Negli Usa si può discutere su obiettivi e conseguenze della guerra. E in Italia?

Una colonna di mezzi militari russi distrutta nei pressi di Kiev, Ucraina, 5 aprile 2022 (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia Lorenzo Santucci scrive: «La visita a Sochi del capo dell’Unione africana (Ua), Macky Sall, assomiglia tanto a un trionfo diplomatico di Vladimir Putin. Per il Cremlino l’incontro nasceva dall’esigenza di “ampliare il dialogo politico e la cooperazione economica e umanitaria con i paesi del continente”, ma è servito al presidente russo per spiegare la (sua) versione sul grano, secondo cui non è affatto il primo responsabile, né tantomeno è il suo paese a tenere bloccate 20 milioni di tonnellate nei porti del Mar Nero”».

In gran parte delle università americane è in atto una discussione sulla storia del proprio paese, sul peso che la supremazia bianca e lo schiavismo hanno avuto in questa storia. Spesso ci si imbatte in riflessioni poco equilibrate che non tengono conto della concretezza dei processi storici: il problema di superare lo schiavismo si è posto solo in Occidente e gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo importante nel superare il colonialismo nel Ventesimo secolo. Però non sarebbe male che a Washington non trascurassero certi elementi della discussione tra i loro giovani e tra i loro intellettuali: ciò farebbe capire alla Casa Bianca come un certo unilateralismo made in Usa non è molto sopportato nella gran parte del mondo “non bianco”.

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Su Startmag Gianandrea Gaiani scrive: «La stampa statunitense si sta accorgendo dei rischi connessi alle massicce forniture di armi all’Ucraina per combattere i russi e comincia a porre gravi e inquietanti interrogativi circa la capacità di Washington di mantenere un efficace controllo delle armi inviate a Kiev. Il Washington Post, in particolare, ha posto il problema in un ampio e documentato articolo di John Hudson pubblicato il 14 maggio, chiedendo se gli aiuti militari andranno nelle mani giuste e quanto alto sia il rischio che vengano risucchiate in un’Ucraina che è uno dei principali hub europei del traffico di armi».

Negli Stati Uniti, dove si prendono le vere decisioni sulle sorti della guerra ucraina, la discussione su quali obiettivi porsi e quali conseguenze temere dal conflitto generato dall’invasione russa è assolutamente più libera di quella che abbiamo dalle nostre parti, dove si intrecciano posizioni critiche del governo Draghi non di rado assai confuse con la prevalente retorica e la dominante censura del “giornalismo collettivo”. Da parte di quest’ultimo si arriva persino a sostenere che un magistrato punto di riferimento contro la ’ndrangheta del Federal Bureau of Investigation (uno dei protagonisti del dibattito americano sulle conseguenze del “conflitto ucraino”) sia uno dei tanti agenti di Mosca in circolazione in Italia.

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Sulla Zuppa di Porro Nicola Porro scrive: «La differenza, riteniamo, che ancora esiste tra una democrazia liberale come l’Italia e un regime pseudodemocratico come la Russia, è che dalle nostre parti il dissenso dovrebbe essere non solo permesso, ma tutelato. Esiste forse una democrazia senza una minoranza? È ancora legittimo essere contrari alla spedizione di armi in Russia? Si può criticare Mario Draghi per le sue posizioni filo-atlantiche?».

La superiorità di una civiltà liberale consiste, alla faccia del Corriere della Sera, nel difendere il dissenso delle opinioni che non condividi. La superiorità di quella cristiana, sta nel distinguere il peccato dal peccatore.

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «L’Arabia Saudita, primo esportatore di petrolio al mondo, ha aumentato i prezzi del greggio di luglio per gli acquirenti asiatici a livelli più alti del previsto, tra le preoccupazioni per la scarsità dell’offerta e le aspettative di una forte domanda estiva. Il tutto nel mezzo delle sanzioni alla Russia. A causa di questa notizia il petrolio si avvicina a 120 dollari al barile e probabilmente resterà attorno a questi prezzi».

Gli Stati Uniti e i loro alleati, dopo aver scatenato una escalation quasi senza limiti di sanzioni a Mosca e forniture di armamenti a Kiev, si lamentano degli effetti di questa strategia su grano e petrolio. E pensarci prima?

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