Gabriele Toccafondi (ex sottosegretario all’Istruzione e deputato di Italia Viva) e Maurizio Lupi (leader di Noi con l’Italia) portarono a casa il risultato lavorando a emendamenti di concerto con Lega, Fi e Pd: il governo aggiunse quindi 10 milioni di euro, 60 milioni in tutto, per aiutare le paritarie di ogni ordine e grado a contenere il rischio epidemiologico con la riapertura dei cancelli.

L’emendamento grillino

Una buona notizia? A metà: i dissidenti dei Cinque Stelle riuscirono a incassare il sì del governo a un altro emendamento che vincolava l’erogazione delle risorse alla condizione che, entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, le scuole paritarie pubblicassero online «tutta una serie di informazioni relative a personale, ai titolari degli incarichi di collaborazione e consulenza, all’organizzazione interna, al bilancio preventivo e al conto consuntivo, ai beni immobili e agli atti di gestione del patrimonio».

«Abbiamo lavorato tutta l’estate per rispettare i tempi, consapevoli dell’aggravio burocratico e della tempistica assurda, ma anche che la mancata osservanza degli obblighi avrebbe comportato la revoca del contributo. Abbiamo convocato il 2 di agosto una riunione, mille scuole presenti, per fornire le indicazioni operative. Abbiamo fatto tutto quello che ci è stato richiesto. E ora? Non abbiamo ancora disponibilità dei soldi che ci sono, ma soprattutto scopriamo che quelli destinati all’infanzia non ci sono affatto».

Iter bloccato. Ma solo per le paritarie

Dovevano servire alla ripresa, invece dopo il decreto del ministro bisognerà attendere la ripartizione tra uffici scolastici regionali, i mandati a quelli provinciali, i tempi di ciascun ufficio, ma soprattutto l’attribuzione delle risorse mancanti da parte del Mef. Mentre i 350 milioni sono già stati ripartiti in proporzione agli alunni iscritti alle statali. «Io dirigo una scuola, e dirigere una scuola in pandemia significa venire incontro a famiglie che hanno perso lavoro, stipendio, che non possono pagare le rette».

«Non siamo venuti meno al nostro compito di riportare tutti in classe in sicurezza e fornire un servizio essenziale e sicuro nemmeno davanti all’ennesimo pregiudizio (le scuole paritarie sono già dentro a un percorso di regole, verifiche e certificazioni, pena la perdita della parità, l’emendamento degli ex pentastellati non ha senso, ndr), non abbiamo aspettato lo Stato. Ma questa ennesima umiliazione non ha giustificazione: non riconoscere le paritarie significa non riconoscere l’interezza del sistema d’istruzione nazionale, al quale le nostre scuole contribuiscono in maniera vitale. Non esistono alunni di serie A e di serie B, non esistono genitori di serie A e di serie B».

Resta, ancora una volta, la domanda: come si chiama fare proclami sulle risorse per la ripresa in presenza e sicurezza, sulla scuola e l’istruzione come pilastri per far ripartire il nostro paese dopo la crisi economica e sociale innescata dal Covid, e continuare a mettere in croce realtà a cui è iscritto il 10 per cento della popolazione scolastica? Discriminazione?

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