Più scuole libere per tutti (come dice la Costituzione)

Anziché concedere l'elemosina alle paritarie la Repubblica dovrebbe azzerare gli “oneri” a carico della famiglia

Caro direttore, il “duetto” Villa-Boffi ha dato vita su Tempi on line del 13 dicembre ad un articolo prodigioso che ribalta settanta anni di impostazione sbagliata della battaglia per la “libertà di educazione”. L’osservazione più acuta è quella finale, che fa dipendere il rilancio di tutta questa tematica dalla presenza di un “popolo” e non da altro. Esattamente il contrario di ciò che è avvenuto: il mondo cattolico si è arrabattato su tante questioni e con tanta “carta”, ottenendo solo una misera elemosina, anche da parte di una Democrazia cristiana, che si occupava più di banche e di Iri che di cultura e di educazione. I cattolici, come giustamente hai sottolineato, hanno organizzato tanti convegni, senza preoccuparsi di rafforzare un “popolo” che, nel frattempo, si stava disfacendo. Hai giustamente intitolato il tuo intervento “Paritarie senza oneri per le famiglie”. Perfetto!

Infatti, mentre tutti si sono concentrati sull’articolo 33 della Costituzione, quello del famigerato “senza oneri per lo Stato”, pochissimi si sono accorti che, in realtà, l’unica realtà, e sottolineo “l’unica”, a cui la stessa Costituzione riconosce il diritto all’educazione è proprio la famiglia, indicata con il termine “genitori”. Infatti, l’articolo 30 così si esprime: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli…». A nessun altro è riconosciuto tale diritto, neppure allo Stato. E l’articolo 31 dà concretezza all’articolo 30, affermando che «la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze  la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi». Il grande don Villa ha dato applicazione, eroicamente e intelligentemente, dal basso, al contenuto degli articoli 30 e 31. Tutte le altre scuole “cattoliche” non lo hanno fatto, impedendo così ai poveri (tanto citati dallo streaming cattolico) di accedere ad un’educazione scolastica cristiana. In quasi tutte le scuole “cattoliche” i poveri non possono entrare, tranne che in quelle parentali. Possibile che tali scuole non si pongano questa domanda di coscienza?

Allora, occorre cambiare totalmente prospettiva, iniziando la battaglia dalla richiesta di applicazione degli articoli 30 e 31, il che significa che occorre chiedere alla “Repubblica” (cioè all’insieme delle nostre istituzioni: Comune, Provincia, Regione, Stato) di azzerare gli “oneri” a carico della famiglia, agendo più sulle rette che le famiglie devono pagare per la libera scelta educativa che sull’aiuto economico (da elemosina, comunque) alle singole scuole. So che queste ultime fanno resistenza a questa impostazione, ma sbagliano, soprattutto nel lungo termine, perché non capiscono che, aiutando la famiglia, la Repubblica aumenterebbe i “clienti” per le scuole paritarie, soprattutto quelli poveri. Mi viene il dubbio che tante scuole “cattoliche” non vedano di buon occhio il fatto che le stesse possano essere frequentate da alunni “poveri”.

Don Villa, che ama il popolo vero (non quello dei convegni), ha risolto da par suo il problema, aprendo a tutti e gratuitamente, proprio a tutti, la sua scuola. Ma la Repubblica non può pretendere da tutti questo eroismo. Essa deve rendere possibile per tutti la libera scelta educativa per i propri figli e quindi deve rendere gratuito per tutti l’accesso all’educazione, azzerando, in prospettiva, le eventuali rette da pagare. Questo sì, sarebbe un grande segno di civiltà verso tutta l’Europa, che, su questo fronte, appare più avanti di noi. Tutto ciò può essere fatto sulla base di un criterio oggettivo e non arbitrario. Ed allora, perché non percorrere questa strada, magari con tappe progressive, ma chiare?

Foto Ansa

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