Polonia: pochi bambini, troppo gender. La protesta dei vescovi

In Polonia fallisce un matrimonio su tre, il numero dei divorzi è salito da 14.000 negli anni ’60 a 64.000 nel 2012, piazzando il paese al terzo posto nell’eurozona dietro a Germania e Spagna. Nel 2013 si sono registrati 181.000 matrimoni, il numero più basso dal 1945, mentre nel 2011 le famiglie a genitore unico erano oltre un milione (1 su 4). Eppure per i giovani polacchi la famiglia è ancora in cima alla gerarchia dei valori, anche se poi devono fare i conti con la mancanza di un’adeguata politica di sostegno. Nella situazione attuale i figli rappresentano un «rischio» che può portare a un impoverimento della famiglia, soprattutto se numerosa. Nel 2009 i bimbi polacchi figuravano otto volte «più poveri» dei coetanei tedeschi. Nel 2012 la Polonia era al penultimo posto per tasso di fecondità (1,3): con questa tendenza nel 2050 un polacco su tre avrà più di 65 anni, e sarà una delle società più anziane d’Europa.
Sono solo alcuni dei dati poco incoraggianti diffusi dall’Agenzia stampa cattolica polacca.

Alle statistiche ha fatto seguito una dura Dichiarazione della presidenza della conferenza episcopale su quella che viene definita «distruzione dell’ideale del matrimonio» messa in atto dal governo. Appellandosi all’articolo 18 della Costituzione, i vescovi ricordano che lo Stato definisce matrimonio l’unione di un uomo e di una donna, e che si è assunto la tutela della famiglia, della maternità e della paternità; ciononostante negli ultimi mesi si sono moltiplicati «tentativi aggressivi di falsificarne il significato», non solo a livello mediatico ma anche politico, con iniziative di alcuni dicasteri tese a «spezzare il complesso funzionale e assiologico dei concetti di matrimonio, famiglia, maternità e paternità». I vescovi polacchi giudicano la ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza domestica una «minaccia per il futuro delle nostre famiglie»: la violenza – osservano – è sempre incompatibile con i principi della fede e dipende dagli errori del singolo, non dall’appartenenza religiosa o culturale come suggerisce la Convenzione (art. III.12.5). Nel sostituire il modello sociale legato alla tradizione cristiana con quello laico basato «sull’ideologia neomarxista del gender», si compromette la possibilità di rimuovere le cause vere delle violenze domestiche, e da un punto di vista più generale si vìola la sovranità della Polonia in materia di etica e di tutela della famiglia.

I vescovi si dicono preoccupati anche per gli attacchi contro l’insegnamento della «Preparazione alla vita familiare» che promuove l’astinenza, la castità e la fedeltà coniugale, e che verrebbe soppiantato da una mentalità più permissiva, supportata dal governo: è di queste settimane l’autorizzazione a vendere senza ricetta la «pillola dei 5 giorni dopo» a chi abbia compiuto 15 anni. Altrettanta inquietudine suscita l’annuncio del progetto di legge sulle unioni civili, anch’esso ritenuto incompatibile con i princìpi costituzionali: già a novembre la Chiesa aveva espresso forti malumori per lo spot televisivo di una sedicente «campagna contro l’omofobia», andato in onda sui canali tv pubblici e intitolato «Lo straniero più intimo», in cui una bella ragazza racconta in toni da soap opera la sua relazione omosessuale con la partner che «dalle leggi polacche è trattata come una straniera».
Questi elementi – concludono i vescovi – contribuiscono all’indebolimento della famiglia già provata «dalla drammatica situazione demografica, dal dilagante numero dei divorzi e da quello crescente dei bambini a genitore unico. L’indebolimento è favorito anche dalla disoccupazione e dall’emigrazione di milioni di nostri concittadini, soprattutto giovani». Perciò è necessaria un’autentica politica a favore della famiglia che dovrebbe stare in cima agli interessi delle autorità statali che hanno dedicato il 2015 proprio a Giovanni Paolo II, il papa «artefice di una rivoluzione copernicana» nell’etica sessuale, nella pastorale familiare e nell’autentica promozione della donna.

Da parte sua, la Chiesa polacca non si limita a un’azione «sociale» tutelando i nuclei familiari in difficoltà, ma è impegnata anche nella formazione delle giovani coppie. Don Przemysław Drąg, direttore del Centro nazionale per la pastorale familiare, riassume così il cammino proposto dalla Chiesa: «La catechesi prematrimoniale più importante è l’incontro con Gesù Cristo – proposta non semplice, perché una parte considerevole di fidanzati ha una fede piuttosto superficiale o sono agnostici che si avvicinano al sacramento per tradizione. Il secondo passaggio è conoscere se stessi nella propria sessualità. Poi occorre introdurre alla dimensione sacramentale e infine alla genitorialità combinata con l’educazione dei figli. Questi sono i quattro pilastri su cui formare una famiglia stabile».

Foto bambini da Shutterstock

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