Primavera araba, o della presa islamista del potere

Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, Siria: la Primavera araba ha portato dappertutto instabilità e gruppi islamisti al potere. La situazione paese per paese.

Della Primavera araba si sa quando e dove è cominciata, cioè il 17 dicembre 2010 nella capitale della Tunisia, dove l’ambulante Mohamed Bouazizi si è dato fuoco per protestare contro il sequestro da parte della polizia della sua merce. Al grido di lavoro e dignità, Tunisia, Libia, Egitto, Siria, Bahrein, Yemen, Marocco e altri paesi hanno visto ribellioni e sollevazioni popolari. Ma la parola “fine” deve ancora essere scritta. Nella maggior parte dei paesi la Primavera araba ha causato instabilità e portato al potere gruppi islamisti.

TUNISIA
Il 14 gennaio 2011, dopo un mese di proteste di piazza, Ben Ali, raìs da 23 anni al potere, scappa all’estero. Gli islamisti di Ennahda vincono le elezioni parlamentari di ottobre e i salafiti, gruppo fondamentalista islamico, fanno sentire sempre di più la loro influenza. Il 12 giugno hanno attaccato una mostra d’arte, colpevole di umiliare l’islam. Gli scontri con la polizia avvenuti il giorno dopo hanno portato al coprifuoco a Tunisi e causato 162 fermati e 62 feriti.

EGITTO
L’11 febbraio 2011 Mubarak, raìs da 30 anni al potere, è costretto a dimettersi per le insistenti proteste in piazza Tahrir. Dopo 16 mesi di transizione il potere è ancora saldo nelle mani dei militari, che pochi giorni fa hanno sciolto il Parlamento e l’Assemblea costituente, composto per il 70 per cento da Fratelli Musulmani e salafiti, che a gennaio avevano trionfato nelle elezioni. Il gruppo islamista ha però vinto le elezioni presidenziali con il suo candidato Mohamed Morsi, che ha sconfitto Ahmed Shafiq. I cristiani temono persecuzioni e sharia, l’economia è al collasso.

LIBIA
Il 20 ottobre 2011, il convoglio su cui viaggiava il raìs Gheddafi, da 42 anni al potere, è stato colpito da un aereo della Nato, il dittatore è stato poi preso dai ribelli e ucciso sul posto con un colpo di pistola alla testa. A 9 mesi dalla liberazione, la Libia è nel caos: le bande armate scorrazzano indisturbate per il paese, poche settimane fa sono addirittura riuscite ad occupare mitra alla mano l’aeroporto di Tripoli; la Cirenaica si è proclamata regione semi-autonoma; il sistema giudiziario non esiste ancora; il Consiglio nazionale transitorio libico ha dichiarato che la Costituzione sarà certamente e come minimo ispirata alla sharia. Le elezioni, previste per il 19 giugno, sono state rinviate al 7 luglio per “problemi tecnici” di non meglio precisata natura.

YEMEN
Dopo 33 anni di governo, il raìs Saleh ha ceduto il potere il 23 novembre al vicepresidente Rabbuh Mansur. Nel paese continuano le proteste dei cittadini, in attesa di nuove elezioni, ma soprattutto è in atto una pesante battaglia tra il governo provvisorio e i miliziani di Al Qaeda, che hanno preso il controllo di alcune città nel sud del paese instaurando la sharia. Ali Salem Qatan, comandante militare responsabile dello Yemen meridionale, è stato ucciso da membri di Al Qaeda il 18 giugno.

SIRIA
È da marzo 2011 che vanno avanti le proteste, rapidamente trasformatesi in guerriglia, tra l’esercito del raìs Assad e i ribelli siriani. Bombardamenti e stragi si susseguono una dietro l’altra nelle città principali del paese. I morti non si contano più e il paese è tuttora diviso tra chi appoggia Assad, temendo l’instabilità e la presa del potere da parte dei sunniti, e chi lo combatte. L’Onu cerca di prendere provvedimenti, ma il veto che Russia e Cina oppongono a qualunque misura di peso che il Consiglio di sicurezza propone contro il regime di Assad lascia le cose in uno stallo continuo.

MAROCCO
All’esplosione delle proteste nel regno di Mohammed VI, il re ha modificato la Costituzione e indetto elezioni che hanno portato al potere un governo di coalizione dominato dal partito islamista Giustizia e sviluppo. Ma le proteste continuano e migliaia di persone continuano a protestare, questa volta chiedendo al governo di fare di più per combattere la disoccupazione.

BAHREIN
Le rivolte popolari sono cominciate a Manila nel febbraio 2011 ma sono state messe a tacere a marzo con l’aiuto dei carri armati e l’appoggio dell’Arabia Saudita.

@LeoneGrotti

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