Massimo Camisasca, educatore aperto al mondo e dedito alla Chiesa

Lo scritto del cardinale Ruini per festeggiare i 75 anni del vescovo di Reggio Emilia: «Fede e cultura costituiscono il filo conduttore della sua esistenza. Non rimarrà disoccupato»

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo il contributo firmato dal cardinale Camillo Ruini per il volume Dilexit Ecclesiam. Servitore della comunione. Scritti in onore di Mons. Massimo Camisasca in occasione del suo 75° genetliaco (Marcianum Press, 564 pagine, 28 euro), raccolta di “auguri” che personalità di tutti i campi, dalla Chiesa alla politica fino allo sport, hanno voluto rivolgere al vescovo di Reggio Emilia-Guastalla e fondatore della Fraternità San Carlo (qui la nostra presentazione).

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Conosco monsignor Massimo Camisasca da almeno 35 anni, da quando, nel 1986, sono diventato segretario della Cei, e forse da qualche anno prima, cioè dalla preparazione del Convegno di Loreto. Ben presto la nostra conoscenza è diventata amicizia, nutrita anzitutto dalla comune passione per la Chiesa, che si concretizzava nella piena adesione e sostegno al pontificato di Giovanni Paolo II. Don Camisasca veniva spesso a parlarmi: dopo un giro di orizzonti dal quale emergeva una forte sintonia affrontavamo problemi talvolta delicati, alla ricerca di soluzioni praticabili. Così la fiducia reciproca, presente fin dall’inizio, è diventata sempre più grande.

Nominato vicario del Papa per la diocesi di Roma, la mia amicizia e stima per lui si è colorata di gratitudine: come fondatore e superiore della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo monsignor Camisasca ha destinato infatti alla diocesi di Roma non pochi giovani sacerdoti, ottimi sotto ogni profilo. Varie volte sono stato invitato alla sede della Fraternità, per celebrare la Messa o per una piccola conferenza, ricavandone un’impressione molto positiva.

Quando, nel 2008, sono diventato emerito i nostri rapporti non si sono affievoliti. Ricordo in particolare la presentazione di uno dei suoi numerosi libri, fatta da me e dal giornalista Aldo Cazzullo, nostro comune amico. La decisione di Benedetto XVI di nominare Massimo Camisasca vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mia diocesi di origine, è stata quindi per me una grande gioia. Il 16 dicembre 2012 ho partecipato alla sua presa di possesso della diocesi, nella cattedrale di Reggio. In seguito e tuttora ci incontriamo abbastanza spesso, in occasione delle sue venute a Roma.

Quali sono gli aspetti della persona e dell’opera di monsignor Camisasca che in questi lunghi anni mi hanno maggiormente colpito? Direi anzitutto l’amore e la dedizione alla Chiesa. Dagli inizi della nostra conoscenza a oggi molte cose, nella Chiesa, sono cambiate, alcune situazioni si sono quasi capovolte: chi avesse fondato la propria appartenenza su l’una o l’altra preferenza particolare difficilmente avrebbe potuto mantenere costante l’intensità della propria adesione. A Camisasca questo non è accaduto. Il giovane sacerdote dei primi anni e il vescovo di oggi sono animati dalla medesima sollecitudine per la comunione ecclesiale, messa all’opera nelle piccole e nelle grandi occasioni. La formazione ricevuta alla scuola di don Giussani e all’interno di Comunione e Liberazione è stata per lui decisiva. Non lo ha vincolato a un’ottica parziale, lo ha invece orientato e sostenuto nel servizio alla Chiesa nella sua totalità.

Massimo Camisasca è dunque un uomo di Chiesa ma proprio così è un uomo aperto al mondo, partecipe degli avvenimenti sociali, culturali, politici, economici, sempre a partire da un preciso punto di vista, quello che ci viene dalla fede e dal Vangelo. Non solo partecipe ma capace di intervenire: attualmente è una delle purtroppo rare voci di vescovi che si fanno ascoltare a livello nazionale e non solo locale.

Un’altra attitudine che gli appartiene è quella dell’educatore. Insegnando nei licei milanesi, poi all’Università Cattolica del Sacro Cuore, poi ancora all’Istituto Giovanni Paolo II, ha formato molti giovani, non solo intellettualmente ma anche in rapporto alla vita cristiana. In seguito ha messo a frutto queste doti soprattutto nella Fraternità sacerdotale da lui fondata e governata per 27 anni. Ho conosciuto un discreto numero di questi sacerdoti, sia a Roma che a Reggio Emilia, e posso dire che vivono con gioia la loro vocazione, sono interiormente liberi, assidui alla preghiera, culturalmente vivaci. Si dedicano con passione all’apostolato e mettono in pratica la comunione, anche quando costa sacrifici.

Massimo Camisasca è un maestro della parola e della scrittura. Le sue omelie sono chiare, efficaci, ricche di contenuti. Ha scritto molti libri, tra i quali vorrei ricordare almeno la trilogia sulla storia di Comunione e Liberazione, il miglior studio esistente al riguardo. Dentro ai suoi libri c’è un pensiero forte, che non teme di prendere posizione, ma c’è anche una sincera ricerca di oggettività, che non si sottrae alla complessità dei problemi.

Una chiave che ci consente di penetrare più in profondità nel suo animo possiamo forse trovarla nel rapporto tra fede e cultura. Ci sono di aiuto le parole di Giovanni Paolo II: «Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (Discorso al Meic del 16 gennaio 1982). C’è qui indubbiamente il meglio dell’opera educativa e formativa di Comunione e Liberazione e il debito che Mons. Camisasca ha verso di essa. In lui fede e cultura costituiscono, insieme, il filo conduttore della sua esistenza e il centro propulsore delle sue opere e realizzazioni.

In questo contesto si inserisce la sua vocazione al sacerdozio, maturata quando era ancora giovane ma ormai adulto. Ho sempre avvertito, avendo a che fare con lui, che è intimamente lieto e riconoscente della sua vocazione. Questa, direi, è la radice dei risultati che ha ottenuto come formatore nella Fraternità da lui fondata e anche, sia pure meno direttamente, promuovendo la formazione dei seminaristi a Reggio Emilia.

Come vescovo monsignor Camisasca si è trovato a misurarsi con un ruolo abbastanza diverso da quelli ricoperti in precedenza e in una diocesi non facile come è – posso dirlo per esperienza – Reggio Emilia-Guastalla. Per di più ha dovuto far fronte a una pesante situazione economica, non paragonabile a quella dei miei tempi, o meglio dei tempi di monsignor Gilberto Baroni. Si è fatto carico di tutto questo con grande spirito di servizio e ha ottenuto risultati molto notevoli, senza rinunciare però a dedicare tempo ed energie al compito di maestro della fede: per una città e per un territorio è un dono prezioso avere chi illumina le sue problematiche con la luce della verità cristiana.

Questo volume esce per festeggiare il 75esimo compleanno di Massimo Camisasca, coincide dunque con il tempo della presentazione delle sue dimissioni. Non so quando papa Francesco le accetterà, so invece che da pensionato monsignor Camisasca non si troverà disoccupato. Sono passato infatti per un’esperienza analoga: terminati i miei compiti di governo della diocesi di Roma ho potuto dedicarmi allo studio, che ho sempre amato, e alla pubblicazione di qualche libro o articolo, oltre ad avere più spazio per la preghiera. Penso che monsignor Camisasca avrà più lavoro di me. Gli auguro dunque lunghi anni di fecondo servizio al Signore e ai fratelli in umanità e lo ringrazio di vero cuore per tutto quello che ha già donato a me personalmente, alla diocesi da cui provengo e a tutta la Chiesa.

Una versione di questo articolo è pubblicata nel numero di novembre 2021 di Tempi. 

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