«Nessuno compra i figli!». Le capriole di Arcigay sull’utero in affitto

«Si paga una prestazione medica, come dal ginecologo». Ecco come t'infiocchetto le aberranti balle sulla surrogata

«Nessuno compra figli! Nessuno compra figli! Il bambino non è un prodotto commerciale mai! Il bambino viene al mondo perché ci sono delle persone che vogliono essere genitori e che vogliono dargli una vita e questa è una cosa che va rispettata. Non c’è un catalogo da cui si sceglie. Mettere al mondo una vita è una cosa positiva. Nessuno compra il bambino, non si paga, non si paga! Si pagano le spese legate a una pratica medica, esattamente come per qualsiasi pratica medica. Quando lei va dal ginecologo, il ginecologo le fa la fattura sì o no? Eh! Non è che lo fa gratis!».

FATTURE «COME DAL GINECOLOGO»

Nella puntata del 10 aprile di Porta a Porta dedicata all’utero in affitto Gabriele Piazzoni, segretario generale Arcigay, è andato ai pazzi. Vaneggiando di gestazione per altri è riuscito a: 1) equiparare chiunque si rivolga all’adozione internazionale «pagando dai 30 ai 40 mila euro» per un orfano a chi sborsa dai 130 ai 160 mila dollari per comprare ovulo, seme, affittare un utero e firmare un contratto di acquisto di un bambino; 2) paragonare i costi della maternità surrogata a quelli di qualunque persona paghi una qualunque prestazione medica; 3) paragonare le coppie che si rivolgono ai medici per problemi di fertilità alle coppie che si rivolgono ad agenzie, avvocati, cliniche estere per un trattamento all inclusive che culmini con la firma davanti a un notaio e un bimbo in braccio; 4) negare davanti a una sbigottita Monica Ricci Sargentini, la giornalista del Corriere che se li è ritrovati in mano in una clinica della California, l’esistenza di qualunque catalogo su cui scegliere il materiale genetico da assemblare.

LA NONNA-MAMMA? «UN BENE»

Piazzoni vuole la clinica piena e la donna ubriaca. Lui nello sfruttamento del ventre e delle viscere altrui, nel metterci sperma, ovuli e denaro, non vede affitto, solo affetto. E lo dice affermando che le uniche titolate a parlare di surrogata sono le donne che andrebbero tutelate nella loro scelta «in totale libertà e in piena autonomia di prestare aiuto a una coppia con problemi di fertilità che vuole mettere al mondo una vita. E mettere al mondo una vita è sempre positivo». Capite? Un po’ prete pro life un po’ femminista, certamente da gran filisteo, commentando il caso di Cecile Eledge, donna di 61 anni del Nebraska che ha partorito la “figlia di suo figlio”, proclama: «Dobbiamo avere la lucidità di fermarci e rispettare questa scelta che questa famiglia ha maturato al suo interno, come gesto assolutamente concordato tra tutti. Sono degli adulti consenzienti che hanno deciso di dare la possibilità a Uma di venire al mondo. Io credo che questo sia un bene».

ADULTI CONSAPEVOLI E BAMBOLOTTI

Come se fosse del tutto insignificante “come” la bambina è venuta al mondo: ora Matthew è il padre biologico (ha messo il seme) ma anche il fratello di sua figlia Uma; Elliot è il padre legale (ha sposato Matthew) ma anche lo zio di Uma; Lea è la zia ma anche la mamma biologica (ha messo l’ovulo) di Uma. E Cecile è la mamma naturale ma è anche la nonna di Uma (ha messo l’utero e partorito la vita nata dalla fecondazione del seme di suo figlio Matthew dell’ovulo della cognata Lea). E per Piazzoni tutto questo è un bene. Non prova sgomento, il segretario dell’Arcigay solito a denunciare nei suoi comunicati sull’omotransfobia tutti i predicatori «che stanno giocando con la vita delle persone, che in nome dei loro capricci ideologici stanno compromettendo il futuro di tanti giovani», davanti a una catena di montaggio riproduttivo. Dove quattro adulti liberi e consenzienti hanno giocato con la vita e il futuro di una bambina, regalata come un bambolotto.

«MICA NASCONO SERIAL KILLER»

Piazzoni crede basti un po’ di attrezzatura linguistica per giocare al Piccolo eroe del progresso vitale e profanatore del processo naturale: «Noi dobbiamo rispettare queste persone che non hanno dato origine a una gallina ma a un essere umano in più. I figli nati nei paesi che hanno cominciato la surrogata per primi oggi hanno trent’anni e nessuno è diventato un serial killer». E fare spallucce quando Sargentini gli ricorda che i figli surrogati di Elton John «per due anni hanno pianto, erano disperati, si facevano arrivare il latte dall’America» (perché il signor John ha affittato un utero in America, mica nella sua Inghilterra dove la madre surrogata può cambiare idea) e che la violenza di strappare un figlio alla madre subito dopo il parto non si fa nemmeno ai cuccioli di cane e gatto. Fa spallucce, dice che non crede di avere «un legame con mia madre perché mi ha portato per nove mesi di gravidanza, ma perché mi ha cresciuto: sono i legami tra le persone quelli che fanno la differenza». Così, un paio di centinaia d’anni di certezze scientifiche sull’attaccamento madre-feto sbriciolati come crackers dal Loveislove.

«CHIEDETELO ALLE BAMBINE CHI SONO»

E non è incredibile che l’Arcigay si prefigga la missione di liberare la donna mitragliata di ormoni, iniettata di ovulo e sperma, la pancia che cresce, il parto con dolore, dalla fissa di reazionari medievali che quel processo e pronta consegna del prodotto sfornato dietro compenso si ostinano a chiamarlo forma di schiavitù, commercio, aberrazione? Otto anni fa Francesca Vecchioni si è rivolta insieme all’allora compagna Alessandra a una clinica olandese specializzata, dove grazie all’ovulo di un donatore aperto, conoscibile – «volevamo che i nostri figli avessero la possibilità di vivere questa situazione in trasparenza, è questo che fa la differenza quando si persegue un “progetto genitoriale”» -, ha messo al mondo due gemelle che oggi hanno sette anni. Francesca e Alessandra si sono lasciate nel 2014 e il Comune di Milano ha riconosciuto la maternità ad entrambe. Vecchioni non è una surrogata, professa a gran voce il suo essere contro ogni tipo di sfruttamento del corpo della donna, ma sulla gestazione per altri invoca in collegamento a Porta a Porta, «il rispetto e la sospensione del giudizio. Non possiamo sapere quando e se potrebbe capitare a noi che tipo di scelta prenderemo. Dividere l’argomento tra giusto o sbagliato, gay o etero, potrebbe creare un pregiudizio e uno stigma sociale»; «Io mi sono sentita molto male sentendo voi in studio che parlavate della mia situazione personale ma soprattutto della tutela delle nostre bambine. Come è possibile che voi stiate parlando con me di fronte di questa cosa? Io sono una persona vera, ho due bambine! Proprio come i genitori etero che fanno la procreazione medicalmente assistita sono una madre e un padre, noi siamo due madri: chiedetelo alle bambine chi siamo noi, chiedetelo alle bambine! Vi risponderanno loro».

FIGLI E POLLI

Ora: nessuno, durante la puntata di Porta a Porta ha parlato di Francesca Vecchioni, delle sue bambine, della sua omosessualità, nessuno ha parlato di omosessuali. Tranne Francesca Vecchioni, omosessuale, e Gabriele Piazzoni, segretario Arcigay squittendo davanti a un video che parlando delle celebrità che si sono rivolte all’utero in affitto ha osato nominare Jodie Foster, Elton John, Ricky Martin e l’immancabile Nichi Vendola. In studio erano presenti i giornalisti Luigi Amicone, Monica Ricci Sargentini, Concita Borrelli. E che hanno detto? Amicone che «il sonno della ragione genera mostri. Nel caso del Nebraska c’è incesto, eugenetica (sono stati selezionati gli embrioni più sani e scartati gli altri), una bambina frutto di un sentimento. Ci disperiamo per i polli allevati in batteria e poi produciamo figli per il sentimento. Ma il sentimento non può essere separato dalla ragione. Se il sentimento non viene investito dalla ragione è un disastro. Anche i nazisti hanno iniziato così. Non è un giudizio morale: l’utero in affitto è un supermercato. Questo del Nebraska è un caso particolare, ma in generale si è aperta la compravendita e il commercio dei bambini. E non è una bella notizia».

LE INCHIESTE DI SARGENTINI

Monica Ricci Sargentini ha raccontato dove l’hanno portata le sue inchieste sull’utero in affitto, di come in una clinica californiana per la surrogacy non le sia stato chiesto niente, solo dato rassicurazioni su tutto: «Avrei deciso io qualunque cosa, se la persona che affittava l’utero avrebbe potuto abortire, cosa avrebbe mangiato, se poteva o non poteva viaggiare. Ma la cosa che più mi ha sconvolto è stato quando questa della clinica mi ha detto “guardi, se poi lei e suo marito non potete venire a prendere subito il bambino quando nasce, ci vado io con l’avvocato”. E io mi sono immaginata questa donna e l’avvocato che andavano a prendere il bambino come fosse un pacco e me lo tenevano lì finché io e mio marito non fossimo arrivati a ritirarlo. Il costo era di 135 mila dollari, al netto di qualsiasi problema. Ma adesso il prezzo è aumentato: i cinesi raggiungono la California prendendo anche tre madri surrogate alla volta e a seconda di come rimangono incinte, se aspettano un maschio o una femmina, scelgono la loro surrogata. Le altre le fanno abortire». Borrelli ha dato il benvenuto al pubblico nel «vero Medioevo, dove le fattrici più povere producevano figli per le donne sterili, le balie continuavano a figliare per avere il latte. La genitorialità non è un diritto, mi chiedo come faccia a sostenerlo chi dice di battersi per i diritti delle donne. Nove mesi di gravidanza non fanno una madre?». Per tutta risposta Vecchioni ha ribadito che «esistono migliaia e migliaia di mamme e papà adottivi che vanno rispettati e i loro figli vanno rispettati, genitore è chi cresce con amore il proprio figlio, Alessandra è madre esattamente come lo sono io». Piazzoni ricorda le «migliaia di persone che hanno problemi di fertilità» e «migliaia di coppie che in queste paese ogni anno da questo paese vanno all’estero».

LAHL E IL CONVEGNO SULLA SURROGATA

Durante la puntata è stata trasmessa una intervista a Jennifer Lahl, filmaker e promotrice della campagna Stop Surrogacy Now, che grattando via ogni scorza retorica del sentimento ha denunciato l’enorme business di miliardi e miliardi di dollari e dato voce alla sofferenza di madri surrogate che hanno patito la firma di contratti impossibili e le terribili conseguenze che del dorato mondo della surrogata non si raccontano mai, ovvero cosa succede quando le cose si mettono male. Durante la mattinata Lahl aveva parlato al convegno “Nascere da madre surrogata. Implicazioni sociali, etiche e psicologiche” nell’Aula Magna dell’Università Lumsa insieme a Sargentini, Laura Palazzani, vice-presidente del Comitato Nazionale di Bioetica, Giampaolo Nicolais, psicologo dello sviluppo e dell’educazione alla Sapienza di Roma, Antonio Francesco Maturo, sociologo dell’Università di Bologna e Daniela Bandelli ricercatrice impegnata in un’indagine sulla Gestational Surrogacy in Stati Uniti, Italia, India e Messico, condivisa in partnership con la University of Texas e supervisionata per la Lumsa dalla professoressa Consuelo Corradi che ha moderato il convegno.

DALLA CEDU A FACEBOOK

Nelle stesse ore, a Strasburgo, la Corte europea dei diritti dell’uomo deliberando sul caso di una coppia francese tornata dalla California con due bimbe nate da utero in affitto, indicava agli Stati con parere orientativo e non vincolante la via della trascrizione all’anagrafe del genitore genetico e dell’adozione per il partner. Va da sé che per i sostenitori dell’utero in affitto diventasse un sì alla legalizzazione di una pratica in Italia espressamente vietata dalla legge. A sancire invece il diritto del consumatore ci ha pensato Facebook, che ha deciso di rimborsare ai lavoratori a tempo indeterminato le spese sostenute per l’utero in affitto: dall’assistenza legale ai costi delle agenzie specializzate che assistono i futuri genitori fino compenso per la donatrice, sono rimborsabili anche le spese per la donazione di ovuli e spermatozoi. E i benefits valgono anche per l’Italia, dove chi è costretto a recarsi all’estero per aggirare la legge riceverà un rimborso fino a 17 mila euro.

AI CANCELLI DEL REALE

Sono i progressi del XXI secolo: le sentenze delle corti lette per scardinare i princìpi fondamentali di ogni ordinamento giuridico, le multinazionali che trasformano la maternità surrogata in un lavoro appetibile con tutte le tutele del caso, la mamma arcobaleno che si fa scudo con le sue bambine dicendo che il dibattito le ferisce, il segretario dell’Arcigay che fa incetta di tutta la più sciatta retorica Loveislove – l’umanità, la bontà, la libertà, la modernità – per sfondare l’ultima frontiera coloniale: la madre come fonte di impossessamento e spossessamento e in servizio permanente alla causa dell'”amore” per dare alla luce la materia più preziosa e ambita nel superedditizio mercato dei desideri. A resistere, ai cancelli del reale, in piazza, ai convegni, uomini e donne, persone libere, laiche, cattoliche, d’estrazione culturale diversissima, eppure uniti nel dare voce agli unici soggetti ammutoliti dal paese dei balocchi: i figli. Usando la ragione, l’unica cosa che manda ancora ai pazzi gli attempati adolescenti che pestano i piedi in trasmissione per ottenere tutto quello che vogliono.

Foto Ansa

Exit mobile version