Nessuno in America sa come spiegare la super inflazione. Né come fermarla

Dove va l’economia Usa? La reazione della Fed all’aumento di prezzi e salari provocherà recessione? E il piano di Biden a base di spesa pubblica e tasse? Domande capitali che restano senza risposta

Il presidente Usa Joe Biden e Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti (foto Ansa)

Dove va l’economia americana? Nessuno è in grado di dare una risposta sufficientemente credibile a questa domanda molto importante non solo per gli americani, ma pure per noi europei e segnatamente per noi italiani: l’economia degli Stati Uniti rimane la più influente sull’andamento dell’economia dei paesi occidentali e di gran parte del mondo.

Allo stesso modo, nessuno negli ultimi dodici mesi circa è stato in grado di predire se i segnali che si facevano sempre più evidenti di aumenti molto importanti dei prezzi di acquisto di materiali, semilavorati e componenti per le imprese manifatturiere avrebbero significato un aumento dell’indice generale dei prezzi, cioè di una ripresa durevole dell’inflazione oltre il limite del 2 per cento che si era fissata la Fed.

La crisi inflazionistica a lungo negata

A lungo gli economisti della banca centrale americana hanno voluto negare che ci fossero aspettative di una forte ripresa inflazionistica. I loro modelli previsionali sono in larga parte basati su due strumenti: il cosiddetto “output gap” (la differenza fra il prodotto interno lordo del momento presente e quello potenziale basato sulla disponibilità di capitale e lavoro) e la curva di Phillips (che stabilisce una correlazione tra salari e prezzi a causa della quale salari e prezzi aumentano quando la disoccupazione scende al di sotto di un certo livello sostenibile).

Entrambi questi strumenti hanno registrato valori notevolmente anomali secondo Larry Summers, uno dei pochi economisti ad aver ammonito circa i pericoli di una risorgente inflazione fin dai primi mesi del 2021. In particolare egli si è speso nella critica del piano di spesa pubblica da 1.900 miliardi di dollari voluto dal presidente Biden, affermando che tale iniezione di liquidità nel sistema avrebbe aumentato l’inflazione invece di aumentare l’attività economica.

In conclusione, manca una risposta teorica adeguata alla domanda su come sia stato possibile che l’inflazione sia salita negli Stati Uniti da una aspettativa di circa il 2 per cento all’8,6 per cento nei dodici mesi fino a maggio di quest’anno, segnando il più alto livello dal dicembre 1981.

L’aumento dei prezzi e il rischio recessione

Ci resta solo di ancorarci all’evidenza empirica, per cui constatiamo che la rottura di fatto di molte delle catene produttive (supply chain disruptions) e la carenza di forza lavoro dovute alla pandemia da Covid-19 e alla guerra in Ucraina sono all’origine dell’aumento dei prezzi. In particolare gli economisti americani sono stati incapaci di valutare come l’offerta avrebbe risposto alla domanda crescente di un’economia e di una società che si stavano normalizzando verso la fine della pandemia, presumendo che l’offerta di beni e servizi potesse essere omogenea ed elastica. Alcuni settori hanno risposto bene di fronte a una domanda crescente, altri non sono stati altrettanto elastici (come il settore automobilistico, quello sanitario e quello immobiliare).

Sentendosi colta in contropiede, la Fed ha dunque alzato il suo tasso di riferimento di ben tre quarti di punto percentuale, con una mossa aggressiva che non trova precedenti negli ultimi decenni. Ulteriori incrementi sono lasciati trasparire. Allo stesso tempo, la banca centrale americana ha annunciato la volontà di ridurre il proprio “attivo” (la somma degli investimenti che sta nella sezione “attivo” dello stato patrimoniale di un bilancio), che ha raggiunto i 9.000 miliardi di dollari, non rinnovando titoli detenuti e giunti in scadenza. Il Tesoro americano dovrà dunque affrontare più alti costi di finanziamento per il proprio indebitamento.

La Fed nega di voler creare una recessione e aumentare la disoccupazione, ma non esclude il rischio che una recessione possa davvero prodursi come conseguenza delle politiche di restrizioni creditizie appena inaugurate; del resto lo scopo dichiarato è ridurre la domanda aggregata nell’economia e allentare le tensioni nel mercato del lavoro.

Il raffreddamento del mercato del lavoro

Nel mercato del lavoro ci sono vari segnali che indicano come un raffreddamento sia già in atto. Il tasso di disoccupazione si era mantenuto nei mesi scorsi a un livello inferiore del 3,6 per cento! Ora la domanda da parte dei datori di lavoro di nuova mano d’opera si sta moderando, pur rimanendo forte: in media ci sono due posti di lavoro vuoti per ogni persona che cerca lavoro, secondo una dichiarazione rilasciata dal presidente della Fed Jerome Powell. Licenziamenti di personale sono iniziati in settori legati alla tecnologia avanzata, il commercio al dettaglio e l’immobiliare. La crescita dei salari, che nel mese di marzo aveva raggiunto un tasso di incremento annuo del 5,6 per cento, ha cominciato a dare segni di indebolimento. Anche il numero di coloro che si dimettono alla ricerca di opportunità di lavoro meglio retribuite sembra scendere dal livello record del 3 per cento alla fine dell’anno scorso.

I tassi di interesse sui mutui immobiliari hanno già raggiunto il loro livello più alto dal 2008; secondo la banca immobiliare Freddy Mac, il tasso medio fisso su un prestito ipotecario a trenta anni è salito ora al 5,8 per cento, il più alto in 13 anni.

Le bizzarre teorie di Biden

Joe Biden sta continuando a sostenere la bizzarra teoria che anche in questo momento è necessario un aumento della spesa pubblica e tasse più alte. Non c’è inoltre nessun segno di voler invertire una politica ecologista ideologica di restrizioni allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo su petrolio e gas, che ha invece riportato nel recente passato alla indipendenza energetica degli Stati Uniti (motivo per cui la Russia fa meno paura agli americani di quanto lo faccia agli europei).

Un noto economista americano avrebbe detto che non c’è nessuna strada chiaramente tracciata davanti a noi. Nessuno sa quello che potrà succedere. Chiunque pretenda di sapere sta solo raccontando storie.

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