Meeting. Allarmismo e moralismo non servono a custodire l’ambiente

A Rimini si parla di "natura umana e rapporto con la natura". Occorre ripartire dal lepoardiano "Ed io che sono?" e dallo stupore. E guardare i modelli che funzionano

Rischiamo di perdere il 40 per cento delle specie animali (se si calcolano gli insetti) nei prossimi cinquant’anni. E soltanto per raddoppiare in Lombardia la percentuale di rinnovabili dal 15 per cento attuale al 30 impiantando pannelli solari bisognerebbe occupare una superficie pari a 5 mila campi di calcio nei prossimi otto anni. Ma possiamo continuare a parlare di uomo e ambiente in questi termini? Può la grinta minacciosa e accusatoria di Greta Thunberg persuadere veramente a custodire il creato e a coltivarlo in un modo che risulti durevole (parola che dovrebbe soppiantare l’insopportabile “sostenibile”)? No, hanno risposto all’unisono il poeta Davide Rondoni, l’assessore all’Ecologia della Lombardia Raffaele Cattaneo e il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini a un incontro al Meeting di Rimini domenica 21 agosto.

«La natura è paradosso»

No, perché la questione non è durare, che sia come singole entità biologiche o come pianeta, ma il senso di me e della realtà, la risposta alla domanda sulla mia natura, risponde Rondoni. No, perché non è il moralismo che spinge ad agire, ma solo lo stupore per la bellezza della natura, risponde Vittadini. Lo stupore e il tremore, aggiunge Rondoni, perché la natura è paradosso; è bellezza che rapisce e fa sentire accolti, ma è anche distruzione e morte come nei virus e nei vulcani che distruggono chi sta sotto.

No, perché non bisogna contrapporre antropocentrismo e biocentrismo, proporre di non fare più figli per salvare il pianeta o pensare che possiamo continuare a produrre e consumare come prima perché tanto non succederà niente, dice Cattaneo: bisogna intendere il rapporto uomo-natura come una relazione; l’uomo è natura, è quel livello della natura che prende coscienza di se stessa e si pone le domande sul senso. Per questo bisogna prendersi cura del rapporto, perché nessuno dei due termini soccomba.

La domanda sulla natura dell’uomo

«La domanda sul rapporto con la natura è preceduta dalla domanda sulla natura dell’uomo. Dal “E io, che sono?”, di Leopardi», esordisce Rondoni. «Occorre riflettere su di sé per rispondere alla domanda leopardiana, condizione per rispondere a quella sul rapporto nostro con la natura. Oggi le risposte sono parziali, e perciò generano confusione ed ansia. Si confonde la natura con l’identità. Si dice: io sono italiano, omosessuale, nero, ecc. e si confondono i fattori dell’identità con quella che è la natura umana. Il risultato è che non si può più discutere, perché ogni discussione su temi identitari viene vista come un’aggressione alla natura del singolo. E che le persone si sentono soffocare dalla riduzione della loro natura a qualche aggettivo identitario».

«I poeti sanno che la natura è bella e tremenda allo stesso tempo: Lucrezio, Leopardi e Luzi hanno cantato il paradosso della natura madre e matrigna. Senza il riconoscimento di questo paradosso si cade nel grottesco contemporaneo, dove tutto diventa ambientalismo ed ecologismo, dai prodotti pubblicizzati in tivù a qualunque misura politica presa dai governi. I poeti come Pasolini e come Keats sanno che l’uomo è rapporto con l’infinito, sanno che nella definizione della natura umana rientra l’infinito. Perciò sono anche i primi, come nel caso di Pasolini, a percepire l’avvento del nuovo fascismo, che non è più quello che ti manda la polizia a casa, ma quello che entra dentro casa coi media e coi social per convincerti che lo scopo della vita, tua e del pianeta, è semplicemente di durare il più possibile. E che ti illude di essere libero attraverso l’Amazon delle identità: scegli quella che vuoi, noi te la forniamo. Ma non azzardarti a pensare che il senso è più importante della durata, e che ha a che fare con l’infinito».

L’esperienza estetica

«Solo lo stupore conosce, non il moralismo», martella Vittadini. «Quella con la natura è prima di tutto un’esperienza estetica, perché lo stupore per la sua bellezza è quell’esperienza estetica che precede ogni altra esperienza, e contribuisce a definire il tuo io. Prima che per l’ossigeno prodotto dalle piante, il Parco del Ticino e il Parco Sud sono imprescindibili perché sono la mia terra che dura nel tempo, sono parte del mio stesso io che sarebbe impoverito se non ci fossero».

«Gli opposti contrari di questa posizione sono il neoliberismo distruttore, che tratta ogni realtà come materia da distruggere per trasformarla in profitto, e il moralismo alla Greta Thunberg, che punta sul senso di colpa anziché sull’esperienza della bellezza, e quindi non otterrà nulla, perché solo lo stupore muove».

«Per custodire il creato e salvare uomo e natura della distruzione occorre recuperare il senso del sacro», insiste Rondoni. «Nella Terra desolata di Eliot la natura si corrompe quando muore la Sibilla, che è il simbolo del sacro. Quando non c’è più nulla di sacro, tutto è commerciabile, e tutto finisce consumato. L’uomo deve stare di fronte alla natura con timore e tremore, stupore e tremore; ma prima ancora deve riconoscere l’abisso di stupore e tremore che è lui stesso. Deve difendersi dalla commercializzazione di sé per difendere dalla stessa la natura. Chi non prova timore e tremore davanti alla realtà, cioè davanti alla propria natura e davanti alla natura che ci genera, non può educare. Non solo per quanto riguarda il rispetto dell’ambiente, ma in generale».

L’ambiente e il modello Lombardia

Nel suo intervento conclusivo Raffaele Cattaneo ha descritto a suon di numeri mandati a memoria e di elenchi di fatti il ciclo virtuoso dei rifiuti realizzato in Lombardia nel corso di tre legislature presiedute da Roberto Formigoni e conservato da coloro che gli sono succeduti. In Lombardia viene riciclato il 73 per cento e rotti di rifiuti e finisce in discarica solo lo 0,5 per cento.

Ci sono i termovalorizzatori (11 dei 35 italiani) ma insieme c’è una raccolta differenziata crescente: le due cose non vanno contrapposte, ma debbono convivere. E alla fine ci si chiede perché il modello della Lombardia in questo campo non venga mai nemmeno preso in considerazione quando sui media e a livello politico ci si accapiglia sulla questione della gestione dei rifiuti, cominciando dalla tragica situazione di Roma. La risposta, amico mio, è nel vento.

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